«Splendori e miserie», il mestiere più antico ritratto fra Secondo impero e Belle Époque
Nella Parigi Secondo impero-Belle Époque come possono distinguersi, fra le coppie che frequentano l’Opera, i teatri e sfilano sui boulevard, moglie e fidanzate «titolari» dalle cortigiane, parimenti eleganti, e magari dotate di un fascino maggiore? Ed ecco il «gioco delle ambiguità» cui partecipano artisti come Carolis-Duran, Béraud, Falguière, Armaury-Duval, Anquetin, Valtat. Dai palcoscenici ai caffè-concerto, dalle birrerie ai cabaret, dalle sale da tè ai bordelli (popolari o di lusso), le donne scatenano la fantasia di pittori, scultori, romanzieri e poeti. E anche dei fotografi, che scandagliano il loro corpo anche nei dettagli più intimi. Diverso il discorso per il cinema: va avanti man mano che si perfezionano le impressioni sulla pellicola.
Il fascino del proibito, del peccato è qualcosa di cui non si riesce a fare a meno. Prostituzione? In senso lato, sì («Prostituirsi letteralmente vuol dire mettersi in mostra, esporre al pubblico»). E il sesso si traduce in una sorta di laboratorio da cui attingere a piene mani. Per dare un’idea di quanto accadeva nella Ville Lumière, fra il XIX e il XX secolo, due musei hanno deciso di fare, prima a Parigi (Museo d’Orsay, sino al 17 gennaio) e poi ad Amsterdam (Museo Van Gogh) la mostra Splendeurs et misères. Images del la prostitution 1850-1910 (Splendori e miserie. Immagini della prostituzione), a cura di Isolde Pludermacher, Marie Robert, Nienke Bakker e Richard Thomson (catalogo Flammarion). Esposti dipinti, sculture, grafiche e fotografie. Grandi autori e qualche illustre sconosciuto. In accordo con modelle e clienti, i fotografi, tranne casi rarissimi, restano anonimi, per evitare guai. I dagherrotipi diventano depositari di avventure libertine.
La mostra tira. Il giorno dell’inaugurazione a Parigi pioveva a dirotto e c’era un forte vento. Nondimeno centinaia di visitatori si sono presentati alle 9 del mattino, ma sono rimasti delusi. Uno sciopero bloccava le entrate e a nulla sono serviti urla e fischi. Bisognava ritornare un’altra volta. Splendori e miserie è uno spaccato di storia del costume. Ai dipinti «specifici», se ne affiancano altri che illustrano i cambiamenti. Come il ritratto di Agostina Segatori, proprietaria del Café du Tamburin, eseguito da Van Gogh, con cui la modella italiana — che aveva posato per Manet e Corot — ebbe una relazione nel 1887.
Nella nuova Babilonia s’avanza un esercito composito di professioniste e avventizie. Alle giovani che frequentano l’Opera e i teatri - in genere per iscriversi alle scuole di ballo o a quelle di canto, pur non sapendo fare né l’uno, né l’altro, ma per trovare un ricco protettore -, si affiancano le cortigiane di lusso, lepierreuses («lavorano» in edifici abbandonati), le filles en carte (schedate dalla polizia), le verseuses (servono bevande alcoliche nei locali), le avventizie (modiste, fioraie, lavandaie che si concedono saltuariamente per sbarcare il lunario). Gli scenari: Parigi moderna, ma anche Roma e Atene antiche. I personaggi? Accanto alle immagini delle Folies Bergère (Boldini, Van Dongen), del Moulin Rouge e del Moulin de la Galette (Toulouse-Lautrec), si stagliano quelle dei teatri (Forain), dei ginecei (Vallotton), dei café (Degas, Evenepoil), delle lesbiche (Stuijters), dei boulevard di notte (Béraud, Giraud).
Non mancano i protagonisti di alcuni romanzi. Ecco Nanà di Zola nei dipinti di Manet e di Gervex; Marguerite, la Signora delle camelie di Alexandre Dumas figlio, interpretata da Sarah Bernhardt di Mucha. Ecco cortigiane famose: Marguerite Bellanger, amante di Napoleone III, è l’ Olympia di Manet e Cléo de Mérode , amante di Leopoldo del Belgio, è ritratta da Falguière. Non mancano soggetti storici: Maria Maddalena (Bérain e Mossa), le Tentazioni di Sant’Antonio (Cézanne), la Frine greca (Gérôme). E ancora: balli mascherati (Monet), nudi (Van Gogh, Degas), Il monumento alle cortigiane (Dalou), Les demoiselles d’Avignon (Picasso).
Su uno sfondo di veri e finti scandali, la Parigi moderna si veste di crinoline. Nel pomeriggio, c’è l’«ora dell’assenzio» (Degas, Picasso). E, di sera, l’ora dei lampioni. Scrive Flaubert nel 1842 all’amico Ernest Chevalier: «Ciò che mi piace di Parigi sono i boulevard. Quando i lampioni iniziano a riflettersi negli specchi e i coltelli a tintinnare sui tavoli di marmo, io me ne vado a passeggio, in pace, lasciandomi avvolgere dal fumo del mio sigaro e scrutando le donne che passano. È quella l’ora in cui si sparge la prostituzione, l’ora in cui brillano gli occhi».
FONTE: Sebastiano Grasso (corriere.it)
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