venerdì 8 aprile 2011

Quei capolavori che il Reich detestava A Roma le avanguadie dello Städel

Al Palazzo delle Esposizioni arrivano le cento opere del museo di Francoforte, da Monet a Picasso. Con il ricordo del "Dr. Gachet" di Van Gogh sequestrato dai nazisti


"Quando il falegname coprì la tela con l'incerata, gli occhi azzurri di Gachet mi fissarono con rimprovero". E' il triste ricordo di Oswald Goetz, l'assistente di Georg Swarzenski, direttore dello Städel Museum di Francoforte nella Germania di Hitler. In quel '37, quando il nazismo bandì le avanguardie come arte degenerata, Hermann Goering dava l'ordine di sequestrare l'inutile "Ritratto del Dr. Gachet" la prima versione dipinta da Van Gogh qualche tempo prima del suicidio, per venderlo e ricomprare arazzi e opere antiche. Quegli "occhi azzurri di rimprovero", sono solo uno dei tanti capitoli che costruiscono la storia dello Städel Museum, originato dalla collezione privata del mercante e banchiere Johan Friederich Städel, che per la prima volta porta fuori confine alcune sue perle in occasione della grande ristrutturazione che lo vedrà riaprire rinnovato nel febbraio del prossimo anno. 


"100 capolavori dello Städel Musem di Francoforte" è la mostra che si apre dal 1 aprile al 17 luglio al Palazzo delle Esposizioni sotto la cura di Felix Krämer, che dal classicismo tedesco dei Nazareni del primo Ottocento, attraversano lo "scandalo" del realismo, la poesia visionaria del simbolismo, l'esplosione dei colori impressionisti, l'emotività espressionista, l'assolo duro e drammatico di Max Beckmann, protagonista della Nuova Oggettività tedesca, cui è dedicata un'intera sala, fino alla frontiera estrema del cubismo e dell'astrattismo. 

Basti solo pensare che il percorso inizia con il ritratto di "Goethe nella campagna romana" di Tischbein, immagine-icona del mito del Grand Tour d'Italia: "E'l'opera più citata in Germania e ricollegata allo scrittore  -  racconta Krämer - è particolarmente legato a Roma perché raccoglie tutte le suggestioni che Goethe ha avuto da questa città. In visita al museo, Andy Warhol volle vedere solo quest'opera, che riprodusse nel suo stile. C'è una copia nella Casa di Goethe a Roma. In entrambe Goethe ha due piedi sinistri, ma non siamo riusciti a spiegarne il motivo". 

Il percorso si chiude col "Ritratto di Fernande Olivier" di Pablo Picasso, esempio potente della rivoluzione cubista, acquistato dal museo nel 1967, perché rappresentasse la rivincita sul perduto Van Gogh. Quello del Dr. Gachet, infatti, rimane un mistero insoluto, come racconta il direttore del Palaexpo Mario De Simoni: "Dopo che Goering la vendette, l'opera volò in America con un proprietario ebreo che la fece esporre a lungo al Metropolitan. Dopo la morte anche della moglie, l'opera fu venduta ad un miliardario giapponese per 86,5 milioni di dollari, prezzo che è rimasto record per quattordici anni. Alla sua morte è stato probabilmente venduto anche se lui aveva espresso il desiderio che l'opera venisse cremata con lui. Fatto sta che è sparito nel nulla". 

E lungo sette sale viene declinata una parabola della storia dell'arte tra Ottocento e Novecento. La "Veduta del Duomo di Francoforte" di Courbet, realizzato nei suoi soggiorni on Germania, quando già era noto come l'artista dello scandalo per il suo feroce realismo. I paesaggi di Corot, e il grande "Frutteto" di Daubigny, una delle ultime opere dell'artista. Redon, Böcklin, Von Stuck, intrigano e inquietano. Le colazioni di Monet e Renoir e le strade di Cézanne e Van Gogh. E il "Ritratto delle ballerine" di Degas, dalla singolare evoluzione pittorica: a metà si coglie una linea che divide la scena dell'opera tra orchestrali e ballerine. La parte superiore è un tratteggio di tonalità brillanti e cangianti argentee e corallo, mentre quella inferiore, di taglio fortemente fotografico con i profili in primissimo piano, è dominata dai colori scuri. 

E Max Beckmann, che ha un'intera sala con dieci opere: "Curiosa la storia del 'Doppio ritratto di donne', a destra l'ex moglie del direttore del museo, a sinistra l'amante, ognuna ritratta all'insaputa dell'altra. Quando dicono che i tedeschi non hanno senso dell'umorismo, non conoscono Beckmann. Il quadro donato dall'artista, per ovvi motivi, è rimasto chiuso nei depositi finché il direttore non è morto, perché la moglie non sapeva della relazione". Un paesaggio raramente "civilizzato" di Rousseau il Doganiere, e le maschere di Ensor, Matisse e Nolde. "Lo Städel non è un museo fondato dall'aristocrazia o dalla chiesa, ma è la più antica istituzione borghese della Germania - racconta il direttore Max Hollein - Creato dai cittadini grazie a donazioni. L'idea della collezione ha puntato sulla qualità, e sempre con opere espressione delle correnti di ogni epoca".

Notizie utili - "100 capolavori dello Stadel Musem di Francoforte", dal 1 aprile al 17 luglio 2011, Palazzo delle Esposizioni, via Nazionale 194. Roma
Orari: domenica, martedì, mercoledì, gioveì 10-20, venerdì-sabto 10-22:30.
Ingresso: intero €12, ridotto €10.
Informazioni: 0639967500
Catalogo: Giunti

FONTE: Laura Larcan (repubblica.it)

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