martedì 16 ottobre 2012

Canottieri, finestre e forchettoni. A Venezia l'universo Capogossi



La Guggenheim Collection celebra il pittore romano protagonista della stagione informale. Oltre 70 opere ripercorrono tutta la parabola artistica, dal tonalismo figurativo all'astratto, con opere inedite e raramente esposte


VENEZIA - Giuseppe Capogrossi conquista subito l'immaginario collettivo come artista "del segno". Delle "superfici", per usare il suo termine scientifico, ma anche dei "forchettoni" e dei "pettini" che più "volgarmente" hanno apostrofato i suoi capolavori. Protagonista monumentale della stagione informale (a braccetto con i "tagli" di Fontana e i "sacchi" di Burri), il romano Capogrossi (1900-1972) ha però tutta una corposa parabola figurativa precedente e preparatorio alla svolta astratta, alimentata dagli anni '30 alla fine dei '40 (galeotto anche un viaggio a Parigi) da una sua personale ricerca nel tonalismo pittorico, molto vicino al figurativismo della Scuola Romana. Per restituire una visione profonda del talento di Capogrossi, entrambe le maniere pittoriche devono essere analizzate.

Ed è il percorso che offre la mostra "Capogrossi. Una retrospettiva", fino al 10 febbraio alla Peggy Guggenheim Collection con la sagace cura scientifica di Luca Massimo Barbero, realizzata in collaborazione con la Fondazione Archivio Capogrossi di Roma. Alla base della rassegna c'è una lunga ricerca in collezioni private e istituzioni museali (Centre Pompidou di Parigi, la Gnam di Roma, da cui proviene un significativo nucleo di opere, il Mart di Rovereto, la Gam di Torino, oltre al Guggenheim di New York) per mettere insieme un repertorio di oltre settanta opere tra dipinti e lavori su carta. Il risultato è un fine lavoro di ricostruzione della carriera di Capogrossi. Anno chiave, il 1933 quando il pittore partecipa, insieme a Corrado Cagli ed Emanuele Cavalli, alla stesura del "Manifesto del primordialismo plastico". 
 
Quasi un prologo alla sua produzione. Al '33 si riferiscono capolavori figurativi come I canottieri, Il temporale, La piena sul Tevere e L’Annunciazione. Quest'ultima grande tela, conservata al Pompidou, ritorna per la prima volta in Italia, dopo essere stata esposto a Parigi nel 1933 e in quell'occasione donata dal governo italiano al museo Jeu de Paume (acquisita dalle collezioni statali francesi). Lavori, questi, dove si respira, per dirla con Luca Massimo Barbero "un’atmosfera mistica e atemporale". Una vera chicca, poi, è la serie di Studi per finestre (1948-’49), rarissime prove pittoriche, esposte per la prima volta, che lasciano decifrare quelle gustose fasi sperimentali di transizione dalle forme naturali alla sintesi. Un cambiamento in atto che come un fantasma aleggia anche nel dipinto Le due chitarre (1948, Gnam di Roma). Gradualmente, e non inaspettatamente, ecco che si entra nella dimensione astratta più riconoscibile di Capogrossi, quando l'aura simbolista echeggia più vivida, come nelle Superficie 011 e Superficie 016 (soggiorno viennese del '49). Il "caso Capogrossi", come venne definito dalla critica dell'epoca, scoppia con la serie in bianco e nero, tra cui Superficie 021 (1949) e Superficie 678 (Cartagine, 1950), dove compare il suo segno universale, l'elemento "lunato dentato - come dice Barbero - articolato nello spazio talvolta in segmenti a catena, talvolta in macro-segni costituiti dal colore". Dal '51 in poi il segno di Capogrossi acquista una sua personalità strutturata, si dispone secondo ritmi accelerati, occupa la tela con sequenze dinamiche, si anima di cromatismi variegati, muta di dimensione e fluttua secondo giochi di incastri. Come ad orchestrare primitivi simboli o scritture generate da civiltà aliene. Sfilano tele presentate alla storica Biennale di Venezia del 1954, a opere come Superficie 28 (già Superficie 25), appartenuta al gallerista Leo Castelli, fino al monumentale ovale di 3 metri, Superficie 385 (1960), concepito per la turbonave Leonardo Da Vinci. Altro gioiellino, i rilievi e monocromi bianchi, quasi sconosciuti al grande pubblico.

Notizie utili
 - "Capogrossi. Una retrospettiva", dal 29 settembre al 10 febbraio 2013, Peggy Guggenheim Collection, Palazzo Venier dei Leoni, Dorsoduro 701, Venezia
Orari: 10.00 – 18.00, chiuso il martedì
Ingresso: intero €12, ridotto €10 (studenti €7)
Informazioni: 041.2405440
Catalogo: Marsilio Editori

FONTE: Laura Larcan (repubblica.it)

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