domenica 28 febbraio 2010

Il cavallo di Leonardo: realtà, non leggenda



Una ricerca dimostra che il gigantesco monumento equestre in onore di Francesco Sforza aveva tutti i requisiti per essere realizzato


Il progetto di Leonardo da Vinci era perfetto. Il suo leggendario Monumento equestre per Francesco Sforza (oltre L’indagine interdisciplinare coordinata da Andrea Bernardoni
Lo dimostrano i risultati di una complessa indagine interdisciplinare promossa dall’Istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze (Museo Galileo). Coordinata dallo specialista Andrea Bernardoni, autore per l’editore Giunti della più recente monografia sull’argomento (Leonardo e il monumento equestre a Francesco Sforza, Storia di un’opera mai realizzata, 2007), la ricerca è stata condotta applicando alla vasta documentazione leonardesca pervenutaci le più sofisticate tecniche di simulazione oggi utilizzate dall’industria per le grandi fusioni. progetto di Leonardo da Vinci era perfetto. Il suo leggendario Monumento equestre per Francesco Sforza (oltre 7 metri di altezza per un peso stimato di 70 tonnellate di bronzo) non era semplicemente il sogno ambizioso di un artista geniale, ma aveva tutti i requisiti tecnici per essere prodotto in un’unica colata e reggersi perfettamente in equilibrio.

L’idea: fondere l’opera in un cantiere aperto per l’Expo milanese del 2015

«Fin qui», spiega Paolo Galluzzi, direttore del museo, «vigeva la diffusa convinzione che il progetto fosse materialmente irrealizzabile. Negli Stati Uniti è stato perciò possibile realizzare due copie del cavallo, ma con procedimenti del tutto indipendenti dalle precise informazioni conservate nei manoscritti di Leonardo. Ora sappiamo invece, su basi rigorosamente scientifiche, che Leonardo concepì un’opera ardita ma perfettamente fattibile, ricca per di più di soluzioni innovative».
I risultati della ricerca saranno esposti in una mostra altamente spettacolare. «L’ideale», suggerisce Galluzzi, «per inaugurare l’Expo milanese del 2015. E l’impatto sarebbe tanto maggiore se, contestualmente, si potesse fondere il monumento a cantiere aperto, coinvolgendo così il pubblico più vasto e i media di tutto il mondo».


Il progetto originale di Leonardo da Vinci


Il progetto, come noto, fu voluto da Ludovico il Moro, signore di Milano, per celebrare il padre Francesco Sforza. Leonardo vi si applicò tra il 1482 e il 1499, durante il primo soggiorno milanese. Studiò con minuzia l’anatomia del cavallo e mise a punto gli infiniti dettagli pratici dell’operazione: un metodo di fusione indiretto (prima testimonianza della sua reintroduzione in epoca rinascimentale), le macchine per movimentare e assemblare la pesantissima forma; il modo di produrre con rapidità enormi quantità di bronzo e di distribuirlo omogeneamente nell’intercapedine tra forma e controforma.
Leonardo ideò anche un brillante sistema per monitorarne l’avvenuto riempimento dell’intercapedine mediante sensori pirotecnici che esplodevano quando il bronzo fuso giungeva al livello desiderato. Tutto fu però vanificato dalle armate francesi che nel 1499 conquistarono Milano, cacciarono Ludovico e distrussero, tra le altre cose, il modello in creta del cavallo.

FONTE: artelebonline.it

sabato 27 febbraio 2010

Egon Schiele l'"immorale" il racconto delle sue prigioni



A Milano, a Palazzo Reale, una mostra celebra Egon Schiele e la Vienna di Freud. Tra erotismo animalesco e ritratti psicologici, sfila l'epopea dell'avanguardia espressionista all'insegna dell'angoscia esistenzial


"Finalmente!  -  Finalmente!  -  Finalmente!  -  finalmente un sollievo alla pena! Finalmente carta, matite, pennelli, colori per scrivere, per disegnare. Posso dipingere e così sopportare ciò che altrimenti sarebbe stato insopportabile. Mi sono sottomesso e umiliato per averli, ho chiesto, pregato, mendicato, avrei anche piagnucolato se non ci fosse stato altro modo. Oh, Arte!  -  Cosa non sopporterei per te!" E' il 16 aprile del 1912 e con queste parole Egon Schiele inizia il suo diario dal carcere di Neulengbach, cittadina a mezz'ora da Vienna, dove era entrato tre giorni prima e dove rimarrà per ventiquattro giorni. 

FONTE: Laura Larcan (repubblica.it)

venerdì 26 febbraio 2010

L’Isola numero 7, tra famosi, non famosi e figli di papà


Conto alla rovescia per l'Isola dei Famosi, da Mercoledì 24 febbraio in prima serata su RaiDue. Simona Ventura ancora al timone del reality che parte con sedici concorrenti, dieci vip e sei non famosi. Inviato nella nuova location di Cayos Perlas in Nicaragua, Rossano Rubicondi che ha movimentato l'edizione 2008 

Dieci naufraghi vip, sei non famosi, quattro figli di papà ed un ex concorrente promosso ad inviato. Il cast dell'Isola dei Famosi numero 7 è già in Nicaragua, nell'arcipelago di Cayos Perlas (terza location dall'inizio del programma) , che ospiterà l'edizione 2010 con la prospettiva, certa non foss'altro per il periodo, di essere meno piovoso delle isole honduregne delle precedenti edizioni.

Fedele alla rodata  tradizione, ma con qualche novità, l'Isola dei Famosi va al debutto mercoledì sera su Raidue guidata, come sempre, da Simona Ventura. Dodici puntante, undici di gara in collegamento con il Centro America, più un'ultima finale per incoronare il settimo vincitore del reality prodotto da Rai e Magnolia.

Nel gruppo dei vip, più o meno provvisti di fama, il regbysta Denis Dallan,  il tronistaFederico Mastrostefano, lo chef Simone Rugiadi, il doppiatore Luca Ward e lo scrittore Aldo Busi. Tra le donne Clarissa Burt , la decana Sandra Milo (77 anni),Loredana Lecciso, le modelle Claudia Galanti e Nina Senicar. Tutti dovranno vedersela con sei concorrenti non noti ma assai agguerriti; la Ventura li ha definiti 'personaggi molto divertenti', aggiungendo: "Alcuni di loro sono i compagni di viaggio che vorrei trovare".

