lunedì 28 dicembre 2015

Con SubBrixia, l'arte scende in metrò

Con SubBrixia, l'arte scende in metrò


La metropolitana della città lombarda si trasforma in un museo di contemporanea con una “mostra diffusa” che si sviluppa in momenti temporali e spaziali diversi. Le prime cinque stazioni porteranno le firme di Marcello Maloberti, Rä di Martino, Francesco Fonassi, Patrick Tuttofuoco e Elisabetta Benassi


Se vi trovate nella metropolitana nella città leonessa d'Italia e vedete un cartello stradale con il suo nome (mi riferisco ai soliti che si incontrano alle porte di ogni centro abitato) che pende dal soffitto e con la scritta capovolta, non è opera di qualche impiegato pubblico impazzito, ma è un’istallazione d’arte. E’ proprio con l’intenzione di rendere un luogo pubblico di passaggio, uno spazio anche di riflessione e cultura, che è stato pensato il progetto intitolato SubBrixia, ideato e prodotto da Brescia Musei e Brescia Mobilità in collaborazione con il Comune di Brescia, che sta portando alcuni dei protagonisti della scena artistica italiana contemporanea ad interagire con la rete metropolitana della città, inaugurata nel 2013.

«Ogni città riceve la sua forma dal deserto a cui si oppone», scriveva Italo Calvino nelle sue “Città invisibili” e così sono varie le città che hanno pensato a un’arte che scende in metrò: esempi illustri non mancano dalla celebre metropolitana di Napoli a quella di Londra, per non parlare di quella di Stoccolma che con i suoi 110 km di lunghezza è considerata l’esposizione d’arte più estesa del mondo. La metropolitana di Brescia elegante e avveniristica nelle forma, è composta da 17 stazioni e percorre la città per una lunghezza complessiva di circa 14 chilometri, che piano piano si arricchiranno di opere. Tornando all’installazione con il cartello capovolto, ha titolo Brixia, ed è un’opera di Marcello Maloberti posta tra le due scale mobili della stazione metropolitana. L'idea del cartello stradale è strettamente legata al luogo, considerato porta della città. Si tratta di una scultura-oggetto che si sviluppa in verticale, tagliando orizzontalmente lo spazio, cadendo dall'alto come un lampadario. La scritta rovesciata rappresenta idealmente una seconda città, quella archeologica che si sviluppa sottoterra. Due città speculari, una che vive in superficie, l’altra antica sottoterra. Il progetto artistico è curato da NERO, che opera nel campo della cultura e delle arti contemporanee, in collaborazione con Fondazione Brescia Musei. Il progetto è stato realizzato anche grazie ai contributi del Progetto Moving Culture, del Fondo Regionale Expo 2^ fase, con il sostegno di Regione Lombardia e alla collaborazione di ATS Expo.

Un viaggio sotto terra con le diverse stazioni a simboleggiare i vari capitoli di un racconto che prende corpo nella realtà. Un libro aperto che indaga identità e linguaggi eterogenei. Nei prossimi mesi si aggiungeranno le opere di Francesco Fonassi, Patrick Tuttofuoco e Elisabetta Benassi. “Per Brescia è un’operazione importante e di ampio respiro, che spinge l’acceleratore sul futuro, poiché va a coinvolgere gli elementi tra i più propulsivi del suo territorio: la metro, che negli ultimi due anni e mezzo ha trasformato la geografia urbana con i suoi 15 milioni di viaggiatori all'anno e che quindi si trasforma, come in altre città, nel luogo ideale dell’arte contemporanea. Un progetto che potrà facilmente lanciare nuovi ponti con l’Europa e confermare il carattere internazionale di una città che sa sempre più e sempre meglio parlare una lingua che va oltre i propri confini e le proprie dimensioni”, sostengono con ragione gli organizzatori.

