Al Chiostro del Bramante centocinquanta opere dell'inimitabile incisore olandese, a ripercorrere il suo caleidoscopio dove l'artista si confonde con l'intellettuale e con il matematico. Fino al 22 febbraio
Pozzanghere che si aprono come crateri sotto i nostri piedi, scarabei che procedono lungo la loro via come se scalassero montagne, altri mondi che entrano dalle finestre in ogni direzione, bucce che si srotolano come nastri di Mobius dalle nuvole fin sopra le nostre teste. Il fantastico mondo di Maurits Cornelis Escher (1898 - 1972) arriva a Roma, in una mostra - intitolata semplicemente "Escher"- al Chiostro del Bramante da oggi fino al 22 febbraio 2015, a cura di Marco Bussagli. Fantastico ma realistico allo stesso tempo, come conferma quest'esposizione, che raccoglie oltre 150 opere in un percorso che tenta di seguire un'ideale sguardo dell'artista-incisore olandese sugli elementi che i suoi occhi hanno incontrato -e raffigurato- in numerose litografie e xilografie. Opere che non misurano quasi mai più di trenta o quaranta centimetri, piccoli concentrati di segni grafici che, come in un caleidoscopio, svelano un mondo da guardare e riguardare all'infinito, per scorgere ogni volta una linea nuova e, con essa, un punto di vista inedito, più da intellettuale che da artista, che si stupiva di continuo di fronte alle bellezze dei paesaggi che visitava, Italia inclusa. Il verde intorno a Siena e i vicoli di San Gimignano lo avevano rapito nel ricordo della sua terra, l'Olanda, e questi parallelismi personali lo facevano spingere ad avventurarsi in veri e propri viaggi mentali. Architetture naturali che davano il via alla creazione di spazi geometrici che sono diventati ben presto la sua cifra distintiva.
Gran parte delle opere esposte proviene dalla Collezione Federico Giudiceandrea, come "Casa di scale (Relatività)" del 1951 ma ci sono anche diverse litografie della M. C. Escher Foundation (che ha collaborato con DART Chiostro del Bramante e Arthemisia Group alla realizzazione della mostra), come la celebre "Mano con sfera riflettente" del 1935. Così Maurits Cornelis Escher rivive in questa antologica tra oggetti tridimensionali e bidimensionali nati dalle sue stesse mani, seguendo gli insegnamenti della scuola Gestalt, famosa per la sua attenzione al tema della percezione da un punto di vista psicologico ma anche matematico. Per meglio comprendere questi aspetti, la mostra è organizzata facendo vivere al visitatore tre "esperienze", in un percorso in cui si passa dapprima accanto alle forme concave e convesse, la seconda in cui si conoscono più da vicino le profondità, la terza per entrare - e perdersi - nelle pareti optical. Il percorso continua in maniera ludica con sei giochi ottici: tra pieni, vuoti e illusioni, si ripercorrono i temi salienti dell'arte di Escher, che rivivono ora la degna attenzione dopo una tardiva scoperta del suo valore, arrivata soltanto nel 1954 in concomitanza con il congresso internazionale di matematica ad Amsterdam. Da lì in poi la strada per la gloria fu imboccata, la fama dell'artista arrivò anche in ambienti lontani dalla sua produzione. Gli hippies stravedevano per lui e le sue illusioni ottiche, che riproducevano di continuo in poster e t-shirt. Mick Jagger nel 1969 gli scrisse una lettera implorandolo invano un disegno per la copertina: la richiesta venne considerata dall'artista troppo confidenziale ("Dear Maurits) e da lì in poi il copyright delle sue opere si inasprì ancora di più. Di copiare, emulare, citare Escher il mondo non ha mai smesso ma di artisti con il suo stesso genio c'è stato uno solo e, questa mostra, lo spiega bene.
FONTE: Valentina Bernabei (repubblica.it)
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