martedì 30 novembre 2010

L'ultimo mistero di Giotto svelato il codice nascosto

La medievista Chiara Frugoni analizza particolari finora trascurati nel ciclo di San Francesco. Oggi l'incontro nella basilica per spiegare la nuova interpretazione


C'è un Giotto sconosciuto dietro le storie di Giotto ad Assisi: nella magnifica narrazione per immagini, la cosiddetta Bibbia dei poveri che decora la basilica superiore della cittadina umbra, si possono leggere nuovi particolari, testi finora mai visti, accostando la lente d'ingrandimento ad alcuni dettagli, a immagini apparentemente minime che svelano notizie decisive dal punto di vista storico, filologico, iconografico. A cominciare dalla scritta, in lettere capitali gotiche, che papa Innocenzo III porge srotolandola a Francesco su un cartiglio: ma l'incontro tra il poverello di Assisi e il pontefice avviene nel 1209, quando la regola è ben lontana dall'essere approvata. Il testo che è evidenziato è quello della regola che riceverà la benedizione di papa Onorio III molto dopo, cioè nel 1223, a sancire l'inizio ufficiale dell'esistenza dell'Ordine francescano e che inizia "Talis est regula et vita minorum fratrum...". 

È uno dei colpi di scena individuati da Chiara Frugoni, docente medievista e forse la maggiore studiosa di Francesco, nella sua "Guida alle storie francescane" in cui scena per scena, si chiosano le "favole" giottesche, si rileggono tutti i testi che commentano ciascun quadro del ciclo, trascrivendoli e reinterpretandoli. Si scopre così una sequenza di complicatissime storie nelle storie, di immagini create in una stratificazione infinita di simboli, per lo scopo ultimo di glorificare l'ordine francescano oltre che il suo fondatore, in particolare nel momento del papato di Niccolò IV, primo pontefice appartenente all'ordine, dal 1288 al 1292.

Sono novità intorno a un ciclo pittorico che risale al pieno Duecento, concepito a partire dall'abside per poi tornarvi girando intorno alla navata, perché da lì faceva ingresso il pontefice: che è come dire Francesco è partito da Assisi e, assurgendo al soglio papale un uomo del suo ordine, arriva a Roma, massimo traguardo spirituale. Ancora, un dettaglio dà il senso ultimo e celebrativo degli affreschi della Basilica superiore: nella scena "La liberazione dell'eretico Pietro da Alife" dovuta all'intervento dal cielo di San Francesco, il prigioniero fuoriesce da una colonna coclide, citazione medievale della colonna Traiana. Ma il vescovo che testimonia il miracolo altri non è che Giacomo Colonna, della potente famiglia protetta da Niccolò IV, ciò che spiega l'allusione con lo strano edificio a colonna, appunto. Dunque, il ciclo di Giotto (o chi per lui...) celebra Francesco ma implica anche l'autoglorificazione dell'ordine e quella del pontefice, essendo destinata ai frati mentre il ciclo della parte inferiore era rivolto ai fedeli.

Della "Guida alle storie di Francesco" (Einaudi) si parla alle 17 di oggi nella Basilica superiore di San Francesco in un incontro con Chiara Frugoni, Antonio Paolucci e Franco Cardini, "Un appuntamento - commenta padre Giuseppe Piemontese - che è un momento di approfondimento per gustare attraverso l'arte la via della bellezza che conduce sulle strade di Dio indicate da Francesco". 

FONTE: Francesca Giuliani (repubblica.it)

venerdì 19 novembre 2010

Il '900 italiano sposa il Kalevala

L'Ateneum ospita la collezione Pieraccini


Detta così, la formula «Italian Mestareita 1900-luvulta», può suonare anche misteriosa, se non minacciosa. Ma appena entri nelle sontuose sale dell'Ateneum di Helsinki l'aria d'Italia, dell'arte d'Italia, ti trascina di elegante sala in sala, con l'ansia di scoprire tanta ricchezza, e di capire da chi proviene questa coerente polifonia di voci. T'imbatti subito nei timpani di Burri e di Afro, le trombe di Soffici e il saxofono roco di Ferroni, riconosci il corno ironico di Gentilini, il contrabbasso etrusco, sopito, di Campigli, le strappate dodecafoniche di Capogrossi o gli arpeggi sommessi di Morandi.

