lunedì 24 ottobre 2011

Rodcenko, al Palazzo delle Esposizioni un uomo per tutte le avanguardie

Infiamma ancora gli animi l’urlo di Rodcenko. Eclettico, sconfinato, Aleksandr il grande, primo artista multimediale della storia. «Il nostro dovere è quello di sperimentare» fu lo slogan che accese il fuoco dei suoi talenti. Pittura, design, teatro, cinema, giornalismo, tipografia e soprattutto fotografia. 

Sostiene Olga Sviblova, direttore della Casa della Fotografia di Mosca e carismatica curatrice della grande retrospettiva sul maestro dell’avanguardia russa del ’900 al Palazzo delle Esposizioni, da domani fino all’8 gennaio: «Rodcenko è stato un rivoluzionario dal quale abbiamo ancora molto da imparare. Ha creato, con la sua opera eccitante e dinamica, qualcosa che ha cambiato il nostro modo di pensare, non solo nella fotografia e in tutte le arti: in un decennio, dal magico 1924 alla metà degli anni 30, ha cambiato la nostra visione della vita, della società, della natura. Le sue immagini sono diventate le icone di un’epoca».

E che icone. I ritratti tramandati all’eternità di Majakovskij, della sirena Lilja Brik, della ridente Regina Lemberg, della moglie Varvara Stepanova. I celebri tagli diagonali (Gradinata del ’29), le vertiginose inquadrature verticali (Scala antincendio del ’25), la stupefacente asimmetria di Tuffatore del ’34, l’uso dello scorcio e molte altre invenzioni anticlassiche che introdussero i principi del costruttivismo nella fotografia. Insomma, il «metodo Rodcenko», che il regime sovietico gli rivoltò contro come un’arma letale per affermare il realismo socialista.

Si fanno ammirare oltre 350 immagini, tantissimi i capolavori. «E’ la prima volta», sottolinea il professor Emmanuele Emanuele, presidente di Palaexpo, promotore della rassegna con il Ministero della cultura della Federazione russa e l’Assessorato alla cultura del Comune, «che in Italia si mostra nella sua totalità e varietà il lavoro di questo straordinario e poliedrico artista».


«Fu un pioniere geniale», dice Olga Sviblova. «Avviò un dialogo tra cinema e fotografia collaborando con Eisenstein e Dziga Vertov. Fece scuola con i suoi fotomontaggi che, per lui, erano un mezzo ideale per interpretare la complessità del reale». Sì, un Maestro che lo stalinismo non poteva tollerare. Fu emarginato, poi perseguitato fino all’indigenza e alla morte nel ’56. Capita ai geni.


Aleksandr Rodcenkoa cura di Olga Sviblova
(fino all’8 gennaio)

Palazzo delle Esposizioni
Via Milano 9 A
Roma 

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