FONTE: Valentina Tosoni (repubblica.it)

sabato 26 dicembre 2015

L'Aquila. La rinascita dell'arte

L'Aquila. La rinascita dell'arte

A sei anni e mezzo dal sisma che ha distrutto il castello cinquecentesco che lo ospitava, rinasce il museo nazionale del capoluogo abruzzese. In attesa del completamento dei restauri nella sede originale, l'allestimento viene ospitato nell'ex mattatoio. Il via con il ministro Franceschini che promette un polo contemporaneo: "Chiederemo opere ai grandi artisti, vedremo chi oserà dire di no". In primavera anche la succursale del Maxxi, finanziata dalla Russia

"Quando apre un museo è sempre una festa, in questo caso la festa è doppia perché è stata anche vinta una sfida": con queste parole del Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del turismo Dario Franceschini, finalmente, da questa mattina l'Aquila ha di nuovo un museo. Si tratta del Munda, il Museo Nazionale d'Abruzzo, che oggi apre le porte al pubblico, con accesso gratuito a tutti fino al 3 gennaio. Un luogo inedito, l'ex mattatoio della città, concesso in comodato d'uso gratuito al Mibact per offrire un temporaneo ricovero alle opere della collezione, fino a quando non termineranno i lavori nel castello cinquecentesco, ex sede del museo.
Un momento importante ed emozionante, sia per l'importanza del progetto museografico, che ha visto lo svolgimento dei lavori proseguire con un'eccellenza strutturale e di restauro, sia per il valore storico artistico delle opere esposte, ma, soprattutto, per il significato che riveste la riapertura di questo museo.

 L'Aquila, infatti, perse il suo museo nel terribile terremoto del 2009. Ora è rinato in una nuova sede, quella dell'ex Mattatoio comunale appunto, completamente ristrutturato con tecnologie antisismiche e ripensato per venire incontro nel migliore dei modi a questa sua nuova funzione, in borgo Rivera, a ridosso delle mura della città, di fronte alla Fontana delle 99 Cannelle: un'area più decentrata rispetto al luogo centrale in cui sorgeva il museo prima, ma molto significativa, legata alla fondazione della città. Il ministro Franceschini ha visitato con attenzione tutte e sei le sale del Munda (dalla A alla F,  all'interno di cinque ambienti espositivi) seguendo le introduzioni del Direttore del Polo Museale d'Abruzzo Lucia Arbace, che parla, commossa, di una grande sinergia di sforzi e di lavoro e di lotta contro il tempo: "mancano le didascalie ma da lunedì ci saranno anche quelle e saranno quelle più moderne possibili" precisa la Arbace.

Con loro anche il vicepresidente della Regione Abruzzo Giovanni Lolli, il Sindaco della Città dell'Aquila Massimo Cialente e monsignor Giuseppe Petrocchi, arcivescovo del capoluogo abruzzese che ha ricordato che un patrimonio come quello del Munda ci porta a "coniugare i tempi al futuro e al plurale" perché mantiene i rapporti con il passato guardando al futuro, in sinergia con tutta la cittadinanza e con chi ha reso possibile la riapertura del museo. Il Munda sarà anche un nuovo centro di arte contemporanea. Il ministro Franceschini ha infatti aggiunto: "Chiederemo ad artisti importanti di realizzare un'opera e donarla alla città. Vedremo chi ha il coraggio di dire di no. Con il Maxxi, poi, abbiamo già avviato il progetto di creare una nuova sede del Museo proprio in questa città, all'interno di Palazzo Ardinghelli, di cui a primavera, si concluderanno i lavori, finanziati dal governo russo".