Anche nella regale presentazione ufficiale della mostra, tra ambasciatori, ministri, curatori, in questa lingua geroglifica, in cui ti adagi senza decifrare nulla, senti solo affiorare, con deferenza, e citati percussivamente, i nomi riveriti dell'Italia e dei nostri artisti più illustri, talvolta declinati, da Carràn a de Chiricon, da Manzù a Capogrossi a Severini, e poi continuamente lampeggia il nome di Rolando Pieraccini e di sua moglie Siv, finlandese. Ecco svelato l'arcano: sono loro i munifici donatori di questo tesoro d'arte moderna italiana, 724 pezzi di 42 artisti sceltissimi, che vanno ad arricchire le collezioni del più autorevole museo di Helsinki. Che oltre ai maestri di rito dell'avanguardia storica ci fa conoscere pure l'epico, tonitruante, geniale Gallen-Kallela, cantore del Kalevala, il visionario simbolista Hugo Simberg, il virtuoso salottiero Albert Edelfelt. Ma i nostri grandi si fondono qui con grande naturalezza: la naturalezza dell'esperanto artistico, che non conosce barriera.

Nato a Pesaro, studi a Urbino, Pieraccini è entrato presto a contatto con la scuola grafica di Urbino, come a dire Castellani, Battistoni e Bruscaglia e dunque la «malattia della carta» lo ha colpito assai presto (prevalentemente con grafiche e disegni, oltre che con la collezione di lettere di Rossini, Baudelaire, Proust, Fitzgerald). Creatore d'una raffinatissima collana di volumi in edizione limitata di 350 copie tutte firmate e datate dagli autori (da Ionesco a Graham Greene, da Roth a Mailer a Sciascia) ha seguitato a raccogliere opere d'arte, conoscendo tutti gli imprescindibili maestri, di cui mostra rari strappi d'epistolario. E una predilezione anche per i piccoli grandi maestri, dalla Galli a Manaresi, meglio se di vena visionaria, come Viviani, Diamantini, Enzo Bellini o Morena. Ottima presenza torinese, con rari fogli acrobatici di Casorati, i colori marini di Paulucci, le penombre crepuscolari di Calandri.

MAESTRI ITALIANI DEL '900
HELSINKI. ATENEUM.
FINO AL 16 GENNAIO

FONTE: Marco Vallora (lastampa.it)

domenica 14 novembre 2010

Quel danese sbarcato sul Mar Ligure A Roma il periodo italiano del Cobra

Alla Galleria nazionale d'arte moderna, una grande mostra racconta il movimento ricostruendone il periodo in cui i fondatori Jorn e Dotremont sbarcarono in Liguria ad Albisola su consiglio di Baj. E i laboratori di ceramica divennero una fucina rivoluzionaria

Il Cobra non è un serpente, verrebbe da citare una canzone storica di Donatella Rettore. Cobra fu un movimento fondato a Parigi nel 1948 sulle ceneri del surrealismo e dell'espressionismo, capeggiato da un gruppo di artisti provenienti, come decideranno di evocare nell'acronimo, da Co-penhagen, Br-uxelles e A-msterdam. In fondo, come sempre accade nelle avanguardie, Cobra aveva un animo romantico, puntava a recuperare una primigenia felicità creativa e fantastica, a sublimare una visione interiore emotiva, a dare voce alla "nausea" esistenziale reduce dalla seconda guerra mondiale attraverso la violenza del gesto pittorico (che auspicava l'implicazione del corpo nel dipingere), il disprezzo assoluto della forma e la libertà sfrenata del colore.

