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mercoledì 6 marzo 2013

Quirinale, Tiziano Vecellio show


Grande rassegna alle Scuderie. Quaranta opere tra cui l'Uomo con il guando, capolavoro dell'artista veneto, in prestito dal Louvre, e lo Scorticamento di Marsia, in arrivo dalla Repubblica Ceca. Sarà visitabile fino al 16 giugno


L'"uomo con il guanto" torna a Roma, da Parigi: il capolavoro di Tiziano, custodito al Louvre, fa rientro in Italia per la mostra "Tiziano", a cura di Giovanni C. F. Villa, alle Scuderie del Quirinale di Roma dal 5 marzo al 16 giugno 
2013. L'olio su tela, del 1523 circa, è solo uno dei tanti pezzi pregiati dati in prestito per la mostra dalle massime istituzioni museali italiane e straniere che hanno collaborato a questa grande esposizione di Tiziano Vecellio, uno dei primi pittori italiani ad avere inteso la produzione artistica come  produzione aziendale, per cui lavorò a stretto contatto con i mecenati dell'epoca. Sono rientrate in patria per la retrospettiva romana anche altre importanti opere finora ammirate "fuori sede", come "Carlo V con il cane" e l'"Autoritratto", entrambe conservate al museo del Prado di Madrid.

Dalla Repubblica Ceca è stato spedito il celebre dipinto "Scorticamento di Marsia", custodito al museo nazionale di Kromeriz: fa parte della serie di opere a sfondo mitologico ed è risalente all'ultimo periodo della vita di Tiziano, che morì a Venezia nel 1576, data certa al contrario di quella della sua nascita, a lungo discussa e quasi sicuramente individuata tra gli anni 1480 e 1485, a Pieve di Cadore.

Nella capitale sono arrivati da tutta Italia anche i capolavori esposti nelle diverse città del nostro Paese: "Il Concerto" e la "Bella" di Palazzo Pitti, la "Flora" degli Uffizi di Firenze, la Pala Gozzi di Ancona, il "Ritratto di Paolo III senza camauro" e la "Danae" di Capodimonte. L'occasione è più unica che rara, infatti, sono trascorsi più di vent'anni dall'ultima monografica: prima di Roma Venezia celebrò Tiziano con una retrospettiva a Cà Pesaro nel 1935, a cui seguì nel 1990 la mostra a Palazzo Ducale.

Ora alle Scuderie del Quirinale si rende finalmente di nuovo omaggio a uno dei massimi interpreti del Cinquecento europeo, con una mostra che ne evidenzia l'intero arco della sua attività pittorica, sempre alla ricerca dell'eccellenza e dell'innovazione legata soprattutto al colore. In totale le opere esposte sono circa 40 e ripercorrono, di decennio in decennio, le diverse tappe artistiche della carriera del pittore italiano, dai primi lavori veneziani a seguito dei maestri nelle botteghe di Giovanni Bellini e Giorgione (da cui imparò tutto sull'uso del colore che poi personalizzò con successo insuperabile a modo suo) fino ad arrivare alle committenze imperiali di Carlo V e poi del figlio Filippo II, passando per le grandi tele per i dogi, gli Este e i Della Rovere.

Da domenica 10 marzo la mostra sarà visibile anche accompagnati da bambini, da quel giorno infatti iniziano i laboratori d'arte per ragazzi fino agli 11 anni.

FONTE: Valentina Bernabei (repubblica.it)

venerdì 31 agosto 2012

Tiziano, nella selva (non più) oscura



Alberi protagonisti come i personaggi sacri Quei pittori che hanno illuminato la natura