La scelta dei pezzi esposti al Munda è di oltre cento opere, tra i più importanti lavori del Museo Nazionale d'Abruzzo: opere di diverse epoche e tipologie (reperti archeologici, sculture lignee e dipinti fino al XVIII secolo), rappresentative della varietà e qualità delle collezioni del museo e identitarie della storia e della cultura dell'intera regione. Il progetto, oltre ad adottare soluzioni allestitive innovative sul piano della prevenzione, si è ispirato a criteri museografici moderni. Oltre all'importanza dell'aver finalmente restituito agli aquilani e al pubblico numerose opere importanti, è da sottolineare il grande lavoro di restauro che è stato fatto sui pezzi esposti che, recuperati tra le macerie, hanno avuto nuova vita grazie ad attenti restauri avvenuti dopo i gravi danni del terremoto. Da molte chiese distrutte provengono madonne, pale e reperti che troveranno ospitalità al Munda fin quando non potranno tornare nelle loro chiese di origine. Sono state ora riunite alcune delle più belle e antiche Madonne d'Abruzzo, come la Madonna di Lettopalena del XII secolo e la Madonna "de Ambro", della prima metà del XIII secolo, proveniente dalla chiesa di Santa Maria a Grajano.  

L'intero intervento, di restauro e di funzionalizzazione, è stato assunto dallo Stato italiano per il tramite del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del turismo attraverso Invitalia, nell'ambito del progetto Mumex, che è la rete dei musei attrattori del Mezzogiorno

FONTE: Valentina Bernabei (repubblica.it) 

lunedì 21 dicembre 2015

L’arte del futuro: dai libri che diventano quadri all’algoritmo che crea installazioni artistiche digitali

Displaying Electric Objects   A Computer Made for Art foto presa dal sito di electric objects.png

Sperimentazioni, invenzioni, arte e tecnologia: tutti aspetti che grazie alle innovazioni digitali hanno portato alla realizzazione di idee che, qualche anno fa, in campo artistico erano pressocché impossibili da immaginare. Ancora oggi quando parliamo di arte, di quadri e di mostre ci vengono in mente scenari classici come luoghi d’esposizione in cui passeggiare e ammirare opere del passato.

La tecnologia, però, ha ampliato questo concetto e ci ha permesso di comprendere che, se ben utilizzata, può portare a risultati sorprendenti. Tutto, ovviamente, nasce dalla ricerca, dallo studio e dall’impegno di persone che vogliono sconvolgere il concetto di arte e riescono a farlo tramite progetti che vale la pena conoscere. Ecco i tre più interessanti:

1- EO1 di Electric Objects
Meno impegnativo di un Gauguin o un Dalì (proteggibili da malintenzionati solo attraverso raffinati e funzionali impianti allarme wireless), ma comunque d’impatto. Se sognate di sfoggiare nella vostra casa quadri sempre diversi, provenienti da rinomati artisti provenienti da collezioni di tutto il mondo, ecco che con EO1 di Electric Objects potrete farlo. EO1 è un computer connesso ad internet che mostra perennemente il quadro scelto e scaricato tra migliaia. Sono molte le partnership che in questi anni la startup americana è riuscita a stringere, per questo la scelta è davvero ampia. Un dispositivo che potrebbe sembrare una versione avanzata delle cornici digitali, ma che invece è molto di più: con EO1, ogni giorno, potrete ammirare un quadro diverso e renderete unica la vostra casa ogni volta che lo vorrete.

FONTE: Alessia Mohamed (Nomesia)

giovedì 17 dicembre 2015

Tra de Chirico e Burri, i grandi del '900 da Parma a Roma

Tra de Chirico e Burri, i grandi del '900 da Parma a Roma

Nella Galleria d'Arte Moderna di via Crispi si vedono le più importanti opere contemporanee custodite dalla Fondazione Magnani Rocca nella città emiliana, che in precedenza aveva accolto cento lavori della struttura comunale della Capitale


