domenica 15 novembre 2015

Tra creatività e lavoro manuale. A Firenze le Mappe ricamate di Boetti

In occasione del Summit Mondiale dei Sindaci, arrivano al Palazzo Vecchio due capolavori dell'artista torinese. Sono esposti nel Salone dei Cinquecento


Kabul, interno giorno, inizi anni Settanta. In un hotel aperto da un artista italiano, Alighiero Boetti (1940-1994), donne afgane passano le giornate a ricamare. Si mescolano i colori, passano i giorni, i fili intrecciati diventano grandi opere tinte. Nascono così le Mappe di Boetti. Due di esse, in questi giorni, sono esposte a Firenze in occasione del Summit Mondiale dei Sindaci, un incontro che ruota intorno al tema "L'unità nella diversità", in corso a Palazzo Vecchio dal 3 all'8 novembre. La coppia di opere di 280x580 centimetri circa rimarrà esposta nel Salone dei Cinquecento fino al 22 novembre. In particolare, le due mappe esposte nel capoluogo fiorentino, si rifanno al passaggio epocale della Perestrojka, al periodo della fine dell'Unione Sovietica e la conseguente nascita della Russia nell'agosto del 1991.

Del resto Boetti è sempre stato una figura dalla biografia eclettica e internazionale, come è ravvisabile pensando a tutte le sue opere d'arte, dai "lavori postali", nati nella sua natìa Torino, passando per Roma e Parigi, per citare solo alcune delle città che sono state mete dei suoi continui spostamenti, coincidendo quasi sempre con varie fasi della sua carriera. Spesso è stata di sottofondo la poetica del viaggio, le coincidenze, il simile e il diverso.

Apparentemente è difficile spiegare come Boetti sia passato dai lavori più concettuali degli inizi, con esordi rintracciabili nell'arte povera, alle opere realizzate con tessuti. Ma già tra le prime mostre, oltre a quella nel gennaio del 1967 con la cura di Germano Celant, nella galleria La Bertesca di Genova, espose alla sua personale d'esordio presso la galleria Christian Stein di Torino, l'opera "Zig Zag", realizzata con una struttura metallica in cui all'interno era posizionato un tessuto a strisce, in modo da provocare un originale effetto ottico. In quel caso, a ricamare furono sempre donne afgane, ma rifugiate in Pakistan: si trattava dell'inizio della serie  di opere "Tutto".

Arte concettuale e arte povera sono solo una delle tante dualità che hanno caratterizzato la vita di Boetti. Il lavoro "manuale" era centrale quanto quello "intellettuale": con le mani si scriveva (opere a biro) ma anche ricamava. Doppio fu, a un certo punto della sua carriera, anche il modo di firmarsi, con o senza "e" tra nome e cognome: Alighiero "e" Boetti. Doppia anche la modalità scelta per i lavori su carta: segno (disegno) e tratto (scrittura). Doppio anche il celebre autoritratto del '68, "Gemelli", in cui due identiche foto dell'artista sono affiancate per apparire in maniera identica (è infatti impercettibile l'unico evento intercorso tra i due diversi scatti, ossia un lavaggio dei capelli) e doppia è anche anche questa esposizione di mappe a Palazzo Vecchio.

La mostra, curata scientificamente da Sergio Risaliti, e? organizzata dal Comune di Firenze (Direzione Musei Civici ed Eventi) in collaborazione con la Fondazione Alighiero e Boetti, l'Archivio Boetti, la galleria Tornabuoni Arte di Firenze e Parigi. Si tratta, come è stato fatto per Jeff Koons, di un nuovo confronto nel capoluogo toscano tra l'arte del passato e quella attuale. Boetti, all'interno di Palazzo Vecchio, affiancherà, infatti, gli Arazzi medicei disegnati da Bronzino e Pontormo, esposti nel Salone dei Duecento e le mappe cinquecentesche del Danti e del Bonsignori conservate nella Sala delle Carte Geografiche o del Mappamondo.
Quelli di Boetti infatti sono proprio arazzi, unici e inimitabili pezzi multiculturali ideati  dall'artista e ricordati anche dal regista parigino Oliver Assayas in uno dei suoi ultimi film, "Qualcosa nell'aria, Apres Mai" (2013). Nella pellicola si vedono dei giovani sessantottini impegnati nella ricerca del loro futuro dopo il liceo: parlano proprio di Alighiero Boetti come esempio da seguire. L'artista, e i suoi viaggi in Afganistan per la creazione degli arazzi dagli anni Settanta ad oggi, sono ancora considerati capolavori e punti di riferimento per l'arte e non solo e la scelta fiorentina di questi giorni ne è una testimonianza.

FONTE: Valentina Bernabei (repubblica.it)

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