domenica 23 settembre 2012

L'arte degli anni '30 una luce oltre il regime


L'esposizione, che sarà aperta dal 22 settembre al 27 gennaio, racconta un decennio cruciale

Il più inquietante? Quei 'Quattro elementi' di Adolf Ziegler, che Hitler teneva appeso sul caminetto nella sua residenza ufficiale di Monaco. «Un quadro nazista che esprime in pieno i concetti della pura razza ariana, per la prima volta esposto in Italia», spiega Antonello Negri, con Silvia Bignami, Paolo Rusconi e Giorgio Zanchetti, curatore della mostra 'Anni Trenta, arti in Italia oltre il fascismo' .

Professore, perché la scelta di questo decennio cruciale?
«Abbiamo deciso di affrontare un periodo relativamente trascurato proprio in quanto legato ai regimi nel nostro Paese e in Europa, mentre Susanna Ragionieri si è occupata della sezione fiorentina».
Con quale obiettivo?
«Assumere l’ottica degli anni Trenta, capire come i giornalisti, i critici di allora guardavano l’arte italiana».

E come la guardavano?
«Dividendola in centri artistici: Milano (legata all’Europa e a Parigi), Roma e il suo realismo magico e purista, Firenze, raffinata e Torino, che guardava alla Francia».

Novantasei dipinti, 17 sculture, 20 oggetti di design: come avete studiato il percorso?
«Le prime due sale sono dedicate appunto ai centri artistici, proponendo opere molto conosciute negli anni Trenta, esposte alle Biennali di Venezia o alle Quadriennali di Roma, caratterizzando ciascuno per una tendenza di stile o di gusto: il gruppo di Milano, con le figure dominanti di Sironi, Martini e Carrà e protagonisti del novecentismo in tutte le sue sfaccettature come Wildt, Tosi, Funi; Firenze con Soffici, Rosai, Lega e Viani; Roma, divisa tra classicismi e realismi (Donghi, Carena, Ceracchini); la Torino di Casorati, che guarda anche alla Francia (Chessa, Menzio, Paulucci, Mori)».

Segue la sezione dedicata ai giovani artisti: come hanno rinnovato l’arte italiana?
«Anche in negativo, nel senso che facevano una pittura che usciva dai canoni stilistici del naturalismo: Guttuso, Pirandello, Maraini, Sassu, Prampolini, considerati 'degenerati' dal regime».

Quindi l’esposizione diventa decisamente più tematica.
«Sì: la sezione 'artisti in viaggio' propone capolavori di De Chirico, De Pisis, Tozzi, quella dedicata all’arte pubblica ha come maestro-simbolo Mario Sironi. E poi spazio ai mezzi di comunicazione rivoluzionari come la radio, il cinema, le riviste illustrate, e fino alla riproduzione industriale degli oggetti all’insegna di un design da made in Italy».

Da non perdere? 
«La 'Donna al sole' di Arturo Martini, e 'Donna al caffè' di Antonio Donghi (immagine-copertina della mostra), ma anche il 'Figliol prodigo' di Alberto Savinio e le 'Zingare' di Massimo Campigli, la 'Piovra' di Scipione e i 'Buoi' di Viani, l’'Amaca' di Felice Carena e il 'Montale' di Peyron, i 'Giovani in riva al mare' di Gentilini e la 'Statua naufragata' di Nathan, lo 'Schermidore' di Del Bon e i 'Giocatori di polo' di Birolli, oltre a dipinti alle due figure di Fontana e le sculture di Ghiringhelli e Radice».

E la sua opera preferita?
«Il 'Soldatino francese' di De Pisis accanto al ritratto che Levi fece del maestro. Un accostamento felice».

FONTE: Letizia Cini (qn.quotidiano.net)

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