"A differenza dei collezionisti, non frequento gli antiquari, non vado alle aste, non frequento le mostre. Ho, si, un mio museo immaginario, formato dalle opere più amate e ammirate nel tempo. Esse sono per me tutte oggetto di uguale amore e degne della più devota contemplazione; abitano la mia mente come la mia casa". In queste parole è racchiuso il pensiero di Luigi Magnani (1906-1984), fondatore della Fondazione Magnani Rocca, con cui è stata ideata la mostra "Affinità Elettive", dal 17 dicembre al 13 marzo 2016 alla Galleria d'Arte Moderna di Roma. Una mostra che fa conoscere al pubblico romano molti capolavori della raccolta del museo parmense Magnani Rocca, che custodisce nella sua sede emiliana, diverse celebri opere antiche, da Dürer a Tiziano, da Goya a Canova. L'esposizione è il proseguimento della collaborazione avviata con la Fondazione Magnani Rocca a marzo, con il prestito alla Villa dei Capolavori di Mamiano di Traversetolo a Parma di oltre cento opere della Galleria d'Arte Moderna di Roma. Quest'ultima, situata in via Francesco Crispi, è un museo comunale (diverso dalla galleria d'arte moderna nazionale, che si trova a Valle Giulia) che ora ospita importanti opere del Novecento della collezione parmense, per accostarle alle opere della sua collezione.

Gli "affiancamenti" sono stati scelti in base a "consonanze e suggestioni formali, a temi ed ambiti figurativi". Ci sono opere dei più grandi artisti italiani del '900, da Mafai a Scialoja, a Gino Severini con cinque bei pezzi al secondo piano a cui è accostato l'olio su tela  "Velocità di Movimento"" dipinto tra il 1924-26 da Benedetta Cappa (futurista, scenografa, moglie di Marinetti). In mostra anche pezzi di Giacomo Manzù, de Pisis, Marini, Burri e Alberto Savinio (1891-1952). Quest'ultimo, meno noto con il nome di Andrea de Chirico (fratello di Giorgio, è presente in questa mostra con un esemplare lavoro realizzato tra il 1945 e il 1946: "senza titolo (foresta tropicale)", una ceramica smaltata di rara bellezza esposta accanto a un'opera di Leoncillo, "vaso con fiori e vassioio con frutta", realizzato con terracotta invetriata nel 1943. Diverse somiglianze del lavoro lasciano pensare a una possibile firma dello stesso Leoncillo nella cornice dell'opera smaltata di Savinio, anche se non ci sono prove che possono attestare la paternità del lavoro. La mostra inizia comunque nella prima sala del museo con un capolavoro del de Chirico più famoso, Giorgio, e il suo "L'enigma della partenza", un olio su tela del 1914, di proprietà della Fondazione Magnani Rocca, a cui vengono accostate alcune opere della raccolta romana, in un gioco di rimandi che inizia al primo piano e termina al terzo.

L'allestimento, non prevede pannelli didattici, che in questo edificio sarebbero stati troppo invadenti, e adotta invece uno modo più efficace e delicato, quello di scrivere graficamente sulle pareti suggestive frasi degli stessi artisti in mostra. Il visitatore è aiutato anche da esaustive schede esplicative messe a disposizione, per sola consultazione, all'ingresso di ciascuna sala. Ad essere esposti anche molti pezzi di Giorgio Morandi, che conclude la mostra, nella sala della Grafica, con una serie di acqueforti. Documentazioni, foto, lettere di Magnani con artisti e intellettuali dell'epoca, sono esposte in teche in diverse sale del museo. Infine, una particolarità: per tutte le sale della mostra si sente, in sottofondo, una musica. Le "suggestioni musicali" sono state scelte per ricordare l'amore di Luigi Magnani per la musica. Lui fu anche musicologo e compositore oltre che mecenate e attento osservatore dell'arte. Se il nome di questa mostra spontaneamente, di rimando, induce a pensare al quarto romanzo di Goethe, pubblicato nel 1809, c'è da ricordare l'esito tragico di quella storia: speriamo che la fruizione delle opere non risulti danneggiata dall'ascolto, in fondo si tratta di due forme di arte dello stesso livello, quella musicale e quella figurativa, e sovrapporle non gioca a favore di nessuna, dal momento che forse può limitare l'attenzione di ciascuna a sfavore/favore dell'altra.

