Ci sono mostre il cui impianto teorico (fondamentale diventa
in questi casi la lettura del catalogo) ti seduce, ma la cui
realizzazione ti lascia alquanto perplesso. È il caso di «Cook Book» la
mostra ideata da Nicolas Bourriaud in collaborazione con il critico
gastronomico Andrea Petrini.
Nel saggio introduttivo il direttore del Palais des
Beaux-Arts di Parigi spiega come l’arte culinaria stia vivendo oggi un
momento paragonabile a quello che il cinema ha vissuto ai tempi della
nascita della Nouvelle Vague cinematografica francese. Allora una serie
di critici e di registi come Truffaut, Godard e Rohmer sdoganò il cinema
dei vari Hitchcock, Ford & C., facendo comprendere che non erano
«artigiani» del cinema, ma «autori» a tutti gli effetti. Analogamente
oggi chef come Ferran Adrià, René Redzepi, i nostri Scabin e Bottura
devono essere considerati artisti a tutti gli effetti, tanto che si può
esporre il processo creativo che li porta a ideare i loro piatti proprio
come si fa con le opere d’arte: nella trasformazione della materia c’è
il filo rosso che accomuna i cuochi agli artisti.
Così il catalogo - ma non la mostra che segue un altro
ordine - si apre con i ritratti di 21 chef di tutto il mondo (l’Italia
ne vanta ben tre: Bottura, Scabin e Alajmo), un loro profilo e immagini
che rimandano a quanto espongono. Di Ferran Adrià (che fu già sdoganato
come artista contemporaneo dal curatore della penultima Documenta di
Kassel) c’è in mostra un pannello-lavagna con i disegni che lui e il
fratello pasticcere fanno nel loro laboratorio di ricerca quando
studiano un nuovo piatto. Di Massimo Bottura c’è un video in cui lo chef
modenese racconta come nasce «Tutte le lingue del mondo», un piatto con
lingua di vitello incrostata di creta e carbone che si ispira a Lucio
Fontana.
In mostra la parte dedicata agli chef è in effetti la più
interessante, mentre aleatoria e con scelte discutibili appare la
sezione dedicata agli artisti con opere dagli Anni 70 a oggi: ci sono
tra gli altri Spoerri, Sophie Calle (divertenti i suoi menu colorati
molto Fluxus), Alice Channer, Elad Lassry con i suoi cavoli rossi, John
Trembley con due disegni geometrici il cui nesso con la cucina è
francamente incomprensibile. In questo match hai l’impressione che,
mentre la selezione degli chef sia stata fatta puntando sulle eccellenze
internazionali (i 21 cuochi li ritroviamo nei World’s 50 Best
Restaurants e sulle guide Michelin con tre o due stelle), quella degli
artisti sia stata fatta piuttosto casualmente : ad esempio, perché le
sardine di Alisa Baremboym e non le cozze di un genio come Marcel
Broodthaers?
Al secondo piano la mostra offre un omaggio al nostro
Gianfranco Baruchello in virtù della sua «Agricola Cornelia», una o due
nature morte, alcuni Capricci di Goya,
disegni che riproducono lo splendore architettonico delle tavole
dell’impero asburgico, bassorilievi e opere varie in tema culinario
dalle collezioni dell’Ecole des Beaux-Arts.
L’ART ET LE PROCESSUS CULINAIRE
PARIGI, PALAIS DES BEAUX ARTS
FINO AL 9 GENNAIO
FONTE: Rocco Moliterni (lastampa.it)
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