mercoledì 11 agosto 2010

La vita segreta di Caravaggio a Roma

A metà dicembre in mostra i documenti dell'Archivio di Stato


Nessuno possiede più documenti su Caravaggio: circa 70. «Cadevano letteralmente a pezzi e non ci davano un euro per i restauri», dice Eugenio Lo Sardo, direttore dell’Archivio di Stato di Roma; «da anni, nessuno li studiava». Anche se la crisi economica («100 mila euro di debiti ogni 12 mesi») è spaventosa «e forse ci obbligherà a chiudere», l’Archivio ha rimesso a posto quelle carte: le hanno studiate in otto, guidati da due funzionari, Orietta Verdi e Michele Di Sivo; da metà dicembre, una mostra racconterà la Vita dal vero di Caravaggio a Roma, e le sorprese non mancheranno. Farsele dettagliare tutte adesso, non si può; ma già solo le prime destano grande rumore.

«Pensiamo di aver individuato in una Faustina, padre spagnolo e madre napoletana, vedova di un pittore non molto noto, Lorenzo Carli sposato a 19 anni che le aveva dato quattro figli, la modella che Caravaggio usa per la Santa Caterina d’Alessandria, ora a Madrid, Museo Thyssen, e per la Giudittanella scena con Oloferne che è a Palazzo Barberini; lei, doveva avere tra i 26 e i 27 anni», dicono Lo Sardo e i due curatori. Poi raccontano una storia intricata, fatta di due barbieri che abitano a un passo dal palazzo del cardinal Del Monte, primo mecenate del maestro, che è Palazzo Madama, attuale sede del Senato; uno dei due vede spesso il pittore a casa della (giovanissima) vedova, «di cui, peraltro, sappiamo tutto: anche che si sposò senza dote, e con l’aiuto di Santa Caterina della Rota. Viveva a 100 metri da qui, in via di Sant’Agostino; e un barbiere, a Pozzo delle Cornacchie, davanti al palazzo del Cardinale». Sempre lo stesso, piccolissimo, fazzoletto della città.

E’ l’affascinante storia di una ricerca approfondita; che, come tale, regala sempre sorprese. «Per esempio», spiega Di Sivo, «la faccenda dello stupro di Artemisia Gentileschi: è da intendere non come oggi; all’epoca, era una promessa di matrimonio non mantenuta; dopo 10 mesi di rapporti con una donna vergine, peraltro consenziente, l’abbandono veniva qualificato così».

Con lui e Orietta Verdi, in Archivio dal 1978, sui documenti di Caravaggio hanno lavorato «giovani o non più giovani: tutti tra i 30 e 36 anni, bravissimi; sono ricercatori formatisi qui, cui noi cerchiamo di dare un po’ di lavoro, almeno quattro soldi». Le povertà stringono la cinghia; ma davvero anche il cuore; ha quasi un sapore di ingiustizia. «Se dovremo chiudere, sbarreremo la porta anche a numerosi uffici del Senato, che sono sopra noi»: perché addirittura Sant’Ivo alla sapienza, tra i massimi tesori di Borromini, è in condominio, e l’Archivio divide i propri 50 chilometri di scaffali tra due sedi, l’altra è a Galla Placidia. In questi chilometri, troppo poco sfruttati, c’è davvero tutto: dall’omicidio di Giordano Bruno, alle storie d’ogni artista vissuto a Roma; «le carte di Michelangelo sarà dal 1980 che nessuno le studia più».

L’esposizione si farà anche grazie a un discreto numero di sponsor «trovati uno a uno»: la Federazione Tabaccai, Land Rover, la Banca d’Italia, un difficile accordo con Arcus, altri ancora. Ma torniamo a Caravaggio: «Con i documenti, vorremmo esporre 20 dipinti, suoi e non solo, riferiti a questre vicende».

«Calvesi non è più riuscito a leggere il nome, incerto, sul pagamento per la Deposizione che è in Vaticano»: ecco cosa produce l’impossibilità d’un restauro. Anche l’allestimento della Sala Alessandrina, sparito, è da reinventare. Seguono le storie di bastonate; denunce per il porto di pugnale; di ferraioli (mantelli) portati via e restituiti; il processo intero cui Caravaggio fu sottoposto; l’ultimo contratto di affitto a Roma. E lui che rompe un soffitto in via di San Biagio, solo perché era un intemperante? «Ma no: per avere più luce, pratica soltanto un foro». Tutti documenti che sono stati corretti e trascritti, per non equivocare: come spesso, purtroppo, accade. 

FONTE: Fabio Isman (ilmessaggero.it)

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