Dall'impero zarista a oggi una grande mostra a Venezia ripercorre un secolo di creatività
Un secolo di arte, dallo Zar a Stalin, da Breznev a Putin. A raccontarlo è la grande mostra «Russie», a Ca’ Foscari, il cui sottotitolo «Memoria/mistificazione/immaginario» già spiega i temi che l’esposizione, curata da Giuseppe Barbieri, intende analizzare. Esistono «Tre Russie» secondo la definizione che dà Vittorio Strada nel catalogo: quella imperiale eurasiatica e zarista, quella socialista sovietica in cui non compariva nemmeno il nome Russia, quella attuale che, dopo la caduta del muro e la Perestrojka di Gorbachov, ha visto l’avvento al potere degli oligarchi di Putin. Docenti e ricercatori di vari dipartimenti di Ca' Foscari, dalla slavistica alla storia dell’arte all’informatica, rileggono l’evoluzione dell’estetica lungo il secolo. Il flusso di immagini (dal manifesto al quadro, dalla grafica ai video) corre fra gli estremi del simbolismo del «Mondo dell’arte» della Passeggiata nel parco del 1904 di Aleksandr Benois al nostagico Colpite i bianchi con il cuneo rosso del 2005 della venticinquenne Darja Fursej. In esso una giovane «pioniera» (così si chiamavano i ragazzi nelle organizzazioni giovanili del partito comunista) di spalle, con il triangolo perfetto del fazzoletto rosso al collo contempla il celebre capolavoro di El Lissitzky. Al suo fianco il trentenne Sergej Bugaev ridipinge minuziosamente nel 1999 lo stesso quadro di Lissiztky mantenendo il nero ma ribaltando il rosso e il bianco e titolando Colpite i rossi con il cuneo bianco. Nella stessa sezione sono esposte quattro fotografie della serie «Fiabe del tempo perduto», realizzate nel 2001 da Sergej Borisov. Qui il protagonista è il performer Vladimir Mamysev, noto a Leningrado come «Marilyn Monroe»: Mamysev-Monroe impersona la morte di Rasputin, Scialjapin, Esenin, Isadora Duncan e la diva del muto Vera Cholodnaja. Dove?, un’opera di Achmed Kitaev, realizzata nel 1990 è l’emblema della seconda parte della mostra dedicata al post-stalinismo. La ritroviamo anche sui manifesti della mostra e sulla copertina del catalogo. L’autore morì a Mosca, settantunenne, nel 1996. Era un realista socialista tataro: rappresenta una sorta di fuga dalla città socialista (ormai «americanizzata»), con un suonatore di chitarra seguito da uno «hippie» sciamannato e da una coppia femminile ostentatamente omosex. Tutte queste opere provengono dalla collezione di Alberto Sandretti. Alla fine degli Anni 50 Sandretti era studente di filosofia all'Università di Mosca e iniziò a raccogliere opere e documenti, cosa che ha continuato a fare fino ad oggi attraverso contatti diretti con gli artisti dell’«Andegraund» (analogo russo dell’occidentale «Underground») e poi delle neoavanguardie moscovite e pietroburghesi. Da lui provengono anche i nuclei straordinari di manifesti e dipinti delle sezioni iniziali dedicate all’utopia realizzata alla sacralizzazione di Lenin e di Stalin e all'utopia architettonica mai realizzata del faraonico Palazzo dei Soviet di Iofan. Ci sono manifesti politici con i leader dalla faccia bonaria che affrontano ogni situazione, ma anche una curiosa «affiche» dello champagne sovietico: rimanda ai modelli della pubblicità occidentale e l’ha realizzata Nicolaj Matyanov nel 1952). Troviamo gli acquerelli di Lapsin del 1952-53 dedicati alle stazioni della Metropolitana di Mosca e la singolare Torre della Perestrojka, modellino dell’architetto moldavo Avvakumov del 1990. È più complesso il caso dell’altra raccolta di Alberto Morgante, dove troviamo l’avanguardia sovietica, ma soprattutto autori del dissenso al realismo sovietico Anni 60 e 70. Il merito di questa raccolta si deve però a Franco Miele (scomparso nel 1894) , pittore realista e critico socialdemocratico, professore all’Accademia di Roma, frequentatore di Mosca dal 1965. Miele fu autore nel 1973 di una discussa «L’avanguardia tradita. Arte russa dal XIX al XX secolo» e promotore nel 1977 a Venezia della Biennale del dissenso, voluta dal socialista Carlo Ripa di Meana e realizzata da Enrico Crispolti e Gabriella Moncada per dare spazio a una nuova arte sovietica non ufficiale.
In mostra la Biennale è in parte ricostruita con 11 fra olii e collages e due bronzi dell’espressionista-surrealista Enst Neizvestnyj. In catalogo ci sono un saggio dell’allora giovane comunista e oggi pentitissimo Franco Miracco e un’intervista a Crispolti. Qui vi è la chicca del ricordo del ragazzino Bruno Vespa di Radio Pescara che voleva a tutti i costi una conferma, negata, che quegli artisti fossero dei perseguitati e non semplicemenre, in clima di disgelo, degli operatori al di fuori dei canali ufficiali.
RUSSIE! MEMORIA MISTIFICAZIONE IMMAGINARIO
VENEZIA, CA' FOSCARI
FINO AL 25 LUGLIO
Ho visto la mostra, è davvero interessante, consiglio di vederla!
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