Il famoso più atteso alla prova è sicuramente lo scrittore e polemista Aldo Busi, che compirà 63 anni il 25 febbraio sulle isole Cayos Perlas. "Ho esaudito un altro desiderio - ha detto la Ventura a proposito di Busi - quello di avere un intellettuale, uno scrittore all'isola". "Per Busi, ha aggiunto Giorgio Gori, produttore per la Magnolia, è stato fatto anche uno strappo alla regola che vieta ai naufraghi di portarsi dietro qualcosa da leggere. "Abbiamo deciso di far arrivare sull'isola alcuni libri e abbiamo chiesto a Busi di compilarci una lista di possibili volumi - ha raccontato Gori - E lui ci ha chiesto Platone, Petrarca, Gozzano".

Tra le donne c'è curiosità per l'imprevedibile Sandra Milo, la Sandrocchia di Fellini, che ha deciso di partire con un cuscino di piume ed è particolarmente preoccupata dal doversi lavare con l'acqua salata. Della partita, ma non è stato chiarito in che ruolo, anche quattro figli di papà, ovvero personaggi che devono la prima fama a quella dei propri genitori. "Quattro 'figli di' - ha detto la Ventura - che dovranno guadagnarsi la pagnotta. "I genitori si sono fatti il mazzo che se lo facciano anche loro". Sarano introdotti nella terza puntata e avranno un loro compito nel gioco dell'Isola".  Tra i quattro sicuramente Roberto Fiacchini, figlio adottivo di Renato Zero, e Daniele Battaglia, figlio di Dodi Battaglia dei Pooh, al terzo tentativo di sfondare nel mondo dello spettacolo, dopo un Sanremo e rapidi passaggi come inviato nelle trasmissioni Rai.

La padrona di casa Simona Ventura torna alla conduzione col solito "entusiasmo", con una "gran voglia di Isola". Il format, infatti, è stato fermo per un anno e mezzo, faccenda questa non proprio gradita al direttore di Raidue, Massimo Liofredi, che avrebbe preferito un avvicendamento alterno ad X Factor.

Il consigliere d'amministrazione della televisione di Stato, Antonio Verro, il primo che sbarca a Milano per una conferenza stampa, spezza definitivamente una lancia a favore dello show di Simona Ventura. A lungo e da più parti accusato di non essere adeguato ad un servizio pubblico, il reality ha, invece, come ha spiegato Verro una funzione importantissima per la Rai che vive "per il 50% di canone e per il 50% di entrate pubblcitarie". Entrate pubblicitarie che nel caso dell'Isola superano di gran lunga la media.

Daytime Isola:  toccherà a Rossano Rubicondi guidare la finestra giornaliera di RaiDue sull'Isola di Lime (Cayos Perlas ) e raccontare l'Isola a partire da giovedì 25 febbraio, dalle 19 alle 19.40. Dalle 19:40 alle 20  seguirà un angolo di talk show ('L'isola e poi...') affidato a Elena Di Cioccio e Linda Santaguida (altra ex concorrente dell'Isola).  Una sintesi è prevista anche nel palinsesto notturno di Raidue, intorno all'1:20, e la mattina alle 6:25. Appuntamenti quotidiani anche sul canale del digitale terrestre Rai4

FONTE: canali.kataweb.it

martedì 23 febbraio 2010

Invito alla Poesia

Caravaggio, 24 capolavori assoluti alle Scuderie del Quirinale


Una grande mostra per offrire al pubblico solo e soltanto la produzione certa, la summa indiscutibile di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, nel quattrocentesimo anniversario dalla sua morte. Questo l'obiettivo delle Scuderie del Quirinale di Roma che, fino al 13 giugno, celebrano il grande Maestro con una carrellata di quadri straordinari composta unicamente da 24 capolavori assoluti, storicamente accreditati come autografi dell'artista.  Davvero un'occasione imperdibile per ammirare i capolavori di un'artista che ha fatto epoca. Inoltre, per gli appassionati, ci sarà il ghiotto appuntamento di seguito specificato:


A PROPOSITO DI CARAVAGGIO: LEZIONI D'AUTORE
incontri / 25 febbraio - 9 aprile 2010

Palazzo delle esposizioni / sala cinema
scalinata di via Milano 9a
Ingresso libero fino a esaurimento posti

Un ciclo di incontri di approfondimento sulla biografia e le opere del Caravaggio. Sette fra i più noti e autorevoli storici dell'arte, che hanno dedicato al Merisi alcune fra le loro pagine più celebri, introducono il pubblico agli interrogativi e alle interpretazioni che, oggi più che mai, appassionano gli studiosi di tutto il mondo.

