mercoledì 3 ottobre 2012

Ecco la "Sistina del Foro Romano". Porte aperte a Santa Maria Antiqua



Fino al 4 novembre la Soprintendenza ai beni archeologici di Roma apre il cantiere di restauro della chiesa capolavoro assoluto di arte bizantina. Con visite guidate speciali vengono anticipati al pubblico i risultati dei lavori che hanno riportato all'antico splendore 250 metri quadrati di pitture


"Più di qualunque altra vestigia, la chiesa racconta il passaggio dalla Roma imperiale all'epoca cristiana e il dialogo con Bisanzio. Un'evoluzione che porta dritto fino a Giotto". E' questa l'importanza di Santa Maria Antiqua al Foro romano, come racconta la Soprintendente ai beni archeologici di Roma Mariarosaria Barbera. Un capolavoro assoluto con i suoi 250 metri quadrati di affreschi databili dal VI all'VIII secolo a inanellare storie di Santi e della Bibbia - che fanno del monumento la Cappella Sistina del Medioevo - che riapre al pubblico dopo otto anni di restauro con speciali visite guidate al cantiere. 

Fino al 4 novembre, su prenotazione, sarà possibile accedere al monumento per gruppi di massimo 25 persone ciascuno. Ogni giorno, dal lunedì al venerdì (9:30-14), sono previsti dieci gruppi che possono rimanere all'interno della chiesa per 45 minuti. Un'apertura straordinaria di due mesi al cantiere di restauro, fortemente voluta dalla Soprintendenza ai beni archeologici, che permette di ammirare i meravigliosi cicli pittorici prima dell'ufficiale inaugurazione prevista alla fine del 2013. "Le storie dei santi e della Bibbia nella cappella di Teodato, nelle navate, sulle colonne e nell'abside della chiesa, dove si sovrappongono ben tre diversi affreschi - sottolinea la Barbera - permettono di cogliere i mutamenti dell'arte bizantina, che, nei secoli, si differenzia per gli atteggiamenti, le linee di contorno, l'umanità delle figure e il movimento". 

Le pitture di Santa Maria Antiqua, infatti, vanno interpretate come testimonianze uniche, a Roma e nel mondo, per la conoscenza dello sviluppo dell'arte altomedievale e bizantina. Infatti, quasi la totalità del patrimonio pittorico coevo, esistente nell'Impero Bizantino, andò distrutto durante l'Iconoclastia dell'VIII secolo. Ma è anche un gioiello dalla salute precaria per le difficoltose condizioni conservative, che ha sofferto per le infiltrazioni d'acqua e l'alta umidità, dettate anche dalla singolare storia che l'ha vista protagonista. 

FONTE: Laura Larcan (repubblica.it)

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