Fino al 27 aprile in mostra i capolavori dell'ambasciata francese
Due Barbari prigionieri alti due metri e mezzo, scavati alle Terme di Caracalla e confiscati ai Colonna, danno il benvenuto all’ingresso del Salone d’Ercole; nel cortile, l’immenso Apollo citaredoaccompagna le gigantografie di opere che non si possono trasportare, e stavano sotto gli archi; davanti alla Galleria dei Carracci (20 metri per 6) e all’ufficio più bello che un ambasciatore possa avere, affrescato da Francesco Salviati e Taddeo Zuccari, due “poli” sciorinano ritratti d’imperatore e famosi dipinti: Tiziano, El Greco, Sebastiano del Piombo; ci sono una tra le prime copie del Giudizio di Michelangelo, e Venusti la realizza senza i “braghettoni”, con l’intera genealogia di famiglia in tanti ritratti; la Venere callipigia, famosa per il suo “lato B”, rivaleggia con un quadro di Annibale Carracci dalle terga generose; il suo Ercole al bivio è di nuovo al suo posto, e riecco anche l’Afrodite accovacciata con Eros e l’Atlante di due metri del II secolo: bentornati Farnese, e un grazie all’ambasciatore di Francia Jean-Marc de la Sablière, che per quattro mesi ce li restituisce.
Domani si apre, a Palazzo Farnese, l’ultima grande mostra dell’anno, che durerà fino al 27 aprile: Roberto Cecchi e Francesco Buranelli hanno curato una selezione dell’antica collezione, quasi tutta finita a Napoli quando i Borbone divengono eredi della famiglia per matrimonio; e così, una ambasciata per necessità poco visitata («10 mila persone all’anno» dice la “feluca”) restituisce a Roma il “cubo” edificato da Sangallo, Michelangelo, Vignola, Della Porta, palazzo dei più ammirati in città, con oltre 200 opere, di cui molti capolavori, che lo arredavano. Già nel Seicento, i diplomatici d’Oltralpe erano qui; e la rappresentanza vi ha sede dal 1874; l’edificio è dato in affidamento per 99 anni, «e tenuto come forse nemmeno noi sapremmo», dice il sottosegretario Gianni Letta; e all’Embassade, i francesi hanno sempre tenuto assai: lo dimostrano, per esempio, gli intonaci opera di Balthus quando dirigeva l’Académie di Villa Medici, e che vi si collocasse dal 1911 L’homme qui marche, splendida scultura di Rodin; i benpensanti gridano però all’oltraggio, lui muore, e dal 1923 è destinata a un museo in Francia. Ora, non c’era dell’altro da volere: «Impossibile vuotare i musei napoletani per ricomporre la raccolta; abbiamo voluto dare un’impressione e regalare sensazioni», dice Cecchi; «e ora è tempo di restaurare la Galleria dei Carracci», aggiunge Buranelli: l’ambasciatore ammette che la cosa è più che allo studio. Per inaugurare tutto questo bendiddio, altro esempio di quanto conti per i francesi, è giunto Frédéric Mitterrand, ministro della Cultura e già al vertice dell’Académie; per l’Italia anche una visita privata del premier Berlusconi.
FONTE: Fabio Isman (ilmessaggero.it)
Due Barbari prigionieri alti due metri e mezzo, scavati alle Terme di Caracalla e confiscati ai Colonna, danno il benvenuto all’ingresso del Salone d’Ercole; nel cortile, l’immenso Apollo citaredoaccompagna le gigantografie di opere che non si possono trasportare, e stavano sotto gli archi; davanti alla Galleria dei Carracci (20 metri per 6) e all’ufficio più bello che un ambasciatore possa avere, affrescato da Francesco Salviati e Taddeo Zuccari, due “poli” sciorinano ritratti d’imperatore e famosi dipinti: Tiziano, El Greco, Sebastiano del Piombo; ci sono una tra le prime copie del Giudizio di Michelangelo, e Venusti la realizza senza i “braghettoni”, con l’intera genealogia di famiglia in tanti ritratti; la Venere callipigia, famosa per il suo “lato B”, rivaleggia con un quadro di Annibale Carracci dalle terga generose; il suo Ercole al bivio è di nuovo al suo posto, e riecco anche l’Afrodite accovacciata con Eros e l’Atlante di due metri del II secolo: bentornati Farnese, e un grazie all’ambasciatore di Francia Jean-Marc de la Sablière, che per quattro mesi ce li restituisce.
Domani si apre, a Palazzo Farnese, l’ultima grande mostra dell’anno, che durerà fino al 27 aprile: Roberto Cecchi e Francesco Buranelli hanno curato una selezione dell’antica collezione, quasi tutta finita a Napoli quando i Borbone divengono eredi della famiglia per matrimonio; e così, una ambasciata per necessità poco visitata («10 mila persone all’anno» dice la “feluca”) restituisce a Roma il “cubo” edificato da Sangallo, Michelangelo, Vignola, Della Porta, palazzo dei più ammirati in città, con oltre 200 opere, di cui molti capolavori, che lo arredavano. Già nel Seicento, i diplomatici d’Oltralpe erano qui; e la rappresentanza vi ha sede dal 1874; l’edificio è dato in affidamento per 99 anni, «e tenuto come forse nemmeno noi sapremmo», dice il sottosegretario Gianni Letta; e all’Embassade, i francesi hanno sempre tenuto assai: lo dimostrano, per esempio, gli intonaci opera di Balthus quando dirigeva l’Académie di Villa Medici, e che vi si collocasse dal 1911 L’homme qui marche, splendida scultura di Rodin; i benpensanti gridano però all’oltraggio, lui muore, e dal 1923 è destinata a un museo in Francia. Ora, non c’era dell’altro da volere: «Impossibile vuotare i musei napoletani per ricomporre la raccolta; abbiamo voluto dare un’impressione e regalare sensazioni», dice Cecchi; «e ora è tempo di restaurare la Galleria dei Carracci», aggiunge Buranelli: l’ambasciatore ammette che la cosa è più che allo studio. Per inaugurare tutto questo bendiddio, altro esempio di quanto conti per i francesi, è giunto Frédéric Mitterrand, ministro della Cultura e già al vertice dell’Académie; per l’Italia anche una visita privata del premier Berlusconi.
FONTE: Fabio Isman (ilmessaggero.it)
Nessun commento:
Posta un commento