«Quadro, che ognun, che'l vede el se ghe inchina...Opera umana no, ma ben divina» lo aveva definito nel 1660 il Boschini nella sua Carta del navegar pittoresco, dopo averlo ammirato in Casa Grimani. E ben prima di lui si era profuso in entusiastici apprezzamenti anche il Vasari, lodando gli animali «quasi vivi» e l'incredibile ambientazione boschiva. E certo il grandioso telero dipinto da quel giovane pittore arrivato dal Cadore e che già era stato allievo del Bellini per entrare poi nella bottega di Giorgione era di una novità sconvolgente. Una testimonianza altissima di quella rivoluzione che avrebbe caratterizzato la cultura artistica veneta nei primi decenni del Cinquecento, trasformando il rapporto tra figura e natura, elevando il paesaggio e l'elemento atmosferico da sfondo, da semplice cornice, a soggetto di primo piano della narrazione, cassa di risonanza in grado di riverberare i sentimenti stessi dell'uomo.
Oggi, dopo 250 anni, l'imponente dipinto con la Fuga in Egitto di Tiziano (204 x 324 cm) esce per la prima volta dalla Russia per arrivare, dopo una sosta alla National Gallery di Londra, in laguna, nella mostra aperta da oggi alle Gallerie dell'Accademia. Un'occasione irripetibile per ammirarlo data l'eccezionalità del prestito (da Venezia tornerà definitivamente a San Pietroburgo) e rileggerlo in tutti i suoi particolari e nella suggestione della sua luce e dei suoi colori ritornati all'originaria ricchezza dopo il lungo restauro condotto dal Museo Ermitage, cui appartiene. Realizzato da Tiziano intorno al 1507 per Andrea Loredan e il suo nuovo palazzo sul Canal Grande, il telero era infatti giunto in Russia nel 1768, acquistato da Caterina la Grande per il Palazzo d'inverno e subito inserito nella lista dei più importanti dipinti della Galleria.
Ma se quest'opera straordinaria, così significativa per gli sviluppi dell'arte di Tiziano e di un'intera epoca, è il fulcro dell'evento veneziano, tutt'intorno s'intreccia un racconto dove ogni episodio è un capolavoro dei grandi maestri che si sono accostati in modo inedito alla natura, interpretandola in tutta la varietà delle sue forme con una freschezza e una libertà di resa assolutamente nuove. «È un percorso tracciato da coprotagonisti che si guardano a vicenda, così come andava allora verificandosi nella Roma di Giulio II», commenta Giuseppe Pavanello, curatore della mostra insieme a Irina Artemieva. «Ma se nella Cappella Sistina di Michelangelo o nelle Stanze Vaticane di Raffaello l'accento è sul dato umano, a Venezia è sulla scoperta del paesaggio, sul dato altrettanto meraviglioso di natura. Né va dimenticata l'influenza dei modelli nordici qui già ben noti, come le scene visionarie e metamorfiche di Bosch allora presenti nella collezione Grimani e oggi per la prima volta esposte in dialogo con la maniera dolce e le delicate trasparenze atmosferiche di Giorgione o le incisioni di Dürer, con quella sua capacità di cogliere, della natura, anche la specificità di una foglia, di un filo d'erba e di cui in mostra si potrà vedere l'incisione con la fuga in Egitto, contraltare con i suoi bianchi e grigi e il paesaggio aspro e inospitale di quella idilliaca e in technicolor di Tiziano».
Ad aprire questo percorso tra maestri veneziani e maestri oltremontani è l'Allegoria sacra di Giovanni Bellini, con quella terrazza affacciata sul lago e quelle figure di santi che sembrano parte integrante della serena bellezza del creato. Ma se in lui, come ha scritto Adriano Mariuz, «le figure si accampano monumentali mentre la natura sembra farsi abside e altare ad accogliere icone viventi» è con Giorgione che si sposteranno ai lati, mentre protagonista diventa il paesaggio, con la sua modulazione di luci e di ombre, con il suo carico di fascinazione e mistero, come si può cogliere da opere celeberrime e qui esposte,Il tramonto, Omaggio al poeta, La tempesta. Ma tante altre ancora, e tutte altissime, sono le voci, tanti i capolavori che si rincorrono in mostra, di Sebastiano del Piombo, di Dosso Dossi, dell'esordiente Lorenzo Lotto, fino a Tiziano, che porterà ai vertici più alti il cammino intrapreso. E il grandioso telero con la Fuga in Egitto (sul quale era stata inizialmente tracciata una Natività rivelata da uno studio a raggi X), ne è una prova stupefacente. Se infatti la composizione è ancora ispirata agli affreschi di Giotto nella Cappella degli Scrovegni, rivoluzionario è il modo di rendere la natura, il vero focus della narrazione, con gli animali palpitanti di vita, l'asinello condotto da un giovane, i pastorelli, le limpide acque a cui ristorarsi e quegli alberi diventati importanti come personaggi, mentre lo sfondo si perde in lontananza, digradando in piani successivi. Un paesaggio così fascinoso che viene voglia di passeggiarvi dentro.
FONTE: Francesca Montorfano (corriere.it)