Info Utili
Affinità Elettive
Da de Chirico a Burri Opere della Galleria d'Arte Moderna e della Fondazione Magnani Rocca
A cura di Maria Catalano; Federica Pirani; Gloria Raimondi; Stefano Roffi
Galleria d'Arte Moderna di Roma
Via Francesco Crispi, 24
Dal 17 dicembre 2015 - 13 marzo 2016
Da martedì a domenica ore 10.00 - 18.30. 24 e 31 dicembre ore 10.00-14.00 L'ingresso è consentito fino a mezz'ora prima dell'orario di chiusura.

FONTE: Valentina Bernabei (repubblica.it)

domenica 13 dicembre 2015

Artista e critico. Montecarlo svela i due volti di Melotti

Melotti. La mostra a Montecarlo


Una grance mostra al Nouveau Musée National, a Villa Paloma, nel Principato di Monaco, mette a fuoco la figura di un artista semplice e complesso. Con le recensioni che per decenni scrisse per la rivista Domus e ad altri contributi video


È Villa Paloma la sede del Nouveau Musée National de Monaco che ospita la grande mostra dedicata all'artista italiano Fausto Melotti (Rovereto, 1901 - Milano, 1986). Prima di diventare un museo, l'edificio, era una residenza situata alla base delle panoramiche corniche di Montecarlo. Lo spazio espositivo, quindi, non è di quelli che facilitano l'allestimento, dal momento che mantiene ancora sembianze di struttura domestica come grandi scale e più stanze anziché un'unica grande sala. Nonostante questo, la fruizione della mostra appare fluida e impeccabile grazie allo studio di architettura Baukuh e di Valter Scelsi, che hanno scelto delle teche per  contenere  anche le opere più piccole di dimensioni o delicatissime come le circa settanta  opere in ceramica, realizzate  negli anni Quaranta e Cinquanta. La mostra di Melotti è interessante perché non è celebrativa ma sottintende una vera e propria azione di ricerca.

Sono infatti esposte oltre a diverse foto in bianco e nero e alle più famose sculture in metallo, anche molte documentazioni che sono il risultato di un grande lavoro di studio portato avanti da Eva Fabbris, curatrice indipendente e Cristiano Raimondi, curatore del museo. Una ricerca portata avanti a partire dall'osservazione del rapporto che l'artista ebbe per tutto il corso della sua vita con la rivista Domus, fondata nel 1928 da Gio Ponti. Su questo particolare aspetto della vasta carriera di Melotti è concentrata la mostra monegasca, che si focalizza quindi sulle opere a cui Domus ha dato spazio nel corso degli anni, nel periodo compreso tra il 1948 e il 1968. Molti articoli comparsi su Domus in quegli anni erano recensioni delle sue mostre come quella allestita negli anni Sessanta alla Galleria Apollinaire (recensita sul numero 377 di Domus), o alla galleria Toninelli (nel numero 449), entrambe a Milano; spazio anche per la mostra romana  presso il Segno recensita sul numero di luglio '68. Alcuni articoli sono scritti da Melotti stesso e quel che stupisce positivamente è la lettura critica che l'artista ebbe sulle opere dei suoi colleghi coevi. Iniziava così nel '62, sul numero 392 di Domus, un suo scritto: " Si chiamano ancora arti figurative, ma la bella realtà è fuggita. Oggi tolti i vecchissimi maestri, nessun grande artista, degno di rappresentare l'allucinata epoca nella quale viviamo, mette più la tela o il trespolo davanti alla realtà". Un anno dopo, nel '63 scriveva un pezzo dal titolo sin troppo chiaro: "L'incertezza" in cui di fatto, sosteneva, tra le altre cose, che "il mercato è il padrone degli artisti e delle loro opere".

