lunedì 22 agosto 2011

Ammannati il genio delle fontane medicee


La sua fama fu oscurata dal contemporaneo Vasari. Ma i suoi lavori colpiscono per la straordinaria tecnica

Fidia novello» lo definisce l’amata moglie, la poetessa urbinate Laura Battiferri, immortalata dal Bronzino nel celebre ritratto che compare alle pareti del Bargello. Ancora, il non troppo tenero Giorgio Vasari, l’amico con cui lavorò a Roma e Firenze, in un sonetto declama: «Quella man che col ferro a i duri sassi dà forma spirto..» è capace di rendere in marmo «arte e natura in stil perfetto». Era questi Bartolomeo Ammannati, scultore eccellente e architetto, nato a Settignano nel 1511, formatosi a Firenze (vi scomparve nel 1592) con Baccio Bandinelli e Giovanni Angelo Montorsoli; assai noto al tempo, la sua fama è oscurata nei secoli dal Vasari, pittore, scultore, architetto, biografo delle arti, come precisa Cristina Acidini nell’introduzione al catalogo (ed. Giunti). 

Cadono quest’anno i 500 anni dalla nascita di entrambi, se gli Uffizi festeggiano con clamore l’aretino, il Bargello, squisito museo di scultura rinascimentale, celebra l’Ammannati con una raffinata, quanto preziosa mostra, per le cure di Beatrice Paolozzi Strozzi e Dimitrios Zikos (in collaborazione della Facoltà di Architettura di Firenze) densa di novità, attribuzioni e dall’indubbio pregio di ricreare il clima in cui lo scultore si formò e operò all’interno del granducato mediceo. La rassegna esplora l’autore di tante splendide fontane che abbellirono Firenze come i giardini voluti da Cosimo I, anche per illustrarne la politica di valorizzazione estetica dell’acqua e l’innovazione tecnica. A ciò allude il titolo «L’acqua, la pietra, il fuoco».

Ancora oggi nessuno attraversa Piazza della Signoria senza ammirare il colossale Nettuno che fra Titoni e Nereidi si impone per il candore (il cosiddetto «Biancone»), l’incantevole scenografia, il magistrale uso dei materiali (soprattutto il bronzo dei Fauni), la cura dei dettagli. Nel '500 la piazza divenne teatro di gara per artisti «moderni»; sicché le voci della memoria si uniscono al presente per raccontare l’avventura della fontana, a partire dal concorso, con disegni, modelli, documenti, motivi, repertori del passato, se non le altrui proposte come il progetto e bronzetto di Baccio Bandinelli.

All’entrata della due sale si impone lo svettante Ercole e Anteo, gruppo bronzeo in origine al culmine della fontana nella Villa di Castello (ora sostituito da copia), a lato figurano Pavone e Gallo, due bronzi ideati per la grotta nel giardino della medesima Villa medicea, come illustra una tempera di Giulio Utens, 1599, con le vedute e le fontane dell'Ammannati e la grotta per custodire gli animali. È poi la volta della giovanile Leda e il cigno, prodigioso gruppo marmoreo che rievoca un dipinto perduto di Michelangelo, a sua volta ispirato a una gemma antica; segue il Mosè, minuscola «copia» del capolavoro di Michelangelo. L’occhio viene subito catturato dalla prima opera monumentale dopo Venezia (lavorò con Jacopo Sansovino), la memorabile Tomba di Mario Nari, con l'eroe che pare colto dal sonno, per la Basilica di S.S. Annunziata, in seguito smontata, e al museo dal 1975. 

La passione per i classici affiora in opere quali Sapienza, e Venere, il bronzo in arrivo dal Prado, Il Genio Mediceo, preziosa allegoria della casa regnante; né mancano di suscitare interesse le medaglie, i documenti, il taccuino dei disegni, scritti d’epoca, come i sonetti dalla moglie e le risposte di amici, e un filmato. Incuriosiscono gli omaggi a Michelangelo, due tavolette bronzee, forse per le solenni esequie in onore del maestro: il rilievo Allegorie dell'Arno e del Tevere presentato a Giulio III, a Roma, nel Ninfeo di Villa Giulia, verso il 1650, allusivo ai luoghi di lavoro del Buonarroti, Toscana e Lazio, e Apoteosi di Michelangelo dove il genio figura in veste di architetto militare. Infine è d'obbligo sostare nel cortile davanti alla Fontana di Sala Grande, voluta da Cosimo I nel 1555 per il Salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio, collocata in realtà nei giardini di Pratolino e Boboli, poi smembrata nel '600, e approdata al Bargello nel secolo scorso. 

L’ACQUA, LA PIETRA, IL FUOCO
BARTOLOMEO AMMANNATI SCULTORE
FIRENZE, MUSEO NAZIONALE DEL BARGELLO
FINO AL 18 SETTEMBRE



FONTE: Fiorella Minervino (lastampa.it)

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