domenica 22 gennaio 2012

Quando la fotografia va oltre la realtà A Trastevere c'è Evgene Bavcar


A Roma, per la prima volta una mostra su uno dei più apprezzati fotografi della scena attuale, non vedente dall'età di 12 anni. Esposti, i suoi scatti più famosi guidati-consigliati dalla nipote


"Mi dovete chiedere non come faccio a fotografare, ma perché fotografo. Scatto in rapporto ai rumori, ai profumi e soprattutto in relazione alla mia esperienza della luce. Poi scelgo le mie foto facendomi consigliare da amici con lo sguardo libero da ossessioni personali". Ecco l'intima verità di Evgen Bavcar, racchiusa nella sincera e acuta risposta che tende a dare a tutte le persone che gli ripetono sempre la stessa domanda. Come fa a fotografare? Perché lo sloveno Bavcar, classe '46, considerato uno dei più grandi fotografi della scena contemporanea, è cieco dall'età di dodici anni, a seguito di due incidenti ravvicinati a distanza di un anno. 

E le sue immagini, una selezione delle stampe in bianco e nero più note, insieme ad un nucleo inedito a colori, vanno in mostra per la prima volta a Roma, al Museo di Roma in Trastevere, dal 18 gennaio al 25 marzo, nell'esposizione "Il buio è uno spazio", curata da Enrica Viganò, prodotta e organizzata da Admira in collaborazione con Galerie Esther Woerdehoff di Parigi. 

"Acuto, ironico e incantatore - ce lo racconta Enrica Viganò - riesce a spiegare con parole raffinate che il nostro istintivo pregiudizio non ha fondamenta alcuna: non dobbiamo chiedergli come fotografa, ma perché fotografa. Lo scrigno dei ricordi che ha raccolto fino ai 12 anni, quando la luce faceva ancora parte integrante del suo vedere, diventa il luogo dove attingere visioni. La sua esperienza di luce si fonde con i messaggi che gli arrivano dai sensi attivi: gli odori, i suoni, quello che tocca e quello che prova. Le immagini gli si formano in un gioco di rimandi all'interno di se stesso e nel dialogo con i suoi consiglieri-lettori, persone senza troppe sovrastrutture, che conservano ancora l'innocenza dei bambini. Tra questi preferisce da sempre sua nipote Veronica: angelo protagonista di alcune opere e voce narrante di molti scatti". 

E le sue scene sono avvolte da un'atmosfera onirica, quasi evocativa di suggestioni da "impero delle luci" di magrittiana memoria, dove la notte sembra invadere le figure lasciando baluginare un'essenza solare. I ricordi hanno il sapore della sua infanzia nella Slovenia, fluttuano e aleggiano come enigmatiche presenze incorporee. Le fotografie sembrano riportare alla luce, anzi trasmettere attraverso lo strumento tecnologico della macchina fotografica, l'immaginario il suo mondo emotivo personale. "La luce per Bavcar è una nostalgia ancestrale - riflette Viganò - che inevitabilmente si sovrappone alla nostalgia per la propria infanzia, quando correva nel paesaggio sloveno, quando il giorno era rappresentato dalle rondini e la notte arrivava e andava via". 

La Slovenia è divisa ora con la Francia, dove si è laureato in filosofia estetica alla Sorbona nel 1976, ed è diventato ricercatore presso il Cnrs francese, scrittore, poeta, conduttore radiofonico, conferenziere internazionale. Alle cinque lingue che parla correntemente, ha voluto aggiungere il linguaggio delle immagini. "L'evoluzione tecnologica gli ha permesso di superare ostacoli pratici e concentrarsi sui contenuti della sua arte - conclude Viganò - Dall'alto della sua mente sconfinata scatena una rivoluzione ricca di quesiti esistenziali, in controtendenza rispetto ai luoghi comuni dell'arte e del mondo".

Notizie utili - "Evgen Bavcar, Il buio è uno spazio", dal 19 gennaio al 25 marzo 2012,  Museo
di Roma in Trastevere, Piazza S. Egidio 1B, Roma.
Orari: Martedi--? domenica, 10.00--?20.00
Ingresso: €6,50 intero, €5,50 ridotto.
Informazioni: tel. 060608 

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