Le pagine di Domus davano spazio anche allo studio milanese di Melotti, nel numero di marzo del '54 ci sono foto che ritraggono le sue opere nell'atelier, ma il ritratto più empatico dello spazio di via Leopardi 26, è quello scritto da Lisa Ponti che firma un pezzo nel numero 230 di Domus, nel 1948, usando parole come "riso" e "gioco", per meglio descrivere il carattere di un artista complesso e semplice allo stesso tempo. Tutti gli articoli pubblicati su Domus sono stati ristampati in occasione della mostra di Villa Paloma  e sono dislocati accanto alle opere nelle varie stanze della mostra, che non segue un andamento cronologico. Presenti nell'esposizione anche una serie di foto scattate da Ugo Mulas alle opere di Melotti: il rapporto di fiducia tra i due è ben descritto dal critico ed editore Vanni Schweiwille. Al terzo piano del museo, infine, c'è una project room per artisti più giovani: ora è in corso il lavoro di Paul Sietsema (Los Angeles, 1968) che si potrà vedere, come la mostra di Melotti, fino al 17 gennaio 2016.

Info Utili
Fausto Melotti
a cura di Eva Fabbris e Cristiano Raimondi
Nouveau Musée National de Monaco (Nmnm)  -  Villa Paloma
boulevard du Jardin Exotique 56  Principato di Monaco
In collaborazione con Fondazione Fausto Melotti Con la partecipazione di Domus Magazine e Archivio Ugo Mulas

FONTE: Valentina Bernabei (repubblica.it)

lunedì 7 dicembre 2015

La rassegna su Giorgio Morandi arriva in Giappone

La mostra organizzata da Bologna Musei apre a Kobe l’8 dicembre, poi farà tappa a Tokyo e a Iwate

Comincia martedì il percorso giapponese della mostra Giorgio Morandi, infinite variations», organizzata da Bologna Musei che porterà in tre città l’opera del maestro bolognese. Martedì la mostra apre a Kobe l’8 dicembre, allo Hyogo Prefectural Museum of Art, poi sarà la volta di Tokyo (Tokyo Station Gallery, 20 febbraio-10 aprile 2016) e Iwate (Iwate Museum of Art, 16 aprile-5 giugno 2016). 

Con questa esposizione il Museo Morandi prosegue nella valorizzazione delle proprie collezioni attraverso importanti iniziative all’estero come quelle realizzate negli ultimi anni a New York (2008), a Porto Alegre (2012) e a Seoul (2014). Dopo diciassette anni l’opera di Giorgio Morandi torna in Giappone con un’ampia esposizione incentrata principalmente sulle sue nature morte. 

La rassegna, curata da Lorenza Selleri e Giusi Vecchi, prevede la presenza di oltre cinquanta dipinti e di circa cinquanta opere su carta (acquerelli, disegni e acqueforti) provenienti per lo più dal Museo Morandi e da altre importanti collezioni pubbliche e private italiane. Il percorso espositivo è arricchito anche da tre dipinti e due acqueforti appartenenti a musei e collezioni private giapponesi. Per l’occasione viene realizzato un catalogo bilingue (giapponese/inglese) pubblicato dal Tokyo Shimbun, nel quale verranno riprodotte tutte le opere esposte.  

FONTE: lastampa.it



sabato 5 dicembre 2015

A Treviso una mostra che racconta la storia dell'intrecciata vita dell'Impressionismo


Avvezzi come siamo alle numerose mostre dedicate ai pittori che hanno fatto della rappresentazione en plein air il loro marchio di fabbrica, il titoloStoria dell’impressionismo. I grandi protagonisti da Monet a Renoir, da Van Gogh a Gauguin sembrerebbe non prospettare nulla di nuovo. Ma questa retrospettiva aperta presso il Museo di Santa Caterina di Treviso e curata da Marco Goldin ambisce a raccontarci la storia dell’impressionismo da un’angolazione diversa. Le 120 opere di grandi artisti come Manet, Degas, Monet, Renoir, Pissarro, Sisley, Seraut, Signac, Toulouse-Lautrec, Van Gogh e Gauguin, non godono della luce riflessa di se stesse, ma si allacciano a quel che c’era prima e a quel che è venuto dopo, raccontandoci di un percorso.

