È la più grande mostra sull’artista mai organizzata in Italia: 40 sculture di Alberto Giacometti (1901 - 66) da mercoledì fino al 25 maggio alla Galleria Borghese, che è già un “regno” della scultura, ma di quella di Gian Lorenzo Bernini ed Antonio Canova. Sarà un confronto interessante: lo organizzano Anna Coliva, che dirige la Galleria, e Christian Klemm, uno dei massimi esperti dell’artista del Canton Grigioni. La classicità dei marmi degli autori più famosi si coniuga con l’essenzialità dei bronzi, divenuti ormai, anch’essi, tra i più celebri e osannati, resi tipici dal suo “segno” inequivocabile.
Precoce Giacometti comincia giovanissimo: a 18 anni è già a Parigi, alla scuola di Émile-Antoine Bourdelle. Fa parte del gruppo surralista, ma poi se ne va: alla ricerca di una dimensione tutta propria. Già alcune sue realizzazioni di quando aveva 30 anni e nemmeno, entrano presto nei maggiori musei, e in particolare al Modern Art di New York. Dal mito, passa alla diretta osservazione della realtà, e oltre a scolpire, non si stanca mai di disegnare, e di dipingere. Spesso rivisita i propri temi: gli oggetti che lo circondano, i paesaggi, e la madre ed il fratello. La sua Donna di bronzo, esile e filiforme, gli dà fama assoluta; L’uomo che cammina, del 1947, la ribadisce; un’edizione, rivista nel 1960, è forse ancora l’opera d’arte pagata a più caro prezzo al mondo (quadri esclusi): 100 milioni di dollari quattro anni fa, a Londra, pagati da una banca tedesca a un’asta a Londra. Sono lontani, ormai, i tempi dei suoi «oggetti invisibili», che coniugava negli Anni Trenta.
Tutta la vita A Roma, le opere copriranno tutta la sua intera esperienza artistica. Si va dalle forme sinuose della Femme couchée qui reve, Donna distesa che sogna, del 1929, alla Testa che guarda, quasi coeva, che dialogano con la Paolina Borghese», fino al primo Homme qui marche. Altri uomini e altre donne, altissimi e sottili, stilizzatissimi, saranno sparsi nelle sale. Ma sarà anche ricostruito l’incredibile “ensemble” del 1960, a New York, Chase Manhattan Plaza: tre Donne in piedi e un Uomo che cammina, I versione. Ci saranno anche la Donna cucchiaio e la Donna sgozzata, di tempi più antichi; con il Ritratto di Madina Visconti del 1932, laTesta di Annette, del 1959, e quella «del professor Corbetta» del 1962: Serafino Corbetta, medico a Chiavenna e collezionista morto nel 1976, era un suo caro amico. Nella sala dominata dall’enorme affresco di Giovanni Lanfranco, uno dei capisaldi assoluti del barocco, e non soltanto romano, i busti più noti dello scultore: Lothar III del 1965, l’Uomo del 1961, e Annette, 1961. La sposa, che se n’è andata nel 1993 a 70 anni, modella preferita, nella seconda Guerra crocerossina: si conoscono in una brasserie svizzera nel 1942; lei lo raggiunge a Parigi nel 1946; si sposeranno nel 1949; lei non lo lascia più fino alla morte. Oggi, a Parigi e Zurigo, la Fondazione del grande pittore è intestata a loro due.
Poco viste In mostra, anche opere poco viste, di collezioni private. Per esempio, la Femme de Venise V, del 1956, mentre le principali opere, e i più noti capolavori sono ormai sparsi nei maggiori musei del mondo: alla Guggenheim di Venezia (Peggy ne era una fan assoluta), al Pompidou di Parigi, nei maggiori istituti americani. Del suo surrealismo dei primi tempi ha mantenuto un concetto magico dello spazio; spesso, le sue realizzazioni interpretano alla perfezione anche la solitudine tipica dei tempi moderni. Per qualuno, non gli sono aliene nemmeno le ispirazioni tratte dai bronzetti preistorici. L’angoscia che si legge talora in lui è stata anche la molla di una lunga amicizia con Jean-Paul Sartre. Eppure, iniziata la carriera artistica giovanissimo, non è stato precoce nei successi, almeno quelli ufficiali: la Biennale di Venezia, per dirne una, ha atteso fino al 1962 per tributargli il Gran premio; e perfino tre anni in più la città di Parigi. Adesso, arriva a Roma, nella “reggia” della scultura classica: una mostra così, in Italia, non si era mai vista.
FONTE: ilmessaggero.it
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