Apre oggi la Biennale di Fotografia di Lucca tra grandi autori, dibattiti, workshop ed eventi. Il fondatore: vogliamo divulgare la cultura visiva
Sacro e profano, spirito e materia, ci viviamo dentro ma è sempre difficile farci i conti fino in fondo. Il tema è nato con l’uomo e gli artisti non hanno mai smesso di rappresentarlo, ma per quelli di oggi, specie quelli che si esprimono con la fotografia, c’è un rischio in più di toccare i nervi scoperti della contemporaneità.
Per questo le 29 mostre su «Sacro e profano» del Photolux Festival che apre oggi a Lucca (fino al 13 dicembre) faranno discutere per i linguaggi scelti, ma sono un mezzo di indagine importante per leggere la realtà in cui siamo immersi, oltre la riflessione artistica o estetica.
«Il nostro festival nasce dalla volontà di diffondere la cultura fotografica nel nostro Paese», spiega Enrico Stefanelli, fondatore e direttore artistico del Festival, «facciamo vedere come un tema - in questo caso “Sacro e profano” - possa essere sviluppato in diversi linguaggi espressivi». Come è noto, uno di questi (una foto di Andres Serrano dell’87) è stato giudicato blasfemo o comunque offensivo della sensibilità dei cristiani e non sarà esposto. «Dell’autore però ci saranno gli altri lavori, compresi gli ultimi “Holy works”, da cui verrà fuori come si esprima sul sacro con pietà».
Di certo il tema è delicato, urgente e merita di essere osservato, come le mostre tutte, oltre la logica della contrapposizione e dello choc.
L’ATTUALITÀ DRAMMATICA
Uno dei lavori più interessanti in questo senso è quello della fotografa francese France Keyser, che nella rassegna «Nous sommes français et musulmans» presenta la stessa realtà in due parti: prima e dopo Charlie Hebdo. Nel 2010 infatti aveva incontrato parigini che desideravano conciliare l’essere francesi con il credo religioso islamico e li ha fotografati, a colori, nella loro vita quotidiana. Poi, dopo la strage del 7 gennaio 2015, la fotografa è tornata dalle stesse persone e ha realizzato una nuova serie di ritratti in bianco e nero.
Dalla Francia all’Italia, negli ultimi cinque anni Nicolò Degiorgis ha esplorato e fotografato i musulmani del Nordest nei loro luoghi di preghiera improvvisati: garage, palestre, negozi, vecchie fabbriche. «Un lavoro che ha vinto un importante premio a Arles e recensito da Martin Parr», spiega Enrico Stefanelli, che ci tiene a ricordare come questa Biennale internazionale di fotografia sia unica per il suo «mix fra reportage e arte».
L’italiano Michele Borzoni invece ha viaggiato in Medio Oriente per tre anni, per fotografare la vita delle comunità cristiane là dove il cristianesimo è nato.
FONTE: Sara Ricotta Voza (lastampa.it)