Nella Galleria Civica, una mostra racconta il sacro nella contemporanea. Da Chen Zhen a Giovanni Anselmo, una riflessione anticonformista tra installazioni, video, sculture e "archi" sonanti
Il sacro nell'arte contemporanea non ha nulla di prevedibile, retorico, sentimentale o conformista. Ma diventa un gioco di camouflage, un palcoscenico di riflessioni esistenziali, una frontiera di impegno civile, ma anche un ritorno alle origini, un'esigenza primaria di fusione con la natura. A raccontarlo bene è la piccola grande mostra "Lo spazio del sacro" ospitata dal 5 dicembre al 6 marzo dalla Galleria Civica sotto la cura di Marco Pierini, articolata tra la nuova sede fresca di restauro, e quindi tutta da scoprire, della Palazzina dei Giardini, e a Palazzo Santa Margherita. Protagonisti sono dodici artisti di fama internazionale caratterizzati da una predisposizione personale alla riflessione sul tema del sacro, da Adel Abdessemed, a Giovanni Anselmo, da Chen Zhen, ad Anish Kapoor e Richard Long.
Ognuno porta una propria opera-installazione che diventa un assolo ideale e intimo nelle parata di stanze monumentali intrise di sapore storico. Una soluzione, questa, che consente allo spettatore di affrontare l'opera nella sua totale complessità concettuale e prendersi la giusta pausa di meditazione che il lavoro suggerisce. Non c'è misticismo, non c'è ispirazione spirituale, solo arte allo stato puro che racconta la ricerca emotiva dell'uomo-artista. E il segreto sta tutto nel catturare queste dodici emotività.
L'algerino Abdessemed, eclettico nelle sua forza artistica, propone "God is design", un video del 2005 composto da 3050 disegni che orchestrano diversi elementi simbolici religiosi dal Cristianesimo al Giudaismo all'Islam, per codificare un ideale esperanto della religione. Maestro dell'Arte Povera, Anselmo, lavora su elementi primari, apparentemente di natura opposta e quindi incompatibili, che cerca di assemblare per rivelare una loro affinità elettiva. Il franco-tedesco Kader Attia firma "Small History of a Myth: The Dome of the Rock", installazione multimediale che riproduce attraverso un dado e un bullone la Cupola della roccia di Gerusalemme, monumento emblematico ed evocativo dei conflitti interreligiosi, mentre l'egiziano Wael Shawky propone "Al Aqsa Park", un video del 2006 dove la Cupola della Roccia di Gerusalemme è vista come una trottola che ruota attorno al proprio asse, metafora che mette a fuoco il complesso equilibrio fra politica e religione.
Sulla fluidità del tempo in rapporto allo spazio, gioca anche l'installazione del mantovano Paolo Cavinato, mentre il livornese Vittorio Corsini con "God Save The People", porta una scultura in legno laccato composta da quattro piante di altrettanti edifici di culto di diverse religioni, illuminata da una luce proveniente dall'interno. A evocare il rapporto profondo tra l'uomo e l'ambiente ci pensa un grande come Richard Long, che con il famoso "Arizona Circe" del 1987, utilizza i materiali raccolti nel corso delle sue passeggiate-performance solitarie per raccontare i segni essenziali e archetipici della vita, tra spirali e linee. Ecco poi lo spagnolo Jaume Pensa che con "Jerusalem" realizza una monumentale installazione composta da 18 gong disposti all'interno della Sala Grande di Palazzo Santa Margherita, ciascuno con inscritto un passo dal Cantico dei Cantici. Mentre nel chiostro dell'edificio incombe la grande sfera di Josep Ginestar composta da centinaia di impronte di mani, sagomate su metallo, dei frequentatori del Palazzo, che circondano una sfera dorata.
Del grande Chen Zhen (scomparso nel 2000) spicca in una delle sale della Palazzina dei Giardini, la "Chairs of Nirvana", una cupola realizzata da sedie, e sempre qui l'anglo-indiano Anish Kapoor dona un suo tocco magistrale con un'installazione articolata intorno ad una sorgente di luce che diventa unico punto di riferimento all'interno dello spazio, un mise en scene di grande suggestione. Sospeso all'interno della cupola della Palazzina dei Giardini appare, poi, l'arco di sette metri e mezzo, in legno e metallo del riminese Roberto Paci Dalò che grazie ad un dispositivo produce un suono che si diffonde nello spazio. Un percorso dove le parole di Mircea Eliade suonano come perfetta didascalia: "il sacro, nell'arte contemporanea è divenuto irriconoscibile; si è camuffato in forme, propositi e significati che sono apparentemente 'profani'. Il sacro non è scontato, com'era per esempio nell'arte del Medioevo. Non si riconosce immediatamente e facilmente, perché non è più espresso attraverso il convenzionale linguaggio religioso".
Notizie utili - "Lo spazio del sacro", dal 5 dicembre al 6 marzo 2011, Galleria Civica di Modena, Palazzo Santa Margherita (corso Canalgrande 103) e Palazzina dei Giardini (corso Canalgrande). La mostra è organizzazione e prodotta dalla Galleria Civica insieme alla Fondazione Cassa di Risparmio di Modena
Orari: martedì - venerdì 10.30 - 13; 15-18, sabato domenica e festivi 10.30-19, lunedì chiuso
Ingresso gratuito
Informazioni: tel. 059-2032911/2032940
Catalogo: Silvana editore
FONTE: repubblica.it
Nessun commento:
Posta un commento