A Roma, una grande mostra celebra una leggenda della fotografia contemporanea, il "Cartier Bresson a colori". Oltre duecento scatti raccontano tutti i suoi viaggi, compreso l'ultimo, in Italia. L'abbiamo intervistato
Ci sono i manifesti strappati da un muro di Venezia e i set deserti di Cinecittà, le processioni del venerdì santo in Sicilia e il mercato bric-à-brac di Porta Portese di Roma. I colori sontuosi, la perfezione dell'inquadratura, i dettagli virtuosi, rimangono gli stessi di sempre, ma spicca un nuovo orizzonte paesaggistico, una nuova umanità, nella grande mostra antologica di Steve McCurry che dal 3 dicembre al 29 aprile invade gli spazi de La Pelanda al MacroTestaccio.
Uno dei più grandi fotografi viventi, americano di Philadelphia, classe '50, firma di punta di riviste prestigiose come National Geographic, Time, Life, inviato da trent'anni a documentare l'universo Oriente, tra guerre, povertà, misticismi e natura, sfoggia per la prima volta i lavori più recenti, dal 2009 al 2011, tra buddhismo, Cuba, Birmania, fino all'Italia. Un omaggio frutto di sei mesi di indagini tra città e regioni in occasione dei 150anni dall'Unità. A impreziosire la mostra, l'allestimento di "igloo" hi-tech che accolgono le opere, firmato dall'architetto e designer Fabio Novembre. "Il lavoro di McCurry è sulle incertezze e debolezze - commenta Novembre - E l'umanità che ci restituisce McCurry è cosciente delle proprie debolezze. Io ho voluto trovare una casa a questa umanità. Gli igloo allora diventano il viaggio nomade dell'umanità". Ne parliamo con Steve McCurry.
Per la prima volta la forza e la bellezza delle sue fotografie non scorrono sulle pareti ma "abitano" uno spazio...
Rispetto alle mostre precedenti cambia completamente il concetto di visione. Si mettono in luce gli aspetti fondamentali dei luoghi ritratti proprio attraverso l'unicità del design.
Ogni fotografia ha una sua storia. Ma a quale di queste foto si sente più legato?
Domanda difficilissima. E' quasi impossibile avere una foto preferita (McCurry ci riflette a lungo, sfogliando le pagine del catalogo della mostra, ndr.) Sono come dei figli. Forse, in questo caso, penserei all'Italia. Con questa mostra ho avuto la possibilità di raccontare l'Italia con foto inedite.
E qual è la sua Italia?
Si potrebbe cominciare a parlare della bellezza dell'Italia, ma non vorrei che suonasse come un cliché. L'Italia è probabilmente il paese dove il senso della bellezza è più evidente, perché tutto qui sembra un pezzo d'arte. Io non ho cercato la bellezza canonica, da cartolina. Ci sono luoghi fotografati milioni di volte, la grande sfida è stata quella di cercare di mostrare qualcosa di nuovo su luoghi bellissimi.
Per esempio?
Il cimitero del Verano a Roma. Ho camminato ore e ore in questo luogo. La sua bellezza è frutto di una combinazione di più elementi. Offre un'esperienza emotiva molto forte. Si percepisce una sorta di profonda tristezza, ma allo stesso tempo emana una suggestiva bellezza che commuove. E' un luogo che vive di questo paradosso. Ne ha visitati tantissimi di cimiteri da ma questo è il più interessante del mondo. Mi ha affascinato come esperienza umana, non tanto come attrazione turistica.
In mostra, molti scatti sono dedicati a Venezia e alla Sicilia
Venezia è una gemma, un concentrato di arte. Della Sicilia mi ha colpito molto la passione. Soprattutto nelle tradizioni religiose, nelle processioni per le festività di Pasqua. E sono rimasto colpito da come la forza delle tradizioni si senta anche nei luoghi più nascosti, nei paesini agli angoli dell'Italia.
C'è un'immagine che l'ha fatto "soffrire" di più rispetto ad altre, in termini emotivi ma anche di realizzazione tecnica.
Soprattutto quelle realizzate in Afghanistan, per le difficoltà e i pericoli del momento. Ho passato molto tempo nelle zone di guerra e tutto diventa più complicato. Ma ora non so bene se voglio tornare a raccontare queste storie, forse in questa mia vita ora voglio dedicarmi ad altre storie.
Pensa di guardare più all'Occidente?
No, affatto. Non è una questione di Oriente o Occidente. Il prossimo mese sto per andare in Turchia, poi Singapore e la Thailandia.
Il volto della bambina afghana è il suo capolavoro. La Mona Lisa del Novecento. Ci racconta com'è nata quella foto, come scoprì quel volto?
Nel 1984 ero in Afghanistan, in un campo profughi, e stavo visitando una scuola femminile. Vidi questa bambina, in un angolo, aveva degli occhi brillanti. Per lei era la prima volta che incontrava uno straniero, ed era la prima volta che veniva fotografata da qualcuno. Lei era orfana, rifugiata. Mi guardava in modo curioso, anche perché non riuscivo a parlare la sua lingua. Era una sitazione in cui tanti elementi diversi si sono combinati tra loro. La sua espressione racchiude tutto il senso: lei era se stessa, aveva esattamente quello sguardo, non rideva, non piangeva, non si arrabbiava, era assolutamente se stessa. E' una foto impossibile da rifare. Semplice ma potente.
Notizie utili - "Steve McCurry", dal 3 dicembre al 29 aprile 2012, Macro Testaccio La Pelanda, piazza Orazio Giustiniani 4, Roma. Organizzazione: Civita.
Orari: martedì-domenica 15-23.
Ingresso €10, ridotto €8.
Informazioni: 06671070443, 060608
FONTE: Laura Larcan (repubblica.it)
Nessun commento:
Posta un commento