lunedì 5 dicembre 2011

Sutherland, se bruciasse la città

Nei suoi disegni racconta Londra e le devastazioni della guerra

Quando, nell’agosto 1940, Graham Sutherland (Londra 1903- 1980) viene nominato «pittore di guerra», non sa cosa lo aspetta. Allora si usava ancora inviare gli artisti a disegnare luoghi e fatti bellici: un mestiere che oggi sembra preistorico (ve lo immaginate un signore col taccuino che sta lì a far schizzi a Sarajevo o a Tikrit?), ma che, quando i disegnatori si chiamavano Sutherland o Henry Moore come capitava in Inghilterra, poteva ispirare anche qualche capolavoro. E comunque nasceva da un'idea dell'arte meno salottiera e mercantile di quella che spesso abbiamo oggi.

Quando Sutherland accetta l'incarico e viene mandato nel Galles, però, per lui si tratta di un mestiere come un altro. Ha perso da poco un posto di insegnante e ha bisogno di lavorare. I disegni di guerra, pensa, non c’entrano con la sua ricerca pittorica che ha per tema la natura, anzi il mistero della natura. La città, poi, non l’ha mai interessato, quindi (lo confessa lui stesso) disegnerà «con precisione» quel che vede e basta. Quando invece arriva a Londra, che da settembre verrà bombardata per otto mesi senza sosta, le cose cambiano. E come cambiano ce lo racconta una mostra bella e terribile, curata alla Permanente di Milano da Rachele Ferrario e Alberto Ghinzani, che raccoglie una quarantina di carte realizzate nel 1940-1945, accompagnate da fotografie dell'epoca.

Il fatto è che davanti alla città devastata, alle case in fiamme che bruciano per ore, ai pavimenti crollati, alle finestre senza vetri che gli sembrano volti a cui abbiano cavato gli occhi, Sutherland capisce che anche la guerra è un mistero e la devastazione è come una forza della natura. Incomprensibile. Devastation si intitolano appunto molte sue carte, virate su un giallo infetto che si accende improvvisamente nel gorgo dei neri fumosi, dei grigi sofferenti, dei bianchi ghiacciati e sporchi. Al diavolo la documentazione, pensa Sutherland. Ora non cerca più di disegnare «con precisione» e, pur conservando il ricordo di quello che vede (le case, gli incendi, le esplosioni), asseconda la sua vena surreale.

Perché c’è più surrealismo in quella realtà che in tutte le opere di Breton e compagni. Il ferro fuso dai bombardamenti sembra un fiume limaccioso, le travi dei tetti scoperchiati si intrecciano come fili di mostruose ragnatele, una macelleria colpita dà la nausea come se avesse contenuto carne umana. Se Gadda, a chi lo accusava di essere barocco, replicava: «Barocco non sono io, è la vita», Sutherland avrebbe potuto dire: «Surreale non sono io, è la guerra». Del resto in queste carte non è più un artista di guerra. È, semplicemente, un artista.

GRAHAM SUTHERLAND (1903-1980)
DISEGNI DALLA CITTÀ IN FIAMME
MILANO, MUSEO DELLA PERMANENTE
FINO ALL’8 GENNAIO 2012

FONTE: Elena Pontiggia (lastampa.it)

Nessun commento:

Posta un commento