FONTE: adnkronos.it e scuderiequirinale.it

lunedì 22 febbraio 2010

Investimenti anti-crisi - Ecco tutti gli artisti



Poco più di un anno dopo che il mercato dell'arte contemporanea è andato giù in caduta libera, il sostegno ora si sta costruendo intorno a determinati gruppi d'artisti, come emerso dalle recenti aste internazionali. La media dell'Artits Confidence Indicator, appena elaborato dalla società d'analisi londinese ArtTactic, è salito dell'8% rispetto a maggio 2009, posizionandosi a 48. Gli operatori e i collezionisti – secondo il sondaggio – sono nuovamente fiduciosi per il 63% degli artisti contemporanei nel panel, cioè 24 su 38. «Gli autori che hanno registrato l'aumento più forte di consenso sono Maurizio Cattelan, Mike Kelley, Peter Doig, George Condo e Robert Gober» spiega Anders Petterson, fondatore e amministratore di ArtTactic. «Oggi per il 47% degli artisti vi è giudizio positivo indicato dal livello superiore a 50, rispetto al 45% del maggio scorso. Quattro artisti – Maurizio Cattelan, Paul McCarthy, William Kentridge e George Condo – sono passati da livelli dell'Indicator inferiori a 50 (sentimento più negativo che positivo) a uno maggiore. È migliorata in modo significativo la percezione del mercato per Maurizio Cattelan e George Condo. Rispetto a maggio, nella top ten del Confidence Ranking sono entrati tre nuovi artisti: Peter Doig, Robert Gober e Maurizio Cattelan. Resta saldo in prima posizione per la seconda volta consecutiva Gerhard Richter. Il livello medio di fiducia per la Top 10 artisti è attualmente di 74, più alto dei 68 del maggio 2009» conclude Petterson. Buone notizie dal mercato. Che gli artisti «established» contemporanei siano saldi e "sostenuti" lo conferma l'ennesima apertura annunciata da Larry Gagosian a Parigi. «Perché agli artisti piace Parigi e vogliono esporre in Europa» spiega Pepi Marchetti Franchi, direttrice della galleria romana. Dopo New York, Londra, Beverly Hills, Atene e Roma, Gagosian, inaugurerà il nuovo spazio a settembre al 4 della Rue de Ponthieu, non lontano dagli Champs-Elysees e Place de la Concorde. «Nessuno dei nostri artisti sta vivendo la crisi in modo così drammatico da dover abbassare in maniera consistente i prezzi» prosegue Marchetti Franchi. «Certo le cose son cambiate dall'inizio del 2008, la crisi ha allungato i tempi delle transazioni e ridotto i volumi, ma noi continuiamo ad andare avanti con progetti di crescita».  Gli ultimi 15 mesi hanno insegnano che l'arte contemporanea è un segmento molto rischioso, ma anche con delle elevate potenzialità di ritorni economici, confermano gli esperti di Skate's, società di analisi americana. Se, infatti, si osserva l'ArtTactic's Longevity Rating – outlook a 10 anni che s'interroga sugli artisti che manterranno la loro importanza nel lungo periodo – alla guida ci sono ancora Gerhard Richter, Cindy Sherman, Robert Gober e Jeff Koons. Mentre sono usciti dalla top ten Mike Kelley, Damien Hirst (con la più alta volatilità), Andreas Gursky, Jeff Wall e Anish Kapoor, sostituiti da Richard Prince, Peter Doig, Gilbert & George, John Baldessari e Takashi Murakami. «ArtTactic continuerà a monitorare la fiducia del mercato relativa alla sostenibilità delle quotazioni dei singoli artisti, perché è proprio nei periodi come questo che si possono individuare gli artisti che sopravviveranno alla recessione» conferma Petterson.


FONTE: Marilena Pirrelli (ilsole24ore.it)

sabato 20 febbraio 2010

A caccia degli artisti di lungo corso



L'inizio del 2010 segna una ripresa del mercato internazionale dell'arte. Su Plus24 di sabato 13 febbraio vi spieghiamo come diversificare il proprio portafoglio andando a caccia dei nuovi Fontana. Da New York a Londra sono tornati a comprare i collezionisti - Laurence Graff e Nick Maclean -, i mercanti - tra gli altri Jose Mugrabi, Philippe Segalot, Mimmo Vedovi, i Nahmad e James Holland Hibbert - e gli art advisor - Elena Guena e Daniella Luxembourg -. Tutti i comparti dall'Antico al Moderno e al Contemporaneo, sono andati bene, merito anche di cataloghi delle case d'asta molto più selezionati e più asciutti. Gli invenduti sono stati bassissimi e molti artisti, soprattutto gli italiani da Fontana a Manzoni, Bonalumi, Castellani e Dorazio, hanno riguadagnato quota. In asta ha vinto la qualità dell'offerta e dopo l'incanto di Phillips de Pury & Company di questa sera a Londra, il Contemporaneo ritornerà sotto il martello solo nella prossima primavera con l'asta delle opere della Collezione di Michael Crichton, programmata da Christie's New York al Rockefeller Center (vedi opere). Ora i futuri appuntamenti sono nelle fiere di contemporaneo con Arco a Madrid (17-21 febbraio), Armory Show a New York (4-7 marzo) e Miart a Milano (26-29 marzo) e con l'Antico e il Moderno al Tefaf di Maastricht (12-21 marzo), dove la qualità è assicurata. Se la liquidità è tornata sul mercato dell'arte, bisogna però riflettere attentamente sugli acquisti. Un indicatore da leggere per muoversi con maggior tranquillità nel contemporaneo, un segmento con logiche complesse, è l'Artist Longevity Indicator, in grado di fornire un outlook di lungo periodo, 10 anni, sugli artisti viventi. La società di analisi londinese ArtTactic ha introdotto la metodologia dell'ArtTactic's Artist Longevity Rating nel dicembre 2008, per monitorare l'impatto della crisi del mercato d'arte contemporanea sulle quotazioni dei singoli artisti e rispondere a uno degli interrogativi oggi più pressanti: chi manterrà nel tempo la sua importanza e il suo valore?  "Emergono una serie di modifiche nelle prospettive di lungo termine per alcuni artisti nel nostro sondaggio – dice Anders Petterson, fondatore e managing director di ArtTactic -: Mike Kelley, Damien Hirst, Andreas Gursky, Jeff Wall e Anish Kapoor hanno abbandonato la top ten, sostituiti da Richard Prince, Peter Doig, Gilbert & George, John Baldessari e Takashi Murakami. Poiché il Rating di Longevità è stato lanciato nel dicembre 2008, le prime quattro posizioni della classifica continuano ad essere dominate da Gerhard Richter, Cindy Sherman, Robert Gober e Jeff Koons. Il sondaggio tra gli operatori, andando oltre il breve termine, spinge il panel a dare risposte sulla sostenibilità e longevità del mercato degli artisti, a prevedere quelli che potranno essere i supporti istituzionali e curatoriali e quale ruolo l'artista giocherà nella storia dell'arte" spiega Petterson. Un caso per tutti: "Uno degli artisti con maggiore volatilità nell'Artist Longevity Indicator è Damien Hirst. Nel maggio 2009 Hirst è salito al 6 ° posto, dopo essere stato classificato nel ranking del dicembre 2008 al 21°. Nel più recente sondaggio è sceso al 15° posto" conclude l'amministratore di ArtTactic. Forse a causa della supervendita da Sotheby's a settembre 2008, che ha inflazionato di opere il suo mercato, combinata con la nuovo stile pittorico dei sui ultimi quadri che non ha del tutto convinto la critica.

venerdì 19 febbraio 2010

Roma, al Vittoriano le ceramiche di Franco Giorgi


Forme tra le più diverse e tanti colori, a volte più brillanti e vivaci altre più cupi come a riflettere l’ondivaga intimità dell’uomo. Una settantina di opere realizzate da Franco Giorgi esposte al Vittoriano fino al 16 marzo nella mostra “Materia e Forma. Ceramiche di Franco Giorgi”. Ceramiche e disegni suddivisi in diverse tipologie, pannelli, installazioni, sculture, contenitori, piatti, dipinti, legati tra loro da una energia plastica. La stessa energia che Giorgi mette nelle sue opere manipolando, mescolando, trasformando, dando forma. “Sono stato anche pittore ma ho preferito lavorare con la ceramica perché èuna materia che si deve elaborare con le mani – spiega Giorgi all’ADNKRONOS - si deve mediare con i problemi tecnici, con il forno, con i vari tipi di argilla. Mi sento più gratificato da questo lavoro che non piuttosto mettere delle pennellate su una tela che lì finiscono. Mentre la ceramica è in continua trasformazione in tutto il corso della realizzazione, dalla creta alla cultura alla smaltatura. Ogni volta ci sono degli imprevisti dovuti proprio a questi processi. La cottura rende gli smalti lucidi e brillanti e qualche volta esalta i colori o ne abbassa i toni quindi c’è sempre una mediazione tra materia e idea”.

