La mostra sui luoghi vissuti o creati dall'imperatore sul Palatino. Le maggiori novità dagli scavi in corso alla "Domus Tiberiana". Massima contraddizione fra inaudite violenze private e il rifiuto degli spettacoli cruenti. Istrionico nel cercare il "bagno della plebe" e spettacolare nel costruire l'immensa e sontuosa "Domus Aurea" che lo avrebbe consacrato immortale. L'apprezzamento del popolo dopo la morte. Esclusa per lavori la visita al "triclinio estivo" sotterraneo
Nerone. Una scelta piena di problemi pratici, ma obbligata. Perché questa mostra porta i visitatori sui luoghi vissuti o creati o sopravvissuti dell'imperatore romano più odiato o vituperato o calunniato. Portarli sul Palatino, prima e dopo l'incendio epocale, dove Nerone è stato proclamato imperatore ed ha fatto sfoggio dell'estro di costruttore di ambienti raffinati, esclusivi. La mostra ha quindi bisogno dell'immaginazione dei visitatori che devono elaborare quello che vedono. Della "Domus Transitoria" sugli Orti Farnesiani di cui "non è possibile un'attribuzione certa" dei vari edifici e resti", dalla quale arrivano le ultime novità degli scavi in corso. "Anteprima" della "Domus Aurea", la cui sistemazione non è ancora del tutto chiara, ma che dal Palatino arrivava al colle Oppio. ? questa la parte che si tende a far coincidere con l'intera "Domus Aurea", che rimane fuori della mostra per i noti problemi alle strutture, ma con marmi che si vedono per la prima volta nella parte finale della mostra, al Colosseo. Così la mostra "Nerone" (fino al 18 settembre), della soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma, a cura di Maria Antonietta Tomei e Rossella Rea (catalogo Electa), esige una buona inclinazione al camminare, con scarpe comode sui basoli e su distanze non brevi, la disponibilità di un'ora e mezzo, meglio due. Seguendo i nuovi cartelli.
Si parte dalla Curia Iulia, all'estremità del Foro, in cui Nerone viene presentato con teste e busti di marmo candido e nero basalto con gli altri componenti della famiglia imperiale, moriture comprese per sua volontà (mogli e madre). La dolce Ottavia dai costumi irreprensibili, prima moglie di Nerone e sorellastra, fatta spostare a dodici anni. Abbagliato da Poppea che voleva sposare, Nerone la ripudiò per sterilità e adulterio, e siccome era ingombrante anche in esilio la fece uccidere a venti anni. Anche Poppea muore, incinta. Per un calcio infertole al basso ventre da Nerone (un omicidio preterintenzionale) o per un "litigio, un incidente, una malattia". Nerone la fa imbalsamare e a lei rimarrà attaccato al punto da "sposare" l'eunuco Sporo "che tanto le somigliava". C'e anche Nerone in dipinti ottocenteschi, torvo e imbolsito, sovraccarico di vesti e gioielli, a fianco di una tigre resa mansueta.
Ci si trasferisce al tempio di Romolo, al centro del Foro, dove viene proiettata una selezione dell'immagine di Nerone più duratura nella testa della gente, quella dei film. Con Peter Ustinov, il più grande Nerone del cinema, impossibile da odiare, e Alberto Sordi, gigione insuperabile, anche lui complice involontario del "mostro". L'approccio moderno a Nerone è certamente in contrasto con quello antico marcato dal "Nerone matricida e incendiario". Si sale al Palatino, ai margini degli Orti Farnesiani, alla "Domus Tiberiana" dove Nerone visse col patrigno Claudio che lo adottò e alla madre Agrippina alla quale Nerone deve di essere diventato imperatore. Probabilmente fu lei ad avvelenare Claudio e sempre lei viene tirata in ballo per l'avvelenamento del figlio quattordicenne di Claudio. Fu Agrippina a far rientrare dall'esilio il filosofo Anneo Seneca come precettore: si suiciderà nel 65 coinvolto nella congiura dei Pisoni che scatenerà Nerone in una lunga "purga" di pretoriani, senatori, militari e intellettuali. Agrippina, figlia dell'amatissimo e valoroso generale Germanico, aveva un potere enorme anche nei confronti dei pretoriani, e non si frenava nelle ingerenze, disponeva di vita, morte ed esilio creando un fronte comune fra Nerone, i consiglieri Seneca e Burro, Poppea, la donna che aveva deciso di conquistare l'imperatore. Nel marzo 59 Agrippina, a 44 anni, viene assassinata "su mandato imperiale" nella villa di Bacoli vicino Baia. La sua eliminazione viene considerata "di Stato", per la "salvezza della res pubblica". Ma un matricidio "provoca sempre sgomento nell'opinione pubblica e nel mandante: Nerone fu sempre perseguitato dal rimorso". "Nero