lunedì 22 febbraio 2016

L’arte come ricerca mistica: Faig Ahmed

L’artista azero ha realizzato delle opere site specific per il MACRO con un tema curioso: il sufismo

'Points of Perception' è la prima mostra personale italiana presso un museo dell’artista azero Faig Ahmed, ospitata allestita al MACRO di Testaccio fino al 29 marzo 2016. Si tratta di una serie di opere site-specific, che hanno come filo conduttore il sufismo, forma di ricerca mistica che appartiene alla cultura islamica; la mostra è curata da Claudio Libero Pisano, promossa da Roma Capitale - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, dall’Ambasciata della Repubblica dell’Azerbaigian in Italia, e realizzata in collaborazione con la galleria Montoro12 Contemporary Art di Roma.
 Faig Ahmed ha realizzato delle opere che rappresentano la relazione tra coscienza e tutto ciò che c’è al di fuori di essa, intrecciandosi con il filo conduttore del sufismo come ricerca mistica. L’arte è uno strumento per ampliare i sensi, e l’artista sperimenta tecniche diverse collegandole a pratiche mistiche, trovando una sua peculiare soluzione all’interrogativo sulla percezione della verità. I percorsi dell’arte, sin dalle sue forme ancestrali, sono sempre serviti ad indagare il confine tra coscienza e percezione, tra misticismo e realtà, tracciando una sorta di mappa della comprensione umana. L’artista in questo contesto utilizza l’ascetismo Sufi per contrasto, interpretando la realtà nei suoi aspetti più concreti, e utilizzando l’arte come passe-partout per riconnettere passato e presente, tradizione e modernità. Infiniti linguaggi ed infinite tecniche che trovano il modo di mettere in relazione mente e corpo, e le opere che ne nascono condividono con lo spettatore interrogativi, meraviglia e stupore. 
 La mostra è composta da numerose opere, tra cui grandi installazioni, video, e i noti 'carpet works', con i quali l’artista trasforma oggetti dalla tradizione secolare in imponenti opere d’arte contemporanea, creando manufatti che sembrano proiettati nel futuro grazie a un’estetica azzardata e fuori dal tempo, nonostante l’esecuzione fedele ad antichissimi procedimenti. Partendo infatti dal design dei tradizionali tappeti dell'Asia centrale, Ahmed li manomette e li riprogetta in forma digitale sul computer. Il risultato è trasportato su disegni a grandezza naturale, che, come nella realizzazione dei tappeti tradizionali, vengono poi realizzati da artigiani locali su telai tradizionali, dando vita ad oggetti nei quali si è portati a perdersi, dove il segno viene continuamente spostato, pixellato, liquefatto. Al centro della sala, una monumentale installazione che sfida le leggi fisiche e dispone il pavimento tessuto di una moschea in una sorta di onda che travolgere lo spettatore.  

FONTE: lastampa.it 


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