Classe 1934, intriso di arte e in essa immerso per vicende di vita, prima con un’esperienza che gli deriva dal contatto con uno dei maestri delle arti figurative del XX secolo come Renato Guttuso, e poi per le sue attività di docente, operatore, designer, Giorgi individua nella ceramica, nella sua manipolazione, un microcosmo nel quale varie esperienze si fondono, si amalgamano insieme fino a trovare corrispondenza e completamento nell’opera finale.La scelta delle opere esposte nella mostra del Vittoriano rappresenta non solo la somma del suo impegno artistico nel corso di una lunga attività costellata di premi e riconoscimenti provenienti dalle più importanti istituzioni del settore ceramico italiano, ma anche il suo più recente lavoro di ricerca che si espande da strutture architettoniche modulari a rivisitazioni in chiave contemporanea di forme della tradizione. “La mostra nasce dalla volontà del Vittoriano di rendere omaggio ad un artista che da tanti anni lavora nell’ambito della ceramica oltre che ad avere una lunga e interessante attività di ceramista – afferma Maria Teresa Benedetti, curatrice della mostra – un artista che ha vinto tanti premi, conosciuto all’estero e che in Italia vive una vita molto riservata”.
“Essere al Vittoriano – continua Giorgi - per me è un grande onore. Io non amo fare molte mostre anche perché farle con le ceramiche diventa complicato, costituisce un lavoro non indifferente. E poi perché in questa sede meravigliosa poter esporre questi lavori è per me come un premio per tutto quello che ho realizzato nella vita”.

FONTE: adnkronos.it

giovedì 18 febbraio 2010

Archeologia: studiosi Oetzi svelano segreti su morte Tutankhamon


Tutankhamon, il ''faraone bambino'', salito al trono all'eta' di 9 anni, non sarebbe stato assassinato, ma, probabilmente, mori' a causa di una forma acuta di malaria, aggravata da una necrosi ossea al piede sinistro che gli provoco' numerose fratture, limitando la sua mobilita'. La diagnosi sarebbe confermata dal rinvenimento nella tomba di resti di piante ancora oggi conosciute per le loro proprieta' antipiretiche e antidolorifiche. A questa conclusione e' giunta l'e'quipe di archeologi guidata dall'altoatesino Albert Zink, direttore dell'Istituto per le mummie e l'Iceman dell'Eurac di Bolzano, noto per le sue ricerche su Oetzi, l'uomo dei ghiacci trovato sul Similaun, che ha pubblicato i risultati dello studio sulla rivista medica specialistica ''Journal of the American Medical Association'' (Jama), che esce in questi giorni.La ricerca di Zink, condotta insieme al genetista umano Carsten Pusch dell'Universita' di Tubinga e a un gruppo di studiosi a meta' strada fra Indiana Jones e Csi, ha svolto indagini genetiche su 16 mummie per due anni, in un laboratorio per il Dna appositamente realizzato al Cairo. Al termine dell'indagine, sarebbe stato svelato anche un altro mistero legato al piu' famoso tra i faraoni egizi, morto a soli 19 anni: i ricercatori sono infatti riusciti a individuare i suoi genitori. Il padre di Tutankhamon sarebbe il faraone Akhenaton. La madre sarebbe la cosiddetta ''Younger Lady'', che i mummiologi ipotizzano si tratti della famosa Nefertiti. Gli studi dei 10 ricercatori del team sono iniziati nel settembre 2007; e passi avanti nell'individuazione delle cause che hanno portato alla morte del giovane faraone, sono stati compiuti grazie all'aiuto del radiologo bolzanino Paul Gostner.

FONTE: adnkronos.it

mercoledì 17 febbraio 2010

Sanremo dà uno schiaffo al principe: fuori Emanuele Filiberto, come Cutugno



Eliminato anche D'Angelo. Per Morgan solo un veloce accenno della Clerici. Dita Von Teese, strip da 80mila euro