E’ il racconto, dunque, di un mutamento storico e artistico quello della mostra trevigiana, che resterà aperta a lungo, fino al 17 aprile 2017: si parte dall’inizio dell’Ottocento, con Ingres e Géricault - il genio dell'imponenteLa zattera della Medusa -, da questo gusto dionisiaco francese per poi assistere ad una rottura che parte dall’arte dei Salons ufficiali alle scelte stilistiche della scuola di Barbizon di Corot e Millet. Ma perchè organizzare una mostra del genere a Treviso? La retrospettiva fa parte di una serie di eventi nati per festeggiare i i vent’anni di attività di Linea d’ombra, un’azienda di cultura creata da Goldin che garantisce la gestione completa di una evento espositivo, dal momento della progettazione fino alla sua conclusione, unendo, come nessun altro pare faccia in Italia, la cura scientifica - garantita dal coinvolgimento di studiosi italiani e stranieri - e l’organizzazione.

FONTE: Maria Pia Bruno (ilmessaggero.it)

venerdì 4 dicembre 2015

A Milano appuntamento natalizio con l’Adorazione dei pastori di Rubens


Dal 3 dicembre al 10 gennaio 2016 in mostra a Palazzo Marino

Le porte di Palazzo Marino si aprono anche quest’anno per il tradizionale appuntamento natalizio con i capolavori dell’arte. Dal 3 dicembre al 10 gennaio 2016, il Comune di Milano offre la possibilità di ammirare gratuitamente in Sala Alessi una maestosa opera di Pietro Paolo Rubens, l’Adorazione dei pastori: una grande pala d’altare riscoperta come opera del pittore fiammingo solo nel 1927 dal grande storico dell’arte Roberto Longhi, folgorato dalla sua visione nella Chiesa di San Filippo Neri a Fermo. L’opera è oggi conservata nella Pinacoteca Civica della città marchigiana.  

«Si rinnova anche quest’anno l’incontro tra Milano e i grandi capolavori dell’arte che i milanesi non possono ammirare nei musei della Città - ha dichiarato l’assessore alla Cultura Filippo Del Corno -. Per le feste 2015 l’opera giunge da Fermo ed è stata realizzata da uno dei più grandi artisti di tutti i tempi proprio in Italia, e proprio per una chiesa italiana: la testimonianza di un intreccio felice, e al tempo stesso spettacolare, tra la tradizione fiamminga e l’arte del nostro Paese, che con la sua storia ha influenzato lo sviluppo di tutta l’arte europea. Un’opera grandiosa che richiama i temi della Natività, spandendo luce e bellezza intatte a distanza di quattro secoli sulle giornate di festa di tutti milanesi e i visitatori della nostra Città». 

Il progetto espositivo è curato da Anna Lo Bianco ed organizzato in collaborazione con Civita. Anticipazione del progetto che vedrà protagonista Rubens in una grande mostra a Palazzo Reale nell’autunno del 2016, la scelta dell’opera risponde a diverse motivazioni che si intrecciano tra loro creando una felice opportunità. In primo luogo, il tema più adatto alle festività natalizie. 

La grande tela dell’Adorazione dei pastori, che Rubens dipinse nel 1608, celebra infatti il momento più intimo e suggestivo della Natività e ci appare come una composizione dipinta in una luce notturna densa di bagliori, nella quale si stagliano le monumentali figure della Vergine con il Bambino, San Giuseppe e i pastori. Una scena suggestiva per rivivere un momento centrale della tradizione del Natale, un’opera grandiosa che racchiude in sé tutte quelle prerogative che raramente ritroviamo unite in un unico dipinto: la qualità altissima, che esprime tutta la forza della pittura del grande artista in questa sua fase di prima maturità, ma anche l’ampia documentazione che permette di seguire tutto l’iter dell’esecuzione, avvenuta in breve tempo e quindi di getto, senza ripensamenti, correzioni, difficoltà. 

FONTE: lastampa.it