sabato 8 ottobre 2011

Rette, colori e geometrie al Vittoriano c'è Mondrian


Il Complesso del Vittoriano celebra la  parabola creativa del grande olandese, dal realismo alla svolta astratta. Non è un'antologica esaustiva, ma svela l'inaspettata passione per il jazz e il ballo


Ascoltare jazz e ballare al ritmo di questa musica nelle ronde notturne dei club di una movida da belle époque. Era l'hobby preferito di Piet Mondrian. E' vero che la storia della critica ci ha consegnato un artista serio e dedito alla sua arte con profonda vocazione, ma basta con l'immagine di un artista monaco asceta lontano dalla vita. "Mondrian non era affatto un olandese rigido e privo di fascino, era invece un artista che sapeva godere dei piaceri della vita", avverte Benno Tempel, direttore del Gemeentemuseum de L'Aia e curatore della mostra "Mondrian. L'armonia perfetta", in scena al Complesso del Vittoriano dall'8 ottobre al 29 gennaio di cui il museo olandese è il principale prestatore. Se c'è una qualità in questa esposizione capitolina, non completa e tratti lacunosa, è quella di aver svelato quest'indole poco nota del genio olandese, ponendo l'accento su un'insospettabile vitalità, vagheggiando corrispondenze tra la musica e la modernità della sua arte, anche attraverso un'inedita installazione musicale curata da Claudio Strinati. 

A distanza di cinquantacinque anni dall'ultima memorabile rassegna su Mondrian a Roma, che si tenne alla Gnam sotto l'egida di Palma Bucarelli, le aspettative su questo ritorno non potevano che essere altissime. E sono soddisfatte solo a metà. L'esposizione del Vittoriano ha un'aspirazione antologica ma manca di opere capitali. Ha il pregio indubbio di ripercorrere l'evoluzione della pittura del genio olandese (1872-1944), dai paesaggi realistici, alla fase simbolista e luminista sotto l'influenza della teosofia, dove si scorge una spiccata ricerca nella tecnica del puntinismo, all'aspirazione cubista, fino al trionfo del suo "De Stijl" e alle scacchiere "neoplastiche" di rossi, gialli e blu. Ma risolve questa parabola in modo sintetico, senza garantire una qualità uniforme delle opere. 

La sala del Neoplasticismo ne è un esempio. Dovrebbe rappresentare il momento clou della mostra, e invece propone solo dodici tele di Mondrian. Più suggestiva è la sezione dei paesaggi di ispirazione simbolista, dettati dallo studio della teosofia, dove Mondrian lascia intuire un processo sofisticato di semplificazione dell'ossatura dell'immagine, cominciando a ragionare per forze orizzontali e verticali. E splendidi appaiono i grandi carboncini e pastelli dedicati allo studio magistrale delle silhouette degli alberi, che prefigurano la rivoluzione astratta delle sue composizioni. Valgono tutta la mostra. Il percorso, poi, si gioca la carta del confronto con altri artisti colleghi di Mondrian per raccontarne l'evoluzione, riempiendo le sale."Quella di Mondrian è la carriera di un artista non convenzionale - racconta Benno Temple - Nessuno come lui ha avuto gli stessi sviluppi. Guardando all'evoluzione di Mondrian si può cogliere l'evoluzione dell'arte dal XIX al XX secolo. La qualità del suo lavoro è costante, sin dal'inizio mostra un talento che sarà mantenuto intatto per tutta la carriera. Parte come paesaggista, seguendo la pittura dell'epoca". E l'armonia perfetta comincia a definirsi quando si avvicina alle teorie teosofiche. "Una delle prime cose che imparò dalla teosofia - dice Temple - è che nella natura esiste una lotta tra forze orizzontali e verticali. Sin dai lavori ancora realistici spiccano già queste presenze del verticale e dell'orizzontale. Ad esempio, le dune diventano elementi orizzontali, e i fari o le facciate delle chiese, gli elementi verticali. Distruggere per la teosofia è un processo positivo perché conduce alla novità". 

Uno dei momenti più importanti nella vita di Mondrian fu nel 1911 quando venne organizzata una sua mostra ad Amsterdam. "La sua aspirazione era di diventare l'artista olandese più moderno - dice Temple - Dipingeva forme spigolose con linee rette convinto che fosse uno stile affine al cubismo. Ma quando vide in mostra lavori di Picasso e Braque, capì che non avrebbe potuto ma diventare quell'artista moderno che desiderava se fosse rimasto in Olanda. Compi un gesto coraggioso: aveva 40 anni, era famoso e fidanzato. Lasciò tutto per andare a Parigi per ridiventare un artista poco conosciuto. Quindi cominciò a studiare e a dipingere opere cubiste. E andò oltre, iniziò a fare qualcosa che neanche Picasso aveva fatto, fondendo primo piano e sfondo e trasformando la superfixie del quadro in un complesso dinamico". Prima dello scoppio della grande Guerra tornò in Olanda e continuò a progredire, fondando "De Stijl", un movimento che cercava un nuovo stile per un nuovo futuro. Quando torno a Parigi alla fine della guerra, scoprì di essere un passo avanti a tutti gli altri, compreso Picasso. Il suo atelier a Parigi in Rue du Départ 26 testimonierà la sua modernità: aveva dipinto i muri con i suoi tipici quadrati, aveva appeso quadri e tanti specchi che conferivano un effetto tridimensionale, sembrava di entrare in un suo dipinto. All'avvento del nazismo, lasciò l'Europa e si stabilì a New York, e qui la sua passione per il jazz ebbe di che nutrirsi a sazietà.

Notizie utili - "Mondrian. L'armonia perfetta", dall'8 ottobre al 29 gennaio 2012, Complesso del Vittoriano, via di San Pietro in Carcere. RomaOrari: lunedì-giovedì 9:30-19:30, venerdì e sabato 9:30-23:30, domenica 9:30-20:30.
Ingresso: intero €12, ridotto €8,50.
Informazioni: 06-6780664.
Catalogo: Skira



FONTE: Laura Larcan (repubblica.it)

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