Nemici apocalittici per Cobra non potevano che essere l'astrazione geometrica di stampo razionalista ("riempiremo la tela vergine di Mondrian" dichiarava Constant) e il funzionalismo architettonico. Un filo rosso che attraversava Cobra erano quelle figure di zombi inquietanti che annaspavano nella profondità magmatica delle tele. A guidare Cobra c'erano gli olandesi Karel Appel, Constant e Corneille, il danese Asger Jorn, il poeta belga Christian Dotremont, cui si aggiungevano poi Serge Vandercam e Pierre Alechinsky che più tardi dirà come Cobra sia "passato vicino a Pollock senza vederlo, quasi vicino a Dubuffet e lontano da Michaux". L'avventura si esaurì ufficialmente nel 1951, il gruppo si sciolse ma solo apparentemente come un fallimento.

Esiste, infatti, un "Cobra dopo Cobra", un capitolo forse meno noto, che vede l'Italia protagonista, con Albisola Marina, una deliziosa cittadina della Riviera Ligure, dove già trascorreva l'estate Lucio Fontana, e dove si diedero appuntamento i transfughi del gruppo originario (merito anche della salubrità del posto, poiché Jorn e Dotremont si ammalarono di tubercolosi) trasformandola dal '54 in un centro febbricitante e rivoluzionario all'insegna nientemeno che della tradizione locale della ceramica rigorosamente policroma. Ed è quello che racconta la bella mostra  "CoBrA e l'Italia", dal 4 novembre al 13 febbraio alla Galleria nazionale d'arte moderna, realizzata in collaborazione con l'Ambasciata del Belgio e l'Accademia Bellica, su progetto scientifico di Denis Laoureux, e la cura di Matilde Amaturo.

Personaggio strategico di questo approdo epico fu il nostro Enrico Baj che proprio nel '51 aveva fondato a Milano il Movimento Pittura Nucleare, presentato l'anno seguente a Bruxelles con Sergio Dangelo, esteticamente ed emotivamente vicino a Cobra nel cantare il malessere da una catastrofe atomica. Fu Baj a consigliare ad Asger Jorn di scendere in Liguria dopo il suo ricovero coatto di due anni presso un tubercolosario svizzero. La proposta fu subito sposata e l'attività di Jorn invase letteralmente i laboratori di ceramica di Tullio Mazzotti detto Tulllio d'Albisola per poi allargarsi anche a quello San Giorgio dei fratelli Poggi. La fucina non rimase un luogo isolato perché ben presto attirò tante altre personalità che avevano costituito il Dna di Cobra, più nuovi adepti. Come Vandercam, Wyckaert, Alechinsky, Van Lint e Doucet. E' nel '54 che Jorn lancia Gli incontri internazionali della Ceramica ad Albisola. Basti solo pensare che vi partecipano Appel, Corbeille, Baj, Fontana, Dangelo, Scanavino, Matta, per citarne alcuni.

Per la ceramica della tradizione artigianale fu una rivoluzione, gli impasti cambiano la natura della terracotta, piatti e vasi rotti decretano nuove forme, vengono coinvolti anche bambini per liberare la loro fantasia sulle decorazioni e i grandi maestri lavorano anche a quattro mani. Nel '55 Jorn conosce Pinot Gallizio (chimico-farmacista-archeologo-botanico-nomade, per usare tanti termini amati da Jorn) e insieme a Piero Simondo fondano il Laboratorio sperimentale del Movimento internazionale per un bauhaus Immaginista", che puntava a rivitalizzare la creatività iniziale del Bauhaus quando era contrassegnata da personalità come Kandinsky e Klee. Tutto questo lo racconta la mostra articolando il suo fitto percorso in tre capitoli che parlano di artisti, di amicizie, di sinergie e vita comune. Il primo indaga le opere di Jorn, Appel e Corneille ad Albisola con particolare attenzione al confronto fra la produzione di Jorn e quella di Baj e Dangelo. Poi si scava nell'esperienza italiana di Vandercam, Wyckaert, Alechinsky, Van Lint e Doucet. Infine si rilancia l'anima di CoBrA recuperando l'esperienza post'54 di Dotremont, presentando le opere ibride di Dotremont e Vandercam e la ritrovata figuratività di Alechinsky.

