martedì 28 maggio 2013

Milano riscopre Pellizza, dopo 40 anni torna il Paesaggio


Alla Galleria d'Arte Ambrosiana è esposta l'opera divisionista di Giuseppe da Volpedo. Dipinto nel 1904, nelle campagne del paese natale, il quadro è stato raramente esposto al pubblico e ora torna dopo un accurato restauro. Fino al 15 giugno.

"Le vecchie mura, la chiesa della Pieve e la lapide a Perino sono tra le più importanti nostre vestigia. ... Le due torri, che furono un giorno baluardo agli antichi abitatori di Volpedo, che servì nei giorni tristi delle invasioni, che difesero dai vicini e dai predoni". Descriveva così, con estrema precisione, la sua terra Giuseppe Pellizza, il grande pittore del celeberrimo "Quarto stato", che nel 1892 quando compì i 24 anni, decise di aggiungere alla sua firma "da Volpedo" per sottolineare il forte legame che sentiva con il suo luogo d'origine.

È quindi un'importante occasione quella che ci permette di rimirare il dipinto "Il paesaggio" che l'autore realizzò nel 1904 e che da 40 anni non era visibile al pubblico. Ora, dopo una attenta operazione di restauro e ripristino, l'olio su tela torna a mostrarsi con gli accordi cromatici originali restituiti dalle puliture, che mostrano nitidamente una superficie pittorica fittamente coperta dalle pennellate filamentose dell'artista. Traspare tra le pennellate di colore-luce dai toni puri, un sentimento che va oltre l'esecuzione tecnica. La composizione è espressione di una poesia pittorica che fonde le delicate e luminose tonalità del cielo, i verdi brillanti della vegetazione e le ombre colorate ai margini del sentiero, segni di purezza linguistica e trasporto affettivo nei confronti della bellezza di una campagna, riassunta nei suoi tratti caratteristici, che se pur non collocabile per la mancanza di riferimenti precisi, riesce a descrivere "la dimensione del cuore".

Giuseppe Pellizza torna a Volpedo dopo gli studi in alcune Accademie di Belle Arti e vari viaggi di formazione. Figlio di agricoltori, seguì la grande passione per il disegno e decise di iscriversi all'Accademia di Belle Arti di Brera, dove fu allievo di Francesco Hayez e di Giuseppe Bertini. Terminati gli studi milanesi, Pellizza decise di proseguire il tirocinio formativo, andando a Roma, prima all'Accademia di San Luca poi alla scuola libera di nudo all'Accademia di Francia a Villa Medici. Roma non lo conquistò, anzi, abbandonò la città prima del previsto per recarsi a Firenze, dove frequentò l'Accademia di Belle Arti con Giovanni Fattori come maestro. Alla fine dell'anno accademico ritorna a Volpedo, per dedicarsi alla pittura dal vero attraverso lo studio della natura. Nel 1889 si recò Parigi in occasione dell'Esposizione universale. Frequentò poi l'Accademia Ligustica a Genova. Al termine di quest'ultimo tirocinio, ritornò al paese natale, dove sposò una contadina del luogo, Teresa Bidone, nel 1892, anno in cui, come dicevamo, sentendosi ancor più legato alla propria terra, completò il suo nome d'artista con il nome del paese che tanto amava.

Seguono anni in cui progressivamente abbandona la pittura ad impasto per passare al divisionismo di cui "Il paesaggio" è un'altissima testimonianza. Confrontandosi con altri pittori che usavano questa tecnica, soprattutto con Giovanni Segantini, Angelo Morbelli, Vittore Grubicy de Dragon, Plinio Nomellini, Emilio Longoni e, in parte, anche con Gaetano Previati, raggiunse una maestria tecnica, che unita alla forza espressiva, lo portò ad esporre nei più importanti templi dell'arte italiani, dalla Triennale di Milano, alla Quadriennale di Torino, e anche all'estero.

La mostra propone inoltre documenti inediti, conservati dagli eredi della famiglia proprietaria, che testimoniano la crescente richiesta nel tempo, da parte di musei e storici dell'arte, di prestiti per pubbliche esposizioni e di numerose riproduzioni dell'opera, dovute alla sua fondamentale importanza all'interno del Divisionismo italiano. Ci sono poi esposti anche i risultati e le immagini della relazione scientifica condotta da Gianluca Poldi, già autore di studi diagnostici sul celebre Quarto Stato, oggi al Museo del Novecento di Milano.

FONTE: Valentina Tosoni (repubblica.it)




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