martedì 28 ottobre 2014

Giacometti, l'arte e la scoperta del volto umano

Giacometti, l'arte e la scoperta del volto umano


La Gam ospita le sculture, i dipinti, i disegni realizzati fra gli anni '20 e '60. Il visitatore può conoscere l’evoluzione dell’artista, dagli inizi svizzeri all’atelier parigino. Fino al 1 febbraio


«Un tempo andavo al Louvre e i quadri o le sculture mi davano un’impressione sublime. Oggi se vado al Louvre non posso resistere a guardare la gente che guarda le opere. Il sublime oggi è per me nei volti più che nelle opere. Guardavo con disperazione le persone vive. Capivo che mai nessun artista potrebbe cogliere completamente questa vita. Era un tentativo tragico e risibile. Sono quasi allucinato dal volto delle persone». La pensava così Alberto Giacometti, originale artista svizzero che con fatica è assurto nell’Olimpo dei grandissimi del XX secolo. Milano lo presenta in questi giorni nella splendida cornice della Gam (Galleria d’arte Moderna) con la mostra promossa dal Comune e organizzata da 24Ore Cultura e dalla Gam. Curata dalla direttrice della Fondazione a lui dedicata, Catherine Grenier, ospita più di 30 sue opere che mettono in luce il ruolo fondamentale dell’artista nello sviluppo della scultura a livello internazionale e si articola in cinque sezioni che ripercorrono tutta la sua vita, dagli esordi negli anni venti agli anni sessanta. 

Nell'arte di Giacometti, al centro c'è l’essere umano che resiste comunque, in quanto grumo di materia  palpitante, spesso in tensione ascetica verso il cielo, e sembra che ci suggerisca il crollo dei valori umanistici, a cui si sostituisce solo la capacità di resistere.  Il percorso di Giacometti ha inizio in Svizzera, dove nasce il 10 ottobre 1901, figlio del poeta Giovanni.  Negli anni Venti si sposterà a Parigi dove apre uno studio con il fratello Diego, suo fedele compagno e assistente. 

La partenza per Parigi avrà un forte impatto su questo giovane creativo mai contento di sé,  nella seconda sala varie foto, mostrano quel periodo e l’artista con il suo sorriso gentile e discreto, i capelli ricci e scuri. Tra il 1930 al 1934 aderisce al gruppo surrealista e farà amicizia con Cocteau, nella seconda sala è presente il lavoro di quel periodo. All'inizio degli anni '40 stringe amicizia con Pablo Picasso, Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir. Il senso angoscioso dell'esistenza che definisce l