lunedì 5 ottobre 2015

McCurry. "La fotografia mi dà l'onore di poter raccontare il mondo"

McCurry. Gli scatti in mostra a Forlì


Il grande reporter americano è di scena ai Musei di San Domenico di Forlì con una mostra su  "Icons and Women". Tra monaci buddisti e ritratti femminili, con l'immancabile Sarbat Gula che l'ha reso celebre. "Ora è il momento di pensare ai rifugiati siriani"


La sensazione che si prova entrando al primo piano del complesso dei Musei di San Domenico a Forlì è quella di un’estraneazione. Sarà perché si passa improvvisamente dalla luce al buio, da pareti bianche a pareti nere…o forse semplicemente perché le fotografie di Steve McCurry, lì raccolte per la mostra Icons and Women, (sino al 10 gennaio) ci catapultano in un altro mondo, anzi, in tanti mondi.

Quello delle donne in Afghanistan, dei monaci buddisti, delle vittime della Guerra del Golfo, dei bambini soldato e dei villaggi indiani devastati dai monsoni. Piccole luci puntate ad illuminare solo le foto e l’effetto è quello di tante esplosioni di colore nelle stanze scure. Il rosso degli abiti dei monaci buddisti, il blu delle acque profonde dello Sri Lanka, l’arancione delle barbe tinte con l’henné dei nomadi indiani e, naturalmente, il verde degli occhi di Sharbat Gula, la bambina afghana che Steve McCurry ha incontrato nel 1984, in un campo di rifugiati a Peshawar, in Pakistan. Quella foto sarebbe diventata la copertina del numero di giugno 1985 della rivista National Geographic e quindi il più iconico tra tutti gli scatti del fotografo americano. Ma guai a chiedere di raccontare ancora una volta quella storia: “Basta andare su Google, c’è scritto tutto”. No, Steve McCurry non ne vuole proprio sapere: “Please, not today”, “per favore, oggi no”.

Il suo pensiero, infatti, è al futuro, ai “rifugiati siriani”. Sono loro quelli che Steve McCurry vorrebbe diventassero i protagonisti della sua prossima storia. “Ma non voglio andare in Siria. Pensavo piuttosto a un reportage dalla Turchia, dalla Giordania o da altre parti in Europa”.

Ha sempre desiderato essere un fotografo?
Sì, fare il fotografo è il desiderio che ho da quando frequentavo la scuola. Volevo viaggiare, visitare paesi e culture diverse e documentare tutto con la macchina fotografica. È sempre stata la mia ambizione.

Fa questo lavoro da oltre quarant’anni, ciò significa anni trascorsi in viaggo…qual è il posto che più stimola la sua creatività?
In oltre quarant’anni di viaggi posso dire che i luoghi che preferisco sono sicuramente l’India, l’Afghanistan, l’Etiopia… sono davvero splendidi paesi da visitare. Ma anche le Filippine e Taiwan sono stati importanti per il mio archivio fotografico. Poi il Perù, New York…la possibilità di aver visto e raccontato storie da tutte queste parti del mondo è per me un onore. Mi sento privilegiato nel fare questo lavoro.

Come sceglie i suoi soggetti? Sa con precisione chi o cosa fotografare già prima di iniziare o preferisce improvvisare?
In realtà sono i luoghi che mi ispirano, per ragioni personali o emotive. È difficile da esprimere a parole, ma dipende tutto dai posti in cui scelgo di lavorare.

Quando dice: “Questa è una buona foto”?
Ci sono momenti in cui lavori e momenti in cui senti di aver preso il massimo da una situazione. Ma non puoi esserne mai sicuro. A volte sei travolto da una circostanza e la sola cosa che puoi fare è reagire. Ogni situazione, ogni fotografia è differente: tutte le volte che prendo in mano la macchina fotografica è una nuova esperienza

Ha vissuto il passaggio dalla pellicola al digitale. Quale formato preferisce? Usa ancora la pellicola?
No, non uso più la pellicola da almeno dieci anni. Il digitale offre molte più possibilità nel nostro lavoro. Sì, sono un grande fan della rivoluzione digitale

Oggi tutti possiamo scattare foto e sentirci dei fotografi…abbiamo smartphone, ipad, abbiamo Instagram. Cosa pensa dell’abitudine di usare filtri e modificare le foto?
Credo sia meglio lasciare che la foto a rappresenti naturalmente i luoghi, il tempo, le situazioni. Per me le fotografie dovrebbero semplicemente riflettere i momenti vissuti

Tantissimi ragazzi la prendono come punto di riferimento per approcciarsi al mondo della fotografia. Cosa ne pensa?
Credo che la fotografia sia un ottimo modo per esplorare il mondo e per apprezzarne anche i minimi dettagli. La macchina fotografica ci permette di entrare in uno stato di meditazione, di estrema consapevolezza e sensibilità nei confronti del mondo che ci circonda

I ritratti sono uno delle sue specialità. Questa mostra, Icons and Women, si concentra soprattutto sulla figura femminile: le donne hanno avuto sempre un ruolo speciale nelle sue storie. C’è un motivo particolare? 
Le donne sono probabilmente la parte principale della famiglia umana: mettono al mondo la vita. Le donne sono ciò per cui viviamo, ci regalano bellezza. Sono decisamente il fulcro della nostra vita.

A volte le sue fotografie sono più riconoscibili del suo stesso volto. Quando vediamo la bambina afghana, ad esempio, diciamo subito: “quella foto è di Steve McCurry”, ma non tutti, vedendo il suo volto, dicono: “quello è Steve McCurry”. Crede che così debba essere per un buon fotografo o la cosa la infastidisce?
In realtà è una domanda che non mi sono mai posto, non è qualcosa di cui mi preoccupo. Quando fotografo e racconto storie mi aspetto che le persone reagiscano in modo positivo o negativo, ma non mi pongo altre domande

Che tipo di foto preferisce scattare quando è in Italia?
Mi piace fotografare ciò che fotograferei in qualsiasi altra parte del mondo: persone, paesaggi, comportamenti umani. Non faccio distinzioni tra Italia, Tibet, Cuba…per me facciamo tutti parte della stessa famiglia umana

Dove la porterà la sua prossima avventura?
La mia prossima avventura mi porterà a Milano, per trovare degli amici e lavorare. Milano è un altro dei miei posti preferiti al mondo.

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