mercoledì 15 settembre 2010

Galleria nazionale d'Arte antica Il sogno si avvera a Palazzo Barberini


Il 19 settembre si inaugura la Pinacoteca. restaurati piano terra e primo piano: 24 luoghi di esposizione



La speranza che «tante meravigliose raccolte romane offrano la gloria di formare una galleria degna della Capitale», la volontà di dare «un decoroso collocamento» alla Pinacoteca d’arte antica a Roma: si può dire finalmente? Infatti, sono annunci, rispettivamente, del 1883 e del 1949: 127 anni ci sono voluti per dotare l’Urbe d’una struttura fondamentale, che qualsiasi Capitale possiede, ma da noi era dimezzata, a scartamento ridotto, sacrificata e in comproprietà. Invece, ora ci siamo: domenica 19 settembre sarà un giorno davvero importante; non torna ma nasce, liberata da tanti orpelli e restaurata, la Galleria nazionale d’Arte antica a Palazzo Barberini, acquistato per la bisogna, appunto 61 anni fa. Nel tempo (ma non troppo), dall’edificio se ne sono andati un custode in pensione e un barbiere che faceva i capelli agli ufficiali (ci avevano casa), l’Ente Premi Roma e il Circolo -s’intende- delle Forze Armate, ora alla Palazzina Savorgnan di Brazzà; «nel 2003, ricordo una “barbona” che veniva a lavarsi ogni giorno nella fontana dell’atrio», racconta sorridendo la soprintendente Rossella Vodret.

Ora, più nulla: a Palazzo Barberini, liberato dai militari quando Alberto Ronchey era ministro, non ci si sposerà più; ci si andrà ad ammirare una delle più formidabili quadrerie del nostro Paese: «Nessuno ha altrettanti Caravaggeschi al mondo», dice la direttrice Anna Lo Bianco. Restaurato tutto il piano terreno, che era Circolo Ufficiali, e cinque sale al piano nobile, il primo: in tutto, diventano 24 luoghi da esposizione, quindi si può cominciare a ragionare. In più, i saloni monumentali, primo quello di Pietro da Cortona. In mostra, e non più nei depositi, tutta la pittura italiana dalle origini appunto fino ai Caravaggeschi; «per il dopo, da Gaulli fino a Canaletto, appuntamento a marzo, quando saranno conclusi i lavori nelle 12 sale al secondo piano, e ci saranno anche, espletate le gare d’appalto, libreria e caffetteria», continua Vodret. E Anna Lo Bianco: «Così, si sono recuperati dai depositi, per esempio, tre dipinti di Giovanni Bellini e Lorenzo Lotto, due Ritratti virili, e di Raffaello, una Testa di giovane; i primi, Dono dei Torlonia nel 1892, il terzo un frammento d’affresco, regalato nel 1915 da Enrichetta Hetz»; e Vodret: «In più, per 5 anni, Giancarlo Jacorossi e i suoi fratelli offrono in comodato una splendida Crocetra il XII e XIII secolo, di un allievo del pittore di Spoleto Alberto Sotio, che affiancheremo ad altri esemplari già della Galleria: paragoni interessanti, del tempo di Cimabue; e anche un precedente di cui Roma ha bisogno: chissà che sia imitato da altri collezionisti».

«Con un nuovo ingresso, una nuova biglietteria, la Galleria d’Arte antica, finalmente diventerà degna del nome» (sempre Vodret); eppure, sull’altana, splendido panorama, resiste l’Istituto italiano di Numismatica: «C’era già nel 1980, quando io sono arrivata e dirigevo la Galleria con Lorenza Mochi, occupa circa 600 metri quadrati», continua Vodret; proveranno a chiedergli un trasloco, ma chissà. «Rifatti tutti gli impianti, i pavimenti, i servizi» (Lo Bianco). E non ci si attovaglia, era ora, più: spazi ulteriori per la grande arte che la Capitale possiede. La Galleria Corsini è un discorso diverso: lo facciamo a parte. La serata del 19 diverrà un evento: dalle 19 a mezzanotte, musica, giochi di luce e addirittura balli, senza prenotazione e gratis; una “navetta” collegherà con i giardini di Palazzo Corsini e l’Orto botanico, dove si suonerà jazz, e Villa Farnesina, per ammirare gli affreschi di Raffaello e Sebastiano del Piombo; a Palazzo Barberini, c’è già da immaginarselo, code per l’Annunciazione di Lippi, i Caravaggio, la Fornarina: fossimo a Venezia, forse Sgarbi ci collocherebbe vicino una prosperosa panificatrice a seno nudo, ma qui no, anche se al dipinto, che torna dopo due anni di restauri, sarà doverosamente dedicata una mostra speciale, perché tutti, romani e non, tornino ad abituarsi alla presenza di un capolavoro assoluto.


E con Raffaello e i Caravaggio, tornerà Antoniazzo Romano; Poussin e Valentin de Boulogne usciranno dai luoghi dove non potevano essere mostrati: una panoramica esaustiva della poittura di un periodo in cui Roma era regina ancor più che non oggi. Il palazzo, acquistato nel 1949 espressamente per essere destinato a sede della Galleria, per troppo tempo è stato impossibile liberarlo a dovere, specialmente, ma non solo, del Circolo Ufficiali delle Forze Armate (nonostante fosse scaduto perfino il contratto d’affitto); quella che vede la luce non è quindi soltanto una Pinacoteca, ma anche la fine di una brutta avventura. Abbiamo dovuto attendere 127 anni, come per un auditorium Roma ha dovuto aspettarne 67 dal 1936; ma, ne siamo certi, ne valeva davvero la pena.

FONTE: Fabio Isman (messaggero.it)

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