Maiolino, Macuga, Benassi: oggi il nuovo allestimento del museo mentre in Russia approdano le collezioni d’arte povera
Fermati, ripara, prepara: variazioni all'Inno alla Gioia per un pianoforte modificato. Questo è il lungo titolo dell'installazione/performance della coppia Jennifer Allora e Guillermo Calzadilla che rappresenta il pezzo forte della nuova fase dell’allestimento della collezione del Castello di Rivoli. Si tratta di un incredibile e assurdo pianoforte a coda con un buco nella sua pancia dove è incastrato un pianista in piedi che suona la tastiera al contrario. La musica è quella del finale della Nona di Beethoven, inno alla fraternità universale utilizzato in tutte le salse e nei più diversi e contraddittori contesti ideologici, e che è diventato l’inno dell'Unione Europea. Due pianisti che si danno il cambio lo eseguono senza sosta.
La performance provocatoriamente dadaista è sconcertante e decisamente spiazzante, perché da un lato la sequenza di suoni risulta incompleta (dato che mancano le corde di due ottave dello strumento) e dall’altro il piano su rotelle vaga per la sala spinto dall’esecutore. Questa operazione ad alto potenziale metaforico, che si collega alla gloriosa serie dei pianoforti modificati da artisti d’avanguardia come John Cage e vari esponenti di Fluxus, è un esempio significativo del modo di lavorare di Allora e Calzadilla.
Il duo, attraverso le più svariate modalità operative (sculture, oggetti, video, foto e performance) affronta in modo anche ludico e spettacolare, ma sempre con un forte tensione critica, le problematiche più complesse e drammatiche dell'attuale società globalizzata. Sono tra gli artisti internazionali che meglio rappresentano quella che oggi è la tendenza di ricerca più vitale e impegnata nell'arte contemporanea: non a caso la loro mostra nel padiglione degli Stati Uniti è forse l’evento più atteso della prossima Biennale di Venezia.
Qui al Castello Rivoli il loro lavoro che si espande sonoramente anche nelle altre sale, ha un valore emblematico dello spirito con cui Beatrice Merz, condirettore del museo, ha impostato la seconda puntata di «Tutto è connesso». È questo il nome del progetto in progress attraverso cui si sta sviluppando la nuova messa in scena della collezione del museo: insieme a una rinnovata presentazione di installazioni e opere di artisti ormai classici che formano l’anima «storica» del luogo propone lavori di artisti più giovani (anche italiani come Favaretto, Bartolini, Airò, Migliora). «Tutto è connesso 2» è incentrata su opere che hanno una più marcata connotazione politico-sociale.
Oltre a Allora e Calzadilla, sempre in sale personali troviamo altri quattro artisti. Elisabetta Benassi lavora sulla trasmissione di informazioni e documenti visivi prelevati da giornali e archivi del passato, e sulla loro rielaborazione intenzionalmente spiazzante e contraddittoria: ci accoglie con una serie di mimetici acquerelli che illustrano notizie stampa. Ha realizzato anche un grande tappeto su cui è tessuto con molta precisione un (ipotetico) vecchio telegramma delle Western Union inviato dall’architetto e filosofo Buckminster Fuller allo scultore Noguchi in cui viene spiegata la teoria della relatività. Un bel cortocircuito spazio temporale.
Goshka Macuga già presente nel museo con un grande tavolo per riunioni sotto l’egida di Guernica (utilizzabile anche dal pubblico), rende omaggio al situazionista Pinot Gallizio rifacendo alcune sue ceramiche distrutte. La ceca Katerina Seda, con un’installazione di elementi metallici minimalisti-concettuali ricostruisce a pavimento la situazione di disagio sociale della sua cittadina stravolta dall’insediamento di una fabbrica della Hyundai.
E infine ecco l’italo-brasiliana Anna Maria Maiolino che ha riempito una stanza con centinaia di uova fresche che il pubblico è invitato ad attraversare possibilmente senza fare disastri. La metafora è chiara: è una situazione in cui si può percepire direttamente la precarietà e la fragilità della vita, a tutti i livelli. Il percorso espositivo del museo si carica così di energie estremamente attuali, attraverso opere d'arte che funzionano come dispositivi estetici con l’intento di aprire nuove prospettive di visione del mondo.
E bisogna parlare ancora di un’altra importante iniziativa che intende rilanciare a livello internazionale l’immagine del museo (che rischiava di diventare un po’ troppo ingessata). Si tratta dell’esportazione di una bella rassegna di opere dell’Arte Povera, la maggior parte degli anni 60/70, che il 25 maggio si inaugurerà a Mosca al Mamm (Multimedia Art Museum Moscow). Sono una trentina di lavori di proprietà del Castello di Rivoli o in comodato (della Fondazione Crt per l’arte contemporanea) che rappresentano degnamente l’Italia nell’ambito di un programma ufficiale di scambio culturale fra i due paesi. È la prima mostra importante di questo gruppo in Russia. Gli artisti in mostra sono Anselmo, Boetti, Calzolari, Fabro, Kounellis, Mario e Marisa Merz, Paolini, Penone, Pistoletto, Zorio.
FONTE: Francesco Poli (lastampa.it)
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