Fuori Toto Cutugno con la sentimentale Aeroplani, Nino D’Angelo e Maria Nazionale con la dialettale Jammo jà e il trio Pupo, Emanuele Filiberto e Luca Canonici (accolto in sala a suon di fischi) con Italia amore mio: un brano oltre i limiti del genere trash, oltre il consentito in una manifestazione che si rispetti. L’esibizione offensiva per occhi e orecchi ha visto Pupo al piano che recitava un testo davvero ruffiano, il Principe che ne mimava le parole e fingeva disperazione, il tenore che alzava i toni patriottici, insomma è stata la dimostrazione che al festival purtroppo si arriva anche senza saper cantare, basta essere dotati di faccia tosta e sciorinare una carnevalata in tema col calendario. A nulla è servito tappezzare la riviera di adesivi pro-trio e far girare la minaccia che avrebbe addirittura vinto. A scongiurare questa possibilità, prima del televoto, è giunto il giudizio della giuria demoscopica. Restano in gara La cometa di Halley di Irene Grandi, scritta con Francesco Bianconi dei Baustelle, da subito considerata una delle migliori, Per tutte le volte che di Valerio Scanu (il giovane principe di Amici che a Sanremo gira smarrito davanti a una platea il cui consenso va conquistato), Malamorenò, la filastrocca fantascientifica en travesti di Arisa (con le Sorelle Marinetti viene da canticchiare Tuli-tuli-tulipan), il vincitore di X Factor Marco Mengoni con Credimi ancora, vestito da Joker bianconero, a pronunciare le dentali all’anglosa ssone e ad ostentare le sue capacità vocali, il tiro rock di Meno male di Simone Cristicchi, la sofisticata Ricomincio da qui di Malika Ayane, La notte delle fate di Enrico Ruggeri, Baby dei Sonhora, La verità di Povia (un recitato presuntuoso su un tema delicatissimo, qui tradotto in una letterina da elementari), Il mondo piange di Irene Fornaciari (che né la mano di papà Zucchero né quella dei Nomadi riescono ad aiutare), Noemi con Per tutta la vita, un’altra delle favorite, sanremese vecchio stile interpretata da una voce piena di sfumature, Fabrizio Moro con il reggae di Non è una canzone.  La prima serata è andata via liscia, apprezzabilmente, salvo le solite noiosaggini che però sono organiche alla manifestazione. Era necessario un affiancamento per non correre il rischio di una brutta partenza, così in apertura di Festival abbiamo ritrovato al buio l’accoppiata Bonolis-Laurenti, come se dallo scorso anno non se ne fossero mai andati, quasi avessero abitato nel teatro dismesso, sempre rapidi a rincorrersi nelle battute, nel paradiso della pubblicità come nel girone sanremese. Qualche riferimento alle polemiche dei giorni scorsi («Se aveva mo qualcosa da confessare andavamo nelle sedi opportune: da Vespa», «Se vince Emanuele Filiberto ci ridanno la Corsica»), poi un messaggio per le donne complessate dal peso («Godetevi la vostra taglia: il 42 è il burqa dell’occidente») e il passaggio di consegne ad Antonella Clerici, scesa da un’astronave, vestita di rosso con un decolleté troppo compresso, alla sua prova del fuoco. Tutto sommato se l’è cavata bene, sola sul palco, con il sorriso, la compostezza, il rispetto dei tempi televisivi e delle canzoni. Una conduzione casalinga, poco pretenziosa, come promesso. Ha presentato «un ospite fantasioso e ribelle, in bilico fra in coscienza e innocenza, fra genio e sregolatezza» ma non era Morgan, semmai Antonio Cassano, calciatore un po’ vittimista, prima in versione Sora Camilla, tutti lo vogliono ma nessuno se lo piglia (i doriani cominciano ad accusare il fatto che da quando non gioca, la squadra vince), poi in versione cuore di mamma, poi pentito dei suoi errori (confessa che a Totti dedicherebbe Un amico di Renato Zero, che i loro problemi sono dipesi dalla sua testa matta, mentre a Lippi gliele vorrebbe suonare), insomma si è cimentato in una serie imbarazzante di sgrammaticatezze e in un’intervista perfettamente inutile. Morgan è stato velocemente citato dalla Clerici: «Sono lontana anni luce dalla droga, la mia unica dipendenza è la mia famiglia, il lavoro, un cappuccino al bar la mattina. Sono addirittura intollerante verso questo vizio, verso chi non ha amore per la vita. Ma per lui la passione è la musica». Ha letto un estratto del testo La sera, qualche nota di accompagnamento, poi, inevitabile, l’italica benedizione: «Morgan spero che tu e tutti quelli come te si possano ritrovare», così ancora una volta non si è capito se lo si chiama in causa per misericordia o per stima professionale. Ospiti sono state Susan Boyle, la bruttina dalla voce incantevole che “sognava un sogno” e lo ha realizzato (anche se poi è seguito un forte esaurimento nervoso ) e Dita Von Teese, la pin up regina del burlesque, ex moglie di Marylin Manson, che per ottantamila euro è finita seminuda in una coppa di champagne. Vedremo se gli ascolti di domani faranno brindare qualcuno.

FONTE: Simona Orlando (ilmessaggero.it)

martedì 16 febbraio 2010

Contemporary a Londra, grande richiesta di italiani


La sera del 10 febbraio a New Bond Street (Londra), in una sala gremita di collezionisti, Sotheby's ha registrato il suo secondo miglior totale aggiudicato per un'asta di contemporaneo, dopo il picco di 95 milioni di sterline del febbraio 2008, per una vendita nella City, portandosi a casa 54,1 milioni di sterline - con soli tre lotti invenduti su 77 -, una cifra che supera le stime iniziali di 32,3-45,2 milioni ed è tre volte il totale ottenuto dalla stessa asta nel 2009.  La qualità, così come è stato dimostrato la scorsa settimana per gli incanti londinesi di Impressionisti e arte moderna, torna nelle sale d'asta anche per il contemporaneo, andando incontro ad un mercato soprattutto europeo che elegge Londra a sua piazza principale. È il caso dei 49 lotti provenienti dalla Sammlung Lenz Schönberg Collection, parte della raccolta di 600 opere degli artisti del Gruppo italo-tedesco Zero (fondato in Germania alla fine degli anni '50, ndr.) di Gerhard e Anna Lenz. La vendita delle opere, in perfetto stato di conservazione, ha totalizzato 23,1 milioni di sterline, contro una previsione di 11,1-15,1 milioni, registrando il sold out (solo un violino di Arman è rimasto fermo al palo, ndr.). Circa 3,3 milioni di sterline sono andati a "F88" di Yves Kelin, straordinario lavoro del '61 con sagome di corpi femminili impressi su carta con fuoco e acqua, nelle stime di 2,8-3,5. Il mercato ha premiato la scelta di Claudia Dwek, co-presidente Sotheby's Italia, di esporre la collezione in anteprima europea nelle sale milanesi della major: l'affluenza di collezionisti italiani nella City ha infatti dato vita ad una serrata battaglia di offerte (la vendita dei 49 lotti si è prolungate per oltre due ore) che hanno fatto registrare ben 21 record. A volare alto sono stati soprattutto gli italiani: Fontana, Manzoni, Bonalumi, Castellani, Dorazio, Simeti e Colombo. Fontana ha ottuenuto il record per la sua serie ‘Metalli' con il bronzo verticale di circa 2 metri di altezza "Concetto Spaziale, New York 26", pagato 3 milioni di sterline (quasi il doppio della stima di 1,5-2 milioni). Della stessa serie, un "Concetto spaziale" simile datato '64, è andato a 2 milioni di sterline (stima 1,5-2). Per il suo "Concetto Spaziale, Ritratto di Carlo Cardazzo", del '56, una gara tra nove bidders ha fatto salire la cifra a 2,7 milioni (inclusa commissione) - nuovo record per la serie ‘Pietre' - da una stima di 1,5-2 milioni. E un "Achrome" di Piero Mazoni del '58, stimato 1,5-2 milioni di sterline, è stato venduto a 2,8 milioni. Se il miglior prezzo di tutta la serata è andato a Willem de Kooning, con 3,9 milioni (stima 2-3milioni) per "Untitled XIV'" dell'83, ha invece deluso le aspettative l'autoritratto del '78 di Lucian Freud dove l'artista si è raffigurato con uno occhio nero a seguito di una lite con un taxista newyorkese. Ha infatti ottenuto solo 2,8 milioni (commissioni comprese), al di sotto delle stime, forse troppo ottimistiche viste le ridottissime dimensioni dell'opera, di 3-4 milioni. Peter Doig, con 2,8 milioni per il grande dipinto "Saint Anton (Flat Light)" del '95-‘96, è restato nelle stime di 2-3 milioni. Nelle stime di 2-3 milioni di sterline anche l'"Abstraktes Bild" (Dipinto Astratto) di Gerhard Richter, dell'88, con 2,5 milioni. Nuovo record, invece, per la star del contemporaneo Chris Ofili, che ha ottenuto 800mila sterline per "Through the Gravepine", opera stimata 250-350mila sterline. 

