A Rovereto una grande mostra celebra l'arte statunitense moderna attraverso i capolavori della collezione di Duncan Phillips. Una storia avvincente, un autentico spaccato della civiltà a stelle e strisce. Fino al 12 settembre
C'era una volta in America, l'arte moderna e contemporanea. Una storia intensa, ricca e avvincente, forse non del tutto conosciuta, che si deve principalmente al collezionista appassionato e squisitamente campanilista Duncan Phillips, che nel 1921 all'atto di fondazione della sua autorevole Phillips Collection di Washington scriveva: "Il nostro proposito più entusiastico è di rivelare la ricchezza dell'arte creata negli Stati Uniti, di stimolare i nostri artisti autoctoni e offrir loro ispirazione... di mostrare come i nostri artisti americani mantengano una parità, se non proprio una superiorità, rispetto ai più noti contemporanei stranieri". Un progetto ambizioso e tutto sommato unico che viene ripercorso dalla mostra "Arte americana 1850-1960 Capolavori dalla Phillips Collection di Washington", in scena dal 5 giugno al 12 settembre al Mart di Roveret, curata da Susan Behrends Frank e Gabriella Belli.
Duncan Phillips fu sì protagonista di importanti "imprese" culturali legate all'arte (oltre al MoMA, come illustra Elisabetta Barisoni, fu membro del consiglio direttivo della National Gallery di Washintgon, e venne coinvolto nell'apertura del Whitney Museum of American Art nel 1931, della Gallery of Living Art nel 1927, del Museum of Non-Objective Painting poi Guggenheim, aperto nel 1939), eppure mantenne intatta la sua risolutezza collezionistica per raccontare in modo fluido e dilatato l'arte d'oltreoceano, con un progetto che sviluppò dagli anni Dieci del Novecento agli anni '60 (morì nel '66), scoprendo e promuovendo artisti interessanti e di talento come Arthur Dove, John Marin o Milton Avery, considerato dai critici "il Matisse americano".
La mostra, dunque, è una splendida passeggiata nei giardini di questo parco americano, dove un centinaio di opere, articolate per gruppi tematici, indagano le ricerche espressive dalla seconda metà dell'800 ai primi sessanta anni del '900. Non altro che "l'impegno di una vita per assemblare una collezione della miglior pittura americana che tutti potessero vedere e apprezzare", come dice Susan Behrends Frank. Un viaggio nell'universo America che fluttua tra i capolavori assoluti di Edward Hopper, Georgia O'Keeffe, Jackson Pollock, Alexander Calder o Mark Rothko, che hanno scritto splendid capitoli di uno stile tutto made in Usa, ma che sa restituire il brio e la verve di maestri come John Sloan, Stuart Davis, Adolph Gottlieb, Philip Guston, Robert Motherwell, Clyfford Still, Sam Francis.
Tra quel realismo forte e impietoso che ha reso grande l'Ottocento, per poi passare al vezzo raffinato e virtuoso di un impressionismo che spiana la strada a ricerche impervie nei sentieri dell'espressionismo e dell'astrattismo, che con la New York School ha stregato, ammaliato, calamitato gli spasmi e le euforie creative di tutto il mondo (soprattutto di quel mondo contaminato e piagato dalla seconda guerra mondiale). Un modo diverso anche per raccontare l'America a cavallo due secoli, dalle radici della modernità riconosciute nel romanticismo degli antichi maestri come George Inness, Albert Pinkham Ryder, e James Abbott McNeill Whistler, all'impressionismo non di maniera di Childe Hassam alla strada audace e non banale dell'astrattismo declinato nelle sue varianti tematiche, capitanato dai dipinti di John Marin (Weehawken Sequence, No. 30 del 1916), artista che Phillips scoprì nel 1926 nella galleria newyorchese di Alfred Stieglitz, e che lanciò con la sua prima mostra personale (portandolo poi alla Biennale di Venezia del 1950 con oltre cinquanta opere).
E sempre da Stiegliz, scoprì Arthur Dove e Georgia O'Keeffe. Splendide poi le atmosfere della metropoli americane tra il neocubismo di Stefan Hirsch, e il realismo magico di Edward Hopper. Non mancano le fotografie di Paul Strand, Berenice Abbott e Margaret Bourke White. E suggestivo è il capitolo sulla Grande Depressione dove pittori come John Kane, Horace Pippin, Jacob Lawrence, immortalano le migrazioni verso il nord degli Stati Uniti, la vita nei sobborghi e l'epopea del jazz. Le neoavanguardie storiche sfilano con John Graham, e Stuart Davis (un crogiuolo di Picasso, Henri Rousseau, Georges Braque e Matisse). La grande stagione dell'astrattismo è una sequenza radicale e mozzafiato di Alexander Calder, Milton Avery, Mark Rothko e Jackson Pollock. Ma anche di Adolph Gottlieb, pioniere dei pittogrammi, giochi di calligrafismi privati dettati dal subconscio e da quell'interesse per l'arte tribale africana e per quella dei nativi Americani.
Notizie utili - "Arte americana 1850-1960 Capolavori dalla Phillips Collection di Washington", dal 5 giugno al 12 settembre 2010, MartRovereto, Corso Bettini, 43, Rovereto (Tn).
Orari: mar. - dom. 10.00 - 18.00, ven. 10.00 - 21.00, lunedì chiuso.
Ingresso: intero €10, ridotto €7.
Informazioni: 800 397 760, 0464 438 887, www.mart.trento.it
Catalogo: Silvana Editoriale
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