Notizie utili  -  "CoBra e l'Italia", dal 4 novembre al 13 febbraio 2011, Galleria nazionale d'arte moderna e contemporanea, Viale delle Belle Arti 131, Roma.
Orari: martedì - domenica dalle 8.30 alle 19.30 (la biglietteria chiude alle 18.45) chiusura il lunedì.
Ingresso: Intero €10, ridotto €8.
Informazioni: 06 32298221
Catalogo: Electa.
 
FONTE    Laura Larcan    www.republica.it

mercoledì 10 novembre 2010

I dipinti solari dell'autore dell'Urlo

Per non deludere i visitatori, all'entrata spiegano: «Qui non c'è l'Urlo», la celebre opera-simbolo che Edvard Munch creò anticipando l'Espressionismo e l'arte a venire, rubata a Oslo nel 2004 e poi recuperata per non abbandonare mai più il Munchmuseet. Parecchie sono tuttavia le sorprese e gli aspetti stimolanti della mostra: opere dai colori solari, nonché quadri e disegni ardui da rivedere in futuro. Infatti questo notevole omaggio, il primo in Olanda, in collaborazione con la Pinacothèque di Parigi, allinea 150 dipinti e carte, in buona parte da collezioni private. Specchio dei nostri incubi, ansie, inquietudini, Munch conosce speciale fortuna in questi anni come riflesso di sentimenti che attraversano il mondo, sicché viene spesso celebrato in antologiche per l'Europa e per gli Usa.

A differenza della mostra italiana di Codroipo, Rotterdam propone il solo Munch, senza comprimari. Un viaggio nelle opere del pittore che esplora temi centrali come vita e morte, declinati in tandem con amore, gelosia, solitudine, paura. L'artista trova conforto nell'ispirazione letteraria, dapprima con Strindberg e Ibsen. La visita procede con l'esplorazione dei tagli compositivi arditi, linee fluide, colore sorprendente nelle prove meno consuete, più solari. Così nelle vaste sale della Kunsthal la prima sensazione è di ammirare paesaggi luminosi, chiari, inondati dal sole come Raccolta del fieno 1907, e lo splendido Tronco giallo, 1912, che si impone per la luce nella foresta. Immagini femminili affogate nell'intenso azzurro, fra mare e cielo, paiono muoversi in Donna con cappello rosso sul fiordo, 1891.



A partire dalla prima esposizione alla Verein Berliner Künstler nel 1892, quando provocò scandalo, sino alle prove ultime del 1944, nell'opera di Munch tutto si intreccia: amici, letterati, case e studi dove abitò, committenti come Albert Kollmann, l'amore per Tulla Andersen, viaggi, malattie. Tappe speciali sono il superamento del Realismo, a favore di Postimpressionismo e Simbolismo. Movimenti ammirati in Francia tra il 1889 e '92, guardando a suo modo Van Gogh, Seurat, Signac, Lautrec, Baudelaire e i suoi Fleurs du mal dai quali promanano l'ossessione per le chiome femminili e la donna vampiro, come in Vampir II, versione litografica, 1895. è risaputo che l'artista tornava in più versioni sul medesimo tema con tecniche differenti, come fece con Bambino malato, L'Urlo, e Madonna, la famosa serie di incisioni (qui appare Madonna col feto 1893, e una versione del 1895). Né possono mancare i ritratti, Munch era al tempo ritenuto un noto ritrattista, fra gli altri compaiono il busto di Fritz Frölich del 1931 e numerosi intensi Autoritratti. Poi è un succedersi di nudi, Pubertà del 1914-16, Ora inginocchiata, 1922 e la mirabile Ora piangente, 1914-19.

EDVARD MUNCH
KUNSTHAL, ROTTERDAM
FINO AL 20 FEBBRAIO

FONTE: Fiorella Minervino (lastampa.it)