FONTE: Margherita Remotti (ilsole24ore.it)

sabato 13 febbraio 2010

L'intrepida sula


Siamo burattini consapevoli dei nostri burattinai inconsapevoli?


La sula, uccello-simbolo delle isole Galapagos, non teme gli esseri umani che le si avvicinano: l'assenza di predatori, infatti, ha finito per favorire sempre più, generazione dopo generazione, il propagarsi al suo interno di quelle bande di geni che la rendono impavida. Anzi, il discorso sui complessi rapporti fra fenotipi e genotipi potrebbe allargarsi come in cerchi concentrici fino a comprendere nel loro continuo intrecciarsi tutte le manifestazioni della vita sul pianeta. Noi stessi del resto, in quanto fenotipi umani, forse non siamo che burattini consapevoli dei nostri geni, nostri inconsapevoli burattinai. È quanto medita Louis de Mezière, figlio adottivo dell'ambasciatore francese a Kabul mentre, seduto al tavolino di un caffè all'aperto di Kandahar, si lascia come ipnotizzare dal caotico avvicendarsi, attorno a lui, di una folla in perpetuo, incessante movimento. Ma non sono questi gli unici quesiti che il ragazzo si pone e a cui né lui, né il suo grande amico, il gesuita padre Sergio Cuevasleón, sono in grado di rispondere. Almeno una risposta, sia pur sconvolgente, Louis l'avrà il 24 settembre 2036, quando scoprirà la sua vera identità. Prefazione di Giancarlo Majorino.

FONTE: aracneeditrice.it

lunedì 8 febbraio 2010

Le orbite impassibili di Grazia Toderi


Fissa, apparentemente immobile ma inesorabilmente in trasformazione, è anche l’ultima immagine video di Grazia Toderi (1963), con le sue città notturne a volo d’uccello, illuminate da luci rossastre simili a quelle delle piste aeroportuali. «Orbite rosse» è il titolo dalla personale dell’artista in corso a Milano, alla Galleria Giò Marconi, dove insieme a due grandi videoproiezioni, sono esposti disegni grigi realizzati con grafite, argento e stagno fuso. Opere preliminari, scarne e essenziali, sul movimento orbitale di un oggetto attorno a un altro, in una sorta di spazialismo rinato. Se il lavoro si focalizza sull’apparizione della luce contro una superficie (il video), lo spaesamento - prodotto dal lento doppio movimento rotatorio della fantasmagorica metropoli - crea una reazione fisica di vertigine. C’è un inquietante rumore di fondo, massiccio e lontano, come un brusio planetario. È come immergersi in un mondo sovrappopolato da creature invisibili le une alle altre. Ci sono artisti che rifanno apparentemente sempre la stessa opera, con scarti minimi, impercettibili e costanti verso un approfondimento insaziabile della propria ricerca, e artisti che invece usano forme sempre diverse. Toderi appartiene alla prima tipologia e crea un’attesa sempre sorprendente. C’è una parentela lontana tra i suoi video e l'Empire State Building, che Andy Warhol filmò la notte tra il 25 e il 26 luglio 1964 dalle 8,06 di sera alle 2,42 della mattina. Ma Warhol filmava la realtà, senza filtri e mediazioni nello scorrere del tempo, mentre Toderi crea città inesistenti, città invisibili alla Calvino, combinando, sovrapponendo e svuotando di vita immagini reali di più città. Ma c’è anche l’artista cinquecentesco Jacopo de' Barbari con la sua «Venetia MD» a dialogare con le metropoli fantascientifiche di Toderi.

GRAZIA TODERI
MILANO, GALLERIA GIÒ MARCONI
FINO AL 6 MARZO.

sabato 6 febbraio 2010

Mostra.... Fuoriluogo

A Firenze, all'interno del pittoresco Palazzo Medici si è aperta una mostra inerente l' interpretazione dei WC, questo appuntamento culturale prende il nome di “Fuoriluogo-Wchairs” ed è curato da Simona Chiessi dell’omonima società di termoidraulica Chiessi&Fedi di Firenze . Rimarrà aperta fino al 14 febbraio prossimo.

Sono esposti 17 WC che hanno subito un’interpretazione creativa, per la quale si sono cimentati artisti e designer come : Olimpia Benini, Arabella Bettazi, Filippo Burresi, Michelangelo Chiti, Abraham Clet, Fiona Corsini, Giacomo Cuccoli, Ginevra De Renzi, Luigi Fragola, Francesca Guicciardini, Gregorio Konstantopoulos, Selvaggia Lensi Orlandi, Giulia Leoni, Francesca Nuti, Guido Pelagallo, Ghigo Poccianti, Alessandro Pretini, Carlotta Turini, Francesca Viacava, Francesca Viacava, Marina Visconti di Massimo, Ippolita Zetti.

La mostra che appare molto interessante, ben strutturata e curata nell’aspetto espositivo, permette di soffermarsi a “scrutare” gli oggetti, non più WC e costringendo il visitatore a “riviverli" e a dargli una nuova prospettiva interpretativa.

Questa operazione artistica su di un WC prende spunto da Marcel Duchamp che per primo usò un orinatoio come fontana dando vita a quel filone artistico chiamato Ready Made cioè il già pronto, si prende un oggetto della vita quotidiana e si sposta dal suo contesto quotidiano trasferendolo in altro contesto, così da cambiare il suo significato ed il suo ruolo, sia pur rimanendo inalterato nella sua forma.

