venerdì 29 gennaio 2010

Codici, totem, riti e tribù ecco l'arte aborigena oggi


A Roma, a Palazzo Incontro, una mostra racconta l'arte contemporanea dei nativi australiani. In scena, oltre duecento opere di 137 artisti delle tribù più arcaiche del continente. Con la loro cultura esoterica


Ciocche di capelli o bastoncini di legno masticato come pennelli. Argille, carboni fossili, succhi d'erbe e bacche selvatiche come colori. La corteccia di eucalipto, la carta riciclata, i batik e tele come supporto. Segni e forme enigmatiche a celare significati profondi, a evocare secondo un codice per soli iniziati le leggende ancestrali del Tempo del Sogno. Quel tempo popolato di dei, eroi e miti che precede la genesi, l'inizio della creazione e dello scorrere della vita sulla terra. E' l'arte contemporanea aborigena, prodotta da piccoli grandi artisti che lavorano in atelier fatti di terra e cielo, natura selvatica e stelle. Sono i capolavori aborigeni che lascia scoprire la bella mostra "Australia Today" in scena a Palazzo Incontro fino al 7 marzo, curata dalla National Gallery Firenze diretta da Luca Faccenda e promossa dalla Provincia di Roma. Protagoniste, oltre duecentoventi opere di ben centotrentasette artisti rappresentativi delle tribù più arcaiche d'Australia caratterizzate tutte da un linguaggio totemico, un complesso sistema di simboli criptici mai causali ma perfettamente orchestrati con uno strabiliante linguaggio espressivo, virtuoso e suggestivo. La cui interpretazione è un viaggio arduo nel mistero. A tratti può sembrare un gioco di cromatismi astratti alla Matisse, altre una figurazione fumettistica alla Keith Haring, altre ancora una bizzarria alla Paul Klee, se non addirittura un primitivismo tanto caro a Picasso. Ma è il "loro" linguaggio, originale e genuino, dove i pattern geometrico-astratti ma anche fitomorfici sono animati da un colore forte, acceso, intenso, a tratti cangiante e sofisticato nelle sfumature. "Un colore che colpisce, è vero, ma in un popolo che non conosce la scrittura, il colore deve esprimere, come un aggettivo o un sostantivo, un concetto, un sentimento, un'emozione", racconta Luca Faccenda che da tre anni porta avanti un progetto di ricerca sull'arte aborigena. "L'operazione espositiva è nata tre anni fa - racconta Luca Faccenda - dopo aver avuto i permessi per avvicinarci alle tribù e soprattutto dopo essere riusciti a carpire la loro fiducia a conquistarne il rispetto, e ad essere accolti. Siamo stati ricevuti dal capo tribù di Djabugai, e abbiamo passato quattro mesi di convivenza con loro anche mangiando larve cotte e bevendo acqua scavata sottoterra, dopo aver attraversato il deserto di Gibson e imparato a resistere alla sete. Siamo diventati della loro tribù, il mio nome è 'Troppe domandè tradotto dall'aborigeno". Secondo la cultura aborigena, se gli esseri mitici provenienti dal Tempo del Sogno non venissero celebrati la natura cesserebbe di esistere. Allora, ecco quasi come una sorta di Cappella Sistina dell'Australia aborigena, l'opera di Gary Simon Jagamarra, una grande tela che condensa secondo uno schema arduo da decifrare tutte le storie del Tempo del Sogno. "Dipingere è spiegare un rito", avverte Faccenda. La mostra, dunque, offre l'occasione per scoprire da vicino la complessa cultura australiana, quella animata di leggende e riti ancestrali d'iniziazione, del culto profondo per le forze della natura e quella popolata da personaggi mitologici a metà tra uomini e animali e uomini e piante. Dove anche la donna occupa un ruolo molto importante, depositaria unica di antichi riti. Se la caverna dell'iniziazione maschile dove avviene il passaggio dalla pubertà alla maturità emerge nelle forme astratte di Ronnie Tjampitjinpa che sembrano i piani colori di Mark Rothko, il rito dell'acconciatura dei capelli prima della ricerca della patata selvatica, oggetto prezioso di cui si nutrono è raccontato nelle trame ondulate da Gloria Tamerre Petyarre. Quasi il 90 per cento delle opere in mostra proviene direttamente dagli artisti incontrati da Faccenda o dalle famiglie eredi di quelli scomparsi, e solo una piccola parte è stata prestata da collezioni private o pubbliche. "La mostra vuole rivelare come uomini e donne analfabeti con un semplice bastoncino di legno e colori vegetali - dice Faccenda - possono ricreare sensazioni ataviche". Ci sono Rover Thomas, Clifford Possum, ma anche di donne Judy Watson Napangardi e Nancy Nungurrayi, (alcuni considerati oggi i Picasso e i Mondrian d'Australia, artisti che oggi sono molto quotati, con opere in mostra assicurate per centinaia di migliaia di euro). "Anzi - ironizza Faccenda - mi vien da pensare di fronte a questa antica tradizione d'arte aborigena che forse sono stati più loro, gli occidentali, a buttare un occhio a queste opere".

Notizie utili - "Australia Today", fino al 7 marzo, Palazzo Incontro, via dei Prefetti 22. Roma
Orari: tutti i giorni 10-19, chiuso lunedì.
Ingresso libero
Catalogo: National Gallery Firenze.

FONTE: Laura Larcan (repubblica.it)

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