Claudius Caesar Augustus Germanicus" fu proclamato imperatore a sedici anni e dieci mesi sui gradini della "Domus Tiberiana", prima della ratifica del Senato, e qui sono le novità degli ultimi scavi (ancora in corso). Finora - ha osservato Maria Antonietta Tomei-, si è sempre ritenuto che la "Domus Tiberiana" fosse un nucleo della "Domus Aurea" di Nerone. Gli scavi sulla terrazza degli Orti Farnesiani, indispensabili per "sanare i gravissimi dissesti statici", hanno "rivoluzionato questa credenza". Hanno infatti scoperto una fontana monumentale, un peristilio con vasca polilobata, rivestita di lastre di marmo bianco, con sottostanti, ampi criptoportici come gallerie di comunicazione. Nella vasca è stata trovato "un lungo frammento" di condotta di piombo con il nome dell'imperatore Claudio. Questo imperatore ha ristrutturato e rinforzati i criptoportici che certamente esistevano al tempo del predecessore Caligola.Non fu dunque Nerone e neppure i successivi Flavi (Vespasiano, Tito, Domiziano) a "dare per la prima volta monumentalità al palazzo imperiale del Palatino", ma forse Tiberio, il predecessore di Caligola e quindi Caligola, avevano iniziato un progetto poi realizzato da Claudio.Dalla "Domus Tiberiana" sono state recuperate sculture esposte nel lungo Criptoportico neroniano a poche decine di metri di distanza. Un campionario del "lusso sfrenato" dei palazzi neroniani (lui che all'inizio aveva fatto leggi per frenare il lusso), con statue, rilievi, affreschi e volte in stucco ancora al loro posto con profusione di oro che voleva far scattare l'idea dell'"Età dell'oro" di cui Nerone voleva essere l'iniziatore. Il criptoportico conduce alla zona della "Domus Transitoria" neroniana sopravvissuta all'incendio, e al Museo Palatino. I resti neroniani, del prima e dopo incendio, ricorda Maria Antonietta Tomei, "non sono ancora stati definiti con chiarezza". Nerone, come tutti gli imperatori edificò sul Palatino il nuovo palazzo, ma lo ampliò "a dismisura", al punto che fu accusato di aver espropriato i romani della loro città (ma la maggior parte dei terreni era di proprietà di Nerone). Dopo l'incendio interi quartieri vennero assorbiti nella nuova "Domus" che aveva una superficie di circa 80 ettari: dal Palatino, al Celio, alla valle ora del Colosseo, all'Oppio, all'Esquilino. Non solo giardini, ma boschi, stagni. La chiamò "Domus Aurea" perché doveva essere degna della reggia di un dio in terra. Non residenza, ma sede ufficiale (e unitaria) del potere imperiale. Adriano La Regina ci ricorda che "Domus Aurea" traduceva il greco "Domos chrysios", "aurea dimora di Zeus". La "Domus Transitoria", così detta perché riuniva le fabbriche del Palatino a quelle dell'Esquilino lasciando passaggi pubblici, fu ricostruita dopo l'incendio e inserita nella "Aurea". La "Domus Transitoria" è rivelata dalle combinazioni straordinarie di pavimenti in marmi policromi, in "opus sectile", la tecnica romana ad intarsio più elaborata e costosa, con tondi di porfido e marmo verde, rettangoli di marmo rosa, figure geometriche nere su marmo giallo, arabeschi, linee leggere ed elaborate, fogliame. Accanto è il ninfeo, diventato sotterraneo della "Domus Transitoria", l'ambiente più prezioso, più carico di fascino. Purtroppo non fa parte dell'itinerario della mostra. Si sperava di poterlo fare "dopo l'estate", ma la messa in sicurezza dei solai è "complessa e non è possibile fissare una data".Nerone si era costruito questo ninfeo come triclinio estivo, circondato e rivestito di marmi preziosi ed esotici, capolavori variopinti in "opus sectile". Con i pavimenti forati dai quali zampillava l'acqua che scendeva a riprodurre una fontana. Bellissimo l'ambiente, ancora più affascinante per l'atmosfera tenebrosa e le illuminazioni dei lucernai. I resti del triclinio estivo sono emersi sotto i muri della "Domus Aurea" e del triclinio della "Domus Flavia" di Domiziano che hanno tagliato, riempito, obliterato gli ambienti. ? sopravvissuto uno spigolo della scena tutta mossa, con quattro colonnine di marmi preziosi scuri (ricomposte in forma bianca), con base a capitello corinzio di bronzo dorato. Una struttura che ripropone le forme della quinta teatrale. La sistemazione ideale per Nerone sdraiato sulla lettiga a cantare l'incendio di Roma ricordando un altro celebre incendio, quello di Troia conquistata dai greci.
FONTE: Goffredo Silvestri (repubblica.it)
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