Un oggetto, quello di Duchamp, che oggi potrebbe valere sul mercato 3,5 milioni di euro e che il pittore post Dada Pinoncelli nel 2006 danneggiò, per sottolineare come il mercato dell’arte appropriandosi dell’opera ne decide il mercato facendone una speculazione.

Giuliano Governatori

venerdì 5 febbraio 2010

Un’imprevedibile estate, il nuovo libro di Monica Blesi


Ciao a tutti, ragazzi e ragazze! Oggi vi racconterò la mia grande “avventura”. La storia si svolge nel periodo estivo… Avete presente quelle estati al mare con il sole, le onde rilassanti, il divertimento, e tutto sembra andare alla perfezione? Beh, scordatevi tutto ciò. La mia estate è completamente il contrario di quella descritta qui sopra. Tutto è cominciato l’ultimo giorno di seconda media… Tra partenze con la scuola, amicizie, amori, concerti che arrivano da lontano, vipere pronte a rovinare la vita con l’intreccio tra situazioni belle e spiacevoli che coinvolgono tutti gli amici, si può vivere un’imprevedibile estate. Una storia bella ed emozionante con un lieto fine fantastico. P.S. Ai genitori di tutte le teenager non posso che ricordare che, anche in età adolescenziale, si possono vivere momenti ed emozioni che possono sconvolgere in positivo o in negativo l’esistenza alterando il nostro umore. Se poi ci si innamora si può anche volare… Sì, avete letto bene. Si può volare.
Monica Blesi. Sono una ragazza di 14 anni, vivo ad Ariccia (Castelli Romani) e faccio la terza media. Gioco a pallavolo nell’under 14, pratico il canto e ho un grande sogno. Dall’età di 5 anni papà mi leggeva i libri per bambini e io, innamorata della fantasia, delle storie d’avventura e d’amore, mi sono appassionata e ho avuto il desiderio di diventare una scrittrice adolescente con un romanzo tutto mio. Come potete vedere i sogni si avverano…

FONTE: aracneeditrice.it

mercoledì 3 febbraio 2010

Fuoco sul mondo


La più grande fiera fotografica internazionale ospita alla sua dodicesima edizione i paesi arabi tra passato e futuro

Parigi. Alla sua dodicesima edizione, Paris Photo sciorina i consueti numeri che le garantiscono il primo posto nel mondo tra le fiere specializzate in fotografia: 89 gallerie e 13 editori provenienti da 23 paesi, le opere di 500 fotografi che dal 19 al 22 novembre faranno bella mostra di sé al Carrousel du Louvre, attirando una folla stimata intorno alle 38mila presenze. La fiera sarà anche il momento per fare il punto sul mercato della fotografia che, come ogni segmento in questo periodo, regge con qualche scricchiolio e saggi aggiustamenti dei prezzi. Secondo una formula ormai consolidata, il fulcro dell’interesse critico sarà concentrato sul paese ospite, che quest’anno è in realtà una grande area geografica e culturale, i Paesi arabi e l’Iran, attraverso una selezione compiuta da Catherine David, già curatrice di un’edizione di Documenta a Kassel. Particolare curiosità suscita la presentazione, nella sala centrale del Carrousel, di una selezione di fotografie storiche provenienti dalla Fondazione Araba per l’immagine, un’associazione nata a Beirut nel 1997 ad opera di critici, storici, artisti, che si propone di salvaguardare e diffondere la fotografia storica e contemporanea dell’area. In questa sezione, e nelle 8 gallerie della sezione «Statement», provenienti da Marocco, Tunisia, Iran, Libano e Dubai, ci si attendono naturalmente le maggiori sorprese e novità, le scoperte e le riscoperte di una storia che in Occidente è ancora ben poco nota, se non nei suoi aspetti più recenti. A fianco dei nomi ormai già entrati nel circuito internazionale come Walid Raad, Yto Barrada, Lara Baladi, sarà dunque possibile avvicinare una cultura in costante movimento e per verificare se alla crescita economica dell’area corrisponda un’equivalente crescita qualitativa delle sue manifestazioni artistiche, così come è accaduto nei decenni scorsi per le aree del Sud-Est asiatico e dell’Est europeo. Secondo quella che è una tradizione consolidata, l’omaggio ai paesi ospiti continua anche fuori dagli spazi del Salon, con mostre come «Iran 1979-2009: 30 anni di fotografia documentaria iraniana», che si apre il 6 novembre alla Monnaie, e come «Palestine, la creazione in tutti i suoi stati» all’Institut du Monde Arabe, «150 anni di fotografia iraniana» al Musée du quai Brainly, che chiudono proprio nei giorni della fiera, consentendo a chi non le avesse ancora viste una vera e propria full immersion nel presente e nel passato. Per ciò che riguarda invece il settore tradizionale della fiera, Paris Photo conferma la sua vocazione internazionale, riservando il 75% delle presenze a gallerie non francesi (quelle francesi sono 23): 11 tedesche, 10 statunitensi, 7 inglesi, 5 spagnole, 5 giapponesi, 3 italiane e le restanti 25 da altri 16 Stati, a conferma di quelli che sono i diversi pesi nel panorama fotografico mondiale. L’Italia è rappresentata, come nell’edizione precedente, dalle gallerie Forma di Milano, Brancolini/Grimaldi di Roma-Firenze e Guido Costa di Torino, quest’ultimo membro anche del comitato di selezione, insieme tra gli altri a nomi storici quali gli statunitensi Howard Greenberg e Edwynn Houk, la tedesca Priska Pasquier e l’inglese Tim Jeffries. Tra le nuove entrate, da segnalare i nomi prestigiosi di Goodman da Johannesburg, Bernheimer Old Masters e Tanit da Monaco, Photographers’ Gallery da Londra, Koch da San Francisco, e quelli emergenti di Kuckei + Kuckei da Berlino e Pente 10 di Lisbona.


