A Versailles l’artista italiano porta le sue installazioni in cui la natura diventa scultura
Dopo il trionfo pop e iperkitsch dei giocattoloni e dei banali oggetti monumentali di Koons, dei manga variopinti di Murakami, delle bizzarre statue e carrozze di Veilhan, e delle enormi surreali scarpe e parrucche di Maria Antonietta della Vasconcelos, che nelle precedenti mostre avevano invaso gli spazi interni e esterni della reggia, con discutibili effetti spettacolari, quest’anno a Versailles è finalmente arrivato uno scultore contemporaneo, Giuseppe Penone, capace di innescare un vero dialogo culturale e estetico con questo luogo senza rischiare di trasformarlo in un parco a tema. Penone è stato invitato perchè è sicuramente l’artista più adatto per entrare in sintonia dialettica con l’eccezionale architettura vegetale messa in scena da André Le Nôtre, di cui si festeggia il quattrocentesimo anniversario della nascita.
Il grande giardiniere di Luigi XIV aveva progettato il parco per esaltare il potere dell’uomo sulla natura, ma, come scrive lo scultore, questa realizzazione sottolinea al contrario la forza e il potere della natura che minimizza l’azione dell’uomo, obbligato a un lavoro perenne di manutenzione per preservarlo. Da parte sua Penone, invece di cercare di sottomettere gli elementi naturali alla formalizzazione artificiale, ha sempre lavorato enfatizzando le essenziali potenzialità espressive di questi. «Il mimetismo oggettivo delle mie opere annulla la mia azione di scultore e concentra l’attenzione sulla straordinaria intelligenza della crescita vegetale e sulla dimensione estetica perfetta presente nella natura». In altri termini si può dire che l’artista si limita, attraverso in suoi interventi, a far emergere e visualizzare la natura come scultura.
Nelle sale della reggia, con funzione introduttiva, ci sono solo tre opere tra cui un grosso tronco scavato per mostrare all’interno come era agli inizi della sua crescita. Tutte le altre diciannove sculture in bronzo e in marmo sono strategicamente installate nel parco in due parti distinte. Il primo gruppo di lavori è disposto sulla grandiosa prospettiva centrale che va dalla reggia fino al Bassin d’Apollon e al Grand Canal. Le due prime sculture in bronzo enfatizzano la simmetria e la fuga prospettica dello spazio. La prima è un tronco collocato in orizzontale e sezionato in vari pezzi bucati (e dorati) all’interno, che sembrano alludere a un cannocchiale.
E la seconda, Tra scorza e scorza, è formata dal calco di un grande albero aperto a metà con dentro una vera giovane quercia. Nel viale di ghiaia sotto il bacino di Latona (che è in fase di restauro) entrano in scena sei massicci blocchi di marmo di Carrara, scavati in superficie e all’interno per mettere plasticamente in evidenza le venature, che emergono come strane configurazioni anatomiche organiche. In mezzo ai blocchi troviamo un’installazione con una colonna (anch’essa scavata allo stesso modo) posata orizzontalmente su una superficie di marmo su cui sono visibili le tracce del suo rotolamento. Questi lavori si confrontano, con sorprendente vitalità, con la sequenza di statue classiche barocche su piedestalli che stanno tutt’intorno intorno, anch’esse in marmo (probabilmente di Carrara).
E discendendo si arriva infine al Tapis Vert, un ampio prato, a cui fanno da quinte le siepi geometriche con le entrate nei vari boschetti laterali. Qui Penone ha collocato tre monumentali alberi di bronzo. All’inizio si innalza un Albero folgorato, le cui spaccature in alto, dorate all’interno, sembrano lingue fiammeggianti grazie ai riflessi del sole. E poi troviamo Triplice, un albero con tre lunghi rami in tensione per il peso di grosse pietre; e Le foglie e le radici , una pianta rovesciata con le radici in alto che ospitano un vero alberello nascente. Sono sculture che creano un affascinante e anche inquietante effetto di spiazzamento rispetto al nitido ordine geometrico circostante.
Per controbilanciare la lunga sequenza piuttosto lineare di questo insieme di opere, che si disperde un po’ nella vastità del parco, Penone ha collocato l’altro principale gruppo di lavori nello spazio circoscritto del Bosquet de l’Etoile, giocando sull’intensità della concentrazione. Qui scopriamo un boschetto nel boschetto formato da sette piante sempre in bronzo, tra cui svetta letteralmente sospeso un tronco con le radici in aria, che sembrano sostenute in alto dai tronchi di alcuni veri alberi tutt’intorno. Chissà cosa penserebbe Le Nôtre se ritornasse a vedere ora il suo parco. Io credo che, dopo aver parlato con Penone, sarebbe più ammirato che sconcertato.
PENONE VERSAILLES
PARIGI, REGGIA DI VERSAILLES
FINO AL 2 OTTOBRE 2013
FONTE: Francesco Poli (lastampa.it)
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