La Galleria d’arte moderna inaugura una antologica dedicata al paesaggista ottocentesco che ha raccontato con passione il suo Piemonte
Qualche anno fa, nel settembre del 2008, il Piemonte aveva celebrato con una serie di mostre il centenario della morte di Lorenzo Delleani (1840 - 1908). Formatosi all’Accademia Albertina di Torino, Delleani almeno inizialmente si era dedicato alla «pittura storica» o «di genere» (Il Museo Egizio, Il mercato a Porta Palazzo, I fondatori della Fiatma anche il ritratto di Caterina Cornaro), scegliendo infine quella di paesaggio. Con una particolare attenzione per i suoi luoghi (Torino, Biella e alla sua campagna, la natia Pollone, Oropa, le montagne) spesso rappresentati in maniera verista «con colori brillanti e pennellate pastose». Scene piemontesi (dal Cervino al lago di Mucrone) che nella maggior parte dei casi hanno come protagonisti personaggi umili (lavandaie, spaccapietra, macellai con tanto di vitelli, uomini, donne e chierici in processione o in preghiera), ma che (paradossalmente) nascevano in molti casi proprio durante i lunghi soggiorni di Delleani nel castello di Miradolo, ospite dei ricchi conti Cacherano di Bricherasio e (in particolare) della contessa Sofia, sua allieva prediletta.Sembrerebbe davvero difficile spostare Delleani e la sua arte da quel (piccolissimo) universo piemontese costantemente «intriso di un’affamata ricerca della poesia». La mostra che si apre martedì alla Gam di Milano (curata da Maria Angela Privitera e Maria Fratelli con il patrocinio del Touring Club Italiano) arriva dopo quasi novant’anni dall’ultima rassegna dedicata all’artista biellese nel capoluogo lombardo e propone invece di ritrovare un altro baricentro dell’universo pittorico di Delleani. Grazie a una sorta di Doppia corsia (come appunto recita il titolo dell’esposizione) che di fatto accosta una selezione significativa delle opere di Delleani presenti nella collezione di Roberto Ruozi (biellese trasferitosi a Milano e grande collezionista del pittore) a quelle di Delleani e di altri esponenti della pittura di paesaggio ottocentesca (da Filippo Carcano a Emilio Longoni, da Carlo Fornara a Cesare Maggi) anch’essi presenti nelle stanze della Galleria d’arte moderna di Milano.
Sentieri di montagna, radure settembrine, tramonti d’autunno, vecchie badie, paesaggi alpestri, torrenti più o meno tumultuosi (con qualche raro scorcio di Roma e Venezia), pendii, cortei nuziali e atmosfere molto vicine a quelle del grande Segantini: questo il ritratto che Delleani fa del proprio mondo. Una rappresentazione che non nasce però soltanto dal sentimento: le quattro sezioni della mostra («Dal bosco al pendio», «Tradizioni da collezione», «Pittura ad alta quota», «Le stagioni del vero») testimoniano come questa visione melanconica e idillica di Delleani nascesse anche da un suo costante lavoro di documentazione. Basato, ad esempio, sulla fotografia (come testimonia l’immagine di un pellegrinaggio sopra Oropa che ricorda un olio del 1883 In montibus sanctis). Forse anche per questo nei suoi scorci (di ogni dipinto sono annotati con precisione giorno, mese e anno di esecuzione) Delleani ha raccontato davvero tutto quello che vedeva. E non solo con gli occhi, ma anche con il cuore.
FONTE: Stefano Bucci (corriere.it)
Nessun commento:
Posta un commento