lunedì 10 gennaio 2011

Ferrata, scultore dell'anima barocca

Alla Pinacoteca civica con il pittore intelvese Carloni


Una serie di statuette lignee da usare come passe partout per sbirciare nel retrobottega di uno scultore. L'artista è Ercole Ferrata, lombardo, accorto imprenditore, titolare a Roma di un’attrezzata bottega, strategico crogiuolo per la formazione dei più noti statuari del secondo '600. Un inventario del 1686 elenca gli oggetti conservati nel suo studio: centinaia di pezzi fra calchi dall’antico, modelli, cere, gessi, sculture in legno, opere sue e di artisti con i quali aveva collaborato, da Gian Lorenzo Bernini ad Alessandro Algardi, a François Du Quesnoy e Melchiorre Cafà. Strumenti di lavoro preziosi per capire che l'arte è anche un mestiere, per leggere attraverso quali percorsi si arriva dall'idea (talora un pensiero, uno schizzo veloce) alla sua realizzazione e come si fa formazione trasmettendo le conoscenze agli allievi. 

La mostra racconta questa storia, mettendo in relazione un nucleo di statuine con i cantieri della città pontificia, grazie a un articolato apparato didattico. È un’esposizione bifronte, dedicata allo scultore Ferrata e al pittore Carlo Innocenzo Carloni, accomunati dalla nascita in Val d'Intelvi (nel comasco). E accosta due momenti di storia e di arte: i cantieri romani di pieno ‘600 e il gusto decorativo delle corti mitteleuropee del ‘700, partendo da un nucleo di opere conservato nel museo diocesano di Scaria d'Intelvi, oggi chiuso per lavori. Non si conobbero, i due; moriva l'uno nel 1686 e nasceva l'altro, ma condivisero la sorte di migranti, comune in quei territori. Ferrata partì giovanissimo, andò apprendista a Genova, poi si recò a Napoli, all'Aquila e infine a Roma, ove lavorò per decenni e vi morì, e fu uno dei più apprezzati collaboratori sia di Gian Lorenzo Bernini che di Giovanni Algardi le due anime, barocca e classica, dei grandi cantieri della città. 

Carloni, invece, figlio d'arte (furono stuccatori il padre e il fratello), decoratore veloce e di effetto, appresa, per accorta scelta paterna, la lingua tedesca, alternò presenze e viaggi al di qua e al di là delle Alpi, a Venezia e poi Roma, tra la Lombardia e gli stati asburgici e tedeschi, fra chiese e dimore principesche, divenendo dagli anni quaranta del '700 uno dei divulgatori del gusto rococò internazionale, senza abbandonare mai del tutto il luogo natio. Entrambi suggellarono il profondo legame con la comunità di origine lasciandovi testimonianza della propria fortuna. Così Carloni decorò a sue spese la parrocchiale di Scaria (ove fu sepolto). E al Comune di Lanzo d’Intelvi è pervenuta una serie di ritratti di personaggi della famiglia De Allio, legata alla corte viennese, da lui dipinti, appena restaurati ed esposti in mostra. Ferrata, invece, dispose in testamento di destinare alla sua patria alcune opere conservate nello studio romano. 

E così, dopo la sua morte giunsero alla parrocchia otto statuette raffiguranti la Vergine del Rosario e vari santi, la cui attribuzione è in parte ancora discussa. La piccola mostra, curata da Maria Letizia Casati, Ernesto Palmieri e Daniele Pescarmona, che gioca in positivo la temporanea chiusura del museo di Scaria, è un’intelligente occasione di divulgazione di opere inserite in percorsi artistici nazionali e internazionali. 

FONTE: Elena De Filippis (lastampa.it)

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