A Roma, il nuovo spazio della Pelanda dell'ex Mattatoio ospita la grande mostra tra arte e scienza. Tra i dodici artisti coinvolti, spicca il compositore premio Oscar Ryuichi Saakamoto con le sue "architetture" sonore per nove acquari di cristallo
Lo spazio è d'un buio pesto che quasi ci si muove a stento. Sospesi a mezz'aria (in realtà sono esattamente due metri e quaranta centimetri da terra) appaiono nove acquari quadrangolari di cristallo, pieni d'acqua con relativi effetti di nebbia artificiale. Il punto d'osservazione diventa obbligato, esattamente sotto ciascun modulo "acquatico", che si rivela essere uno schermo dove filtrano dall'alto proiezioni surreali e visionarie, del tutto ipnotiche e suggestive, tra spezzoni di film, sequenze di numeri e parole, movimenti di luci. Nulla è caotico o casuale, ma frutto di una sincronizzazione sofisticata che evita qualsiasi ripetizione, in modo che lo spettatore abbia sempre uno spettacolo diverso, da acquario ad acquario. Non solo di immagini, perché ogni cubo d'acqua ha la sua "variazione stereofonica" che si ricompone e si ricombina secondo il processo vitale di un'architettura sonora zen, che sembra placare anche l'animo più irrequieto.
È "Life-Fii (fluid, invisibile, inaudibile)" l'installazione multisensoriale del grande compositore giapponese premio Oscar Ryuichi Sakamoto, sensei, ossia "maestro" come lo chiamano tutti, firmata in tandem col videoartista Shiro Takatani, incentrata sul tema ambizioso della "vita nel presente contemporaneo". Opera che per la prima volta esce fuori dal Giappone per sbarcare a Roma e impreziosire la bellissima mostra-evento "Digital Life" ospitata alla Pelanda, nuovo grandioso spazio di archeologia industriale (il nome deriva dal luogo dove si pelavano i maiali) ricavato dal Mattatoio di Testaccio con un complesso intervento di restauro fortemente voluto dal Comune di Roma, durato tre anni e tredici milioni di euro. Ideata e organizzata dal Romaeuropa Festival, fortemente voluta e sostenuta dall'assessorato capitolino alla Cultura, la mostra curata da Richard Castelli diventa un percorso "esperienziale" delle ultime frontiere del digitale all'insegna dell'immersività dove il pubblico, fino al 2 maggio, si ritrova catapultato in installazioni rigorosamente hi-tech firmate da dodici illustri artisti contemporanei.
Fil rouge è quello di offrire una complessità di visione e di esperienze, ma soprattutto di lasciar intuire al pubblico "una visione senza complessi del futuro - come dice Castelli - che porterà all'abbandono di cornici, quadri, schermi che hanno condizionato la nostra visione dalla fine della preistoria e delle sue grotte dipinte e vedrà lo sviluppo di nuovi supporti in tutti i sensi della parola". Cuore di questo futuro "senza gravità", come dice il curatore, è inevitabilmente l'incontro tra artisti e spazio.
A tal proposito commenta sensei Sakamoto: "La Pelanda è un luogo favoloso, per noi è un sogno che si è avverato mostrare proprio qui l'installazione. L'opera è la stessa concepita in Giappone ma vederla qui, installata in questo spazio, ha avuto un forte impatto su di me. La Pelanda mi sembra la cosa più bella che c'è in questa mostra. Il lavoro - racconta Sakamoto - prende le mosse dai presupposti tematici e i materiali raccolti nel 1999 per l'opera Life, che doveva celebrare in un certo senso i lutti e le oscurità depositate nelle pieghe della memoria del '900. Tre anni fa con Takatani ci siamo messi insieme a decostruire quel lavoro, utilizzando i vari materiali per riformulare questa installazione di oggi. Siamo orgogliosi del risultato perché siamo riusciti a creare qualcosa di nuovo, un'esperienza innovativa per il pubblico. La mia idea è infatti quella di liberare suono e musica dalla realtà del tempo, musica e suono sono liberi per la prima volta di muoversi al di là della dimensione temporale".
E nell'era di "Avatar", il kolossal di James Cameron, lo show di "Digital Life" segna l'apoteosi della ricerca tecnologica applicata all'arte visiva, dove domina un nuovo sistema audiovideo in 3D, Avie (che sta per Advanced Visual Interactive Environment), che tradotto significa che con Avie in pubblico dotato di appositi occhialini è calato in un ambiente cinematografico interattivo e immersivo a 360 gradi grazie a immagini combinate da più proiettori e suoni da fonti diverse. La chicca è che grazie ad un sistema di cineprese a infrarossi, in tempo reale un software genera elabora degli "avatar" del pubblico all'interno dell'ambiente immersivo, interagendo con esso. A potenziare l'applicazione di Avie nelle arti visive è l'australiano Jeffrey Shaw che firma la sua installazione su uno schermo cilindrico di quattro metri d'aktezza e dieci di diametro sul quale si divertono a combinare le immagini "reattive" con dodici proiettori.
A esplorare le potenzialità di Avie ci sono anche il francese Jean Michel Bruyère, e il tedesco Ulf Langheinrich. Altri virtuosismi hi-techi li offre la straordinaria "Ondulatio", firmata da Thomas McIntosh, Emmanuel Madan e Mikko Hynninen, dove in una grande vasca d'acqua, le onde si increspano sulla base di una partitura musicale, mentre Erwin Redl porta "Matrix", un nome un programma, dove lo spettatore è immerso in un'architettura ambientale fatta di luci. Raffinatissimo, il lavoro "Mom" di Christian Partos, apparentemente un ritratto a mosaico della mamma, in realtà una composizione di cinquemila specchi rifrangenti opportunamente illuminati per creare l'effetto immagine del volto. Fino all'italiano Maurizio Martusciello, in arte Martux_M che gioca con modulazioni audio-video abbinate a musica techno, e Julien Maire che combina video, fotografia e macchina per creare sculture.
Notizie utili - "Digital Life", dal 3 marzo al 2 maggio 2010, Pelanda, piazza Orazio Giustiniani, 4, Roma. La mostra è ideata e organizzata dal Romaeuropa Festival.
Orari: martedì-venerdì 16-24, sabato-domenica 12-24.
Ingresso: intero 6 euro, ridotto 4 euro.
Informazioni: 060608, www.romaeuropa.net
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