mercoledì 20 aprile 2011

Quei potenti ridotti a ortaggi a Milano (quasi) tutto Arcimboldo

La vastissima fama inversamente proporzionata al raro catalogo che per l'80 per cento è esposto a Milano. L'imperatore Rodolfo ritratto come il dio "Vertunno", ma fatto di verdure e frutta. Le "Teste reversibili" anticipano la natura morta. Al Louvre, dopo la "Gioconda", il pubblico cerca le sue "Quattro stagioni". Caravaggio non può non aver visto a Milano quegli straordinari esempi "cavati dal naturale"


Giuseppe Arcimboldo o Arcimboldi (1526-1593). In ogni caso sempre con quell'"Arci" che è come predestinazione di una arci-pittura, eccessiva, anche inquietante. Quanti Arcimboldo scopriamo in questa mostra a Milano, Palazzo Reale, "Arcimboldo. Artista milanese tra Leonardo e Caravaggio" (fino al 22 maggio), insieme all'artista che è nella testa della gente, al montatore-compositore di umane o mitiche sembianze con frutta, ortaggi, fiori, tronchi e rami, foglie, ghiande, steli di grano, pesci, funghi (larghi, per i cappelli). Le celeberrime "Teste composte", le "Teste reversibili" (ceste di frutta o verdura che rovesciate, rivelano teste ridicole), le "Stagioni" e gli "Elementi".  Nell'"Acqua" sono state classificate 61 specie di animali e 81 di fiori e foglie nella "Primavera". Affascinanti e inquietanti: un cetriolo deforme, una zucca piena di protuberanze, un cefalo possono essere parte di un volto umano. E Gombrich ricorda che nel 1937 "i surrealisti, oltre ad ammirare Bosh, eressero uno speciale piedistallo per Arcimboldi". E così i dadaisti. Neanche Philip Haas (1954) si è liberato dello spirito di Arcimboldo come dimostra  nella piazzetta Reale il suo "Winter" in fibra di vetro pigmentata e dipinta, alto 4,27 metri.

Sublimazione della pittura di Arcimboldo nei due aspetti: quello artificioso e inventivo ("invenzioni e capricci né quale egli è unico al mondo") e  il fortissimo legame con la realtà, l'imitazione basata su di un naturalismo "minuzioso". In tavolette per godimenti privati. C'è l'autore, poco più che ventenne, dei cartoni per le vetrate del duomo di Milano; per il gonfalone della città di Milano; come autore con Giuseppe Lomazzo dell'affresco in San Giovanni Battista a Monza; per arazzi. L'impeccabile illustratore naturalista di animali e uccelli, piante e fiori, tanto che il grande Ulisse Aldrovandi, naturalista e medico, ne utilizza i disegni nei volumi scientifici. Regista e "fabricator" di feste imperiali, di cortei, tornei, creatore di costumi e maschere coi quali partecipa ai cortei (dai quali apprendiamo che è un uomo alto), che trasforma cavalli in draghi e utilizza elefanti. Progettista di una fontana rotonda per un parco viennese non compiuto. Progettista di slitte dalla decorazione più sbrigliata, a forma di conchiglia, "intrecciate di verdure e rami in infinite forme".
Un Arcimboldo anche "oculato stratega" della propria carriera quando commissiona allo storico milanese Paolo Morigia una falsa genealogia e "arruola" un giovanissimo letterato, Giovan Battista Fonteo (o Fontana), per celebrare le proprie creazioni "all'internodi un programma allegorico" che esalti l'imperatore degli Asburgo. Quando, nell'autunno 1587, torna a Milano dalla corte di Vienna e poi di Praga, e agli amici letterati e pittori narra di quegli anni "straordinari", i rapporti privilegiati di vera amicizia con i due imperatori, Massimiliano II a Vienna, Rodolfo II a Praga.  

C'è una data di svolta nella vita di Arcimboldo. Il 1562 quando viene chiamato a Vienna da Massimiliano, figlio dell'imperatore Ferdinando I, come artista di corte. Ma questa chiamata è anche un "rebus" come lo chiama Silvya Ferino-Pagden, direttore delle gallerie d'arte del Kunsthistorisches Museum di Vienna, che ha curato mostra e catalogo Skira. Non si trova quel "grido della sua fama" che avrebbe solleticato Massimiliano a chiamare Arcimboldo. Ma ecco, che nella mostra, Francesco Porzio presenta, come "novità assoluta, sulla base di analisi acutissime", tre tavolette che farebbero risuonare potente "quel grido". Sono "Inverno", "Primavera", "Estate", della Pinacoteca di Monaco e custodite in un castello della Baviera "autografe" di Arcimboldo e "precedenti" alle prime "Stagioni" dipinte per Massimiliano nel 1563. 
Le "Teste composte" sarebbero quindi nate a Milano. A Vienna Arcimboldo avrebbe ripetuto le "Stagioni" in "forma più elegante" e arricchite con gli "Elementi" "creati apposta per Massimiliano.
"E' un fatto - riferisce Silvya Ferino-Pagden -, che la monografica di Arcimboldo a Vienna-Parigi nel 2007-2008, ha risollevato un tale interesse su Arcimboldo che i curatori del Louvre classificano l'attenzione del pubblico sulle "Quattro stagioni" (le versioni possedute dal museo) al "secondo posto dopo la 'Gioconda'". Le "Stagioni" del Louvre sono in mostra. Dell'"Autunno", che ha un manto formato dalle doghe di una botte e incoronato di pampini e grappoli d'uva, non fatevi sfuggire  la zucca dalla quale non ha fatto in tempo a mettersi in salvo una lumachina.

FONTE: Goffredo Silvestri (repubblica.it)

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