FONTE: Walter Guadagnini (ilgiornaledellarte.it)

martedì 2 febbraio 2010

L’anima dell’arte moderna


di Giuliano Governatori

Nella società moderna ogni cosa è veloce, consumabile, nel giro di poche ore diventa tutto obsoleto, rimarrebbero frastornati anche i Futuristi. Le informazioni, la politica con i suoi riti lenti, le opinioni, la cultura, sono completamente travolti dalla rapidità a dall’evoluzione degli eventi, facendo emergere contraddizioni e nessuna certezza. A causa della globalizzazione, del consumo rapido, nulla può rimanere stabile o lasciare una traccia, nulla può creare una tendenza artistica o culturale tutto deve servire a piacere consumato rapidamente per passare rapidamente ad altro stimolo da soddisfare. In questo scenario generale si muove un’arte moderna senza anima che trova sempre più spesso il modo di affermarsi attraverso il mercato e alla sua sovrastruttura che lo regola. L’artista diventa un dettaglio rispetto a quello che lo circonda e che gli orbita intorno: istituzioni culturali, gallerie d’arte, critici, professori accademici, giornalisti, filosofi, esperti manager della cultura, cooperative, arte povera e via dicendo. Tutto questo soffoca la creatività: gli artisti diventano abili artigiani decoratori di ambienti, i più fortunati un investimento. Quella poca autonomia e quel nascere di nuove idee creative fuori dal circo mediatico non hanno alcuna capacità di affermarsi. Il tema è vecchio ma il presente e il futuro sono sempre più per una cultura-mercato contro una cultura-cultura fuori dallo schema. Il compito degli artisti è riprendersi in prima persona la loro creatività, destrutturare il sistema, fermare la globalizzazione, arrestare il decadimento dell’arte in artigianato. Bisogna orientare le istituzioni, non affidarsi al circo dei professioni, coinvolgere gli artisti in prima persona negli spazi culturali, ridare spazio e visibilità a chi crea anche se rimane il pericolo per un certo dilettantismo. Incoraggiare, sull’esempio delle altre professioni, un albo aperto agli artisti, dove i più fortunati possano aiutare gli altri, una sorta di confraternita di mutuo soccorso. Gli artisti affermati, svincolati da obblighi di mercato, devono essere chiamati alla gestione di tutto il nostro patrimonio culturale e umano, delle varie istituzioni culturali, delle aree espositive e, inoltre, devono indirizzare le politiche a favore della cultura dell’arte e della tutela del nostro patrimonio artistico. Da troppo tempo gli artisti sono stati esclusi, tenuti in disparte, strumentalizzati politicamente; gli effetti dirompenti sono sotto gli occhi di tutti, è necessario cambiare, voltare pagina per pensare al futuro.


lunedì 1 febbraio 2010

Swift e Beyoncé, notte di Grammy. Ma è un'America in salsa sanremese


E' il trionfo del "nazionalpopolare" all'americana. Premi per tutti. Il più bravo è Andrea Bocelli che canta "Bridge over troubled water" con la Blige


Aridatece Sanremo. Nella notte delle stelle Usa trionfa il musicalmente corretto a cui le major s'aggrappano sperando di frenare la valanga (in discesa) di vendite. Il più felice e il più bravo di tutti sembra Andrea Bocelli: canta in coppia con Mary J. Blige "Bridge Over Troubled Water", Quel Ponte sulle Acque Pericolose, la canzone che all'ultimo Telethon ha raccolto milioni per Haiti, e lo spettacolo qui è assicurato, negritudine e classic touch, la sintesi che fa impazzire l'America dai tempi di George Gershwin, e chi può dare di più? Lady GaGa apre lo show con "Poker Face" in coppia con Elton John (chi è la maschera di chi?) ma alla fine le scippano l'Album of the Year, che è il premio più ambito, perché quell'italoamericana ex punkettina che adesso rifà in salsa dance il glam rock di Bowie & C. è trooooppo di tendenza per questi Grammy Awards: così sul podio finisce la già premiata (2008) Taylor Swift, suo il miglior disco dell'anno, "Fearless", che è pure miglior disco country, a dispetto dell'esibizione live lì in tv, in coppia con Stevie Nicks, l'ex Fleetwood Mac, praticamente disastrosa, una stecca dopo l'altra. Ma che importa? Questa è la festa della musica Usa, ci sono premi per tutti, più di 50 categorie, ha sfiorato il successo perfino la brava Roberta Gambarini, italiana d'America che nella categoria Jazz Vocal Album sfidava stelle del calibro di Joe Sample e Randy Crawford, che fanno coppia dai tempi mitici di "Street Life", più di trent'anni fa. Lo show must go on perché cosi vuole la Cbs, che distribuisce la festa in diretta, interrompendola qui e là con gli strilli del telegiornale che promette rivelazioni sulla mamma coraggio dell'incendio-strage di Brooklyn. Tutto quanto fa spettacolo: anche Beyoncé, ci mancherebbe, l'ex Destiny's Child che ha una decina di nomination e porta a casa sei premi (su dieci nomination) la miglior performance vocale femminile per "Halo", salutata dagli applausi del pubblico che è sembrato più colpita in verità per il suo show in passerella col marito rapper e producer Jay Z, accompagnata dal nipotino, il figlio della sorella (ed ex collega di band) Solange. E' l'America che tiene famiglia, l'America che si commuove quando sul palco arrivano i figli di Michael Jackson, Paris e Prince, con i poveri bimbi circondati dai famelici zii, e il piccolo erede costretto a improvvisare un discorso sul papà che forse voi non lo sapevate ma il suo amore più grande è stata l'ecologia, e quindi chissà quanto avrebbe apprezzato questo nuovo video con la canzone "Earth Song" realizzata in 3D, in fondo è la moda del momento, "ciao papà, ti vogliamo bene", dice il piccolino, mentre Jennifer Hudson, Celine Dion, Usher e Smokey Robinson si esibiscono nel tributo al re del pop che non c'è più. Aridatece Sanremo. Almeno lì non c'è neppure la possibilità (si spera) di incrociare lo sguardo triste di Eminem che torna sul palco come il Buffalo Bill del rap per farsi incornare non diciamo dal più incalzante Lil Wayne ma perfino dal giovane Drake finora a noi sconosciutissimo ma qui già fenomeno. E se perfino un ex divo del rock come Jeff Beck si improvvisa chitarrista lounge per omaggiare il defunto Les Paul non meraviglia più di tanto quel dissacratore di Quentin Tarantino improvvisatosi bravo presentatore. Grande gag, da vero "basterd". Uno dei pochi momenti di luce assieme al blitz dei Kings of Leon ("Use Somebody" miglior rock performace e disco dell'anno) che salgono sul palco e almeno hanno il coraggio di dire che hanno alzato il gomito. "Non dirò bugie: siamo un pochino ma felicimenti ubriachi" dice Caleb Followill, il leader. Vivaddio. Son quelli sobri che qui fanno paura.

FONTE: Angelo Aquaro (repubblica.it)