domenica 12 gennaio 2014

Nel match tra arte e cucina vincono Ferran Adrià & C.


Ci sono mostre il cui impianto teorico (fondamentale diventa in questi casi la lettura del catalogo) ti seduce, ma la cui realizzazione ti lascia alquanto perplesso. È il caso di «Cook Book» la mostra ideata da Nicolas Bourriaud in collaborazione con il critico gastronomico Andrea Petrini. 

Nel saggio introduttivo il direttore del Palais des Beaux-Arts di Parigi spiega come l’arte culinaria stia vivendo oggi un momento paragonabile a quello che il cinema ha vissuto ai tempi della nascita della Nouvelle Vague cinematografica francese. Allora una serie di critici e di registi come Truffaut, Godard e Rohmer sdoganò il cinema dei vari Hitchcock, Ford & C., facendo comprendere che non erano «artigiani» del cinema, ma «autori» a tutti gli effetti. Analogamente oggi chef come Ferran Adrià, René Redzepi, i nostri Scabin e Bottura devono essere considerati artisti a tutti gli effetti, tanto che si può esporre il processo creativo che li porta a ideare i loro piatti proprio come si fa con le opere d’arte: nella trasformazione della materia c’è il filo rosso che accomuna i cuochi agli artisti. 

Così il catalogo - ma non la mostra che segue un altro ordine - si apre con i ritratti di 21 chef di tutto il mondo (l’Italia ne vanta ben tre: Bottura, Scabin e Alajmo), un loro profilo e immagini che rimandano a quanto espongono. Di Ferran Adrià (che fu già sdoganato come artista contemporaneo dal curatore della penultima Documenta di Kassel) c’è in mostra un pannello-lavagna con i disegni che lui e il fratello pasticcere fanno nel loro laboratorio di ricerca quando studiano un nuovo piatto. Di Massimo Bottura c’è un video in cui lo chef modenese racconta come nasce «Tutte le lingue del mondo», un piatto con lingua di vitello incrostata di creta e carbone che si ispira a Lucio Fontana.  

In mostra la parte dedicata agli chef è in effetti la più interessante, mentre aleatoria e con scelte discutibili appare la sezione dedicata agli artisti con opere dagli Anni 70 a oggi: ci sono tra gli altri Spoerri, Sophie Calle (divertenti i suoi menu colorati molto Fluxus), Alice Channer, Elad Lassry con i suoi cavoli rossi, John Trembley con due disegni geometrici il cui nesso con la cucina è francamente incomprensibile. In questo match hai l’impressione che, mentre la selezione degli chef sia stata fatta puntando sulle eccellenze internazionali (i 21 cuochi li ritroviamo nei World’s 50 Best Restaurants e sulle guide Michelin con tre o due stelle), quella degli artisti sia stata fatta piuttosto casualmente : ad esempio, perché le sardine di Alisa Baremboym e non le cozze di un genio come Marcel Broodthaers? 

Al secondo piano la mostra offre un omaggio al nostro Gianfranco Baruchello in virtù della sua «Agricola Cornelia», una o due nature morte, alcuni Capricci di Goya, disegni che riproducono lo splendore architettonico delle tavole dell’impero asburgico, bassorilievi e opere varie in tema culinario dalle collezioni dell’Ecole des Beaux-Arts.

COOK-BOOK
L’ART ET LE PROCESSUS CULINAIRE
PARIGI, PALAIS DES BEAUX ARTS
FINO AL 9 GENNAIO

FONTE: Rocco Moliterni (lastampa.it)

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