giovedì 28 aprile 2011

Colori da favola per narrare le tragedie

I lavori a doppio senso di Hillary Pecis, l’artista che fruga sul web


Sono immagini dai colori luccicanti, quasi da illustrazione di libri per bambini. Ma la favola che raccontano è brutta e cattiva. Ed è rivolta a tutti noi, il «gregge confuso» di cui parlava John Milton, assediato da cacofonia di eventi, bizzarria di accostamenti, disorientamento da troppa informazione che diventa disinformazione. La prima personale italiana di Hilary Pecis alla Galleria Glance (fino al 14 maggio)è l’allegoria del pulviscolo di comunicazione dove si agita e si disperde l’attuale mondo: il titolo, «Mezze verità e complete menzogne» prende spunto da un’affermazione di David Carr, giornalista del New York Times, a proposito della comunicazione diffusa attraverso i nuovi media: «Essi diventano un non-luogo in cui una massa di persone dialogano tra loro senza aver letto nulla, senza sapere di cosa stanno parlando in realtà, ma forti del fatto d’aver letto qualcosa che qualcuno ha scritto senza, a sua volta, averlo letto». Un meta-mondo che, a poco a poco, sembra scivolare verso un’allucinazione collettiva. 

La californiana Pecis si fa interprete di questa deriva frugando il web e ricercando immagini, spesso attribuibili a fotografi inesperti, per costruire i suoi collages-denuncia: opere dove anche il (falso) candore e la (falsa) dolcezza si mescolano in modo surreale ad aspetti crudi e disorientanti, dove - come in «Mountain 2» - catene montuose con vette incollate digitalmente raccontano un paesaggio apparentemente plausibile, ma impossibile nella realtà. Così come in «Boom», dove le rose di fuoco d’una raffica di esplosioni possono sembrare allegria pirotecnica o tragedia di bombardamento. 

L’artista interpreta nei suoi lavori la metafora di quel mondo in cui noi, cittadini «docili», collezioniamo e cataloghiamo immagini e informazioni senza distinguere le vere dalle verosimili o dalle false, sottraendoci all’analisi, allo sviluppo d’un pensiero critico e accettando, spesso, di barattare la velocità della comunicazione con la sua carenza di attendibilità quando non di etica. 

In «Trouble around the corner», nell’apparente paradiso terrestre simboleggiato da un angolo di bosco, l’osservatore attento coglie, per esempio, l’incongruità di specie floreali senza parentela geografica e, più ancora, il pericolo che aleggia nell’apparenza idilliaca della quiete: il lupo che pare mansueto eppure guarda di sottecchi un capriolo, un cacciatore seminascosto pronto a uccidere entrambi. Sono i veleni del falso venduto come autentico, del cattivo proposto come buono: castelli d’una zuccherosa Disneyland (c’è qualcosa di meno autentico d’un castello costruito in un Parco di divertimenti?) con gatti d’angora e conigli bianchi che non sentono la minaccia dell’irrompere d’un treno pronto a farne strage. Tutto è illusione, tutto è seduzione d’immagini che cambiano significato al contesto in cui sono inserite e di contesto che cambia il significato delle immagini che contiene. E, così, le flotte d’aerei ed elicotteri da incubo di guerra si stagliano contro un cielo azzurro e innocente come quello che incornicia i sogni più belli. 

Galleria Glance 
via San Massimo 45 
Tel. 345/336.4193

FONTE: Renato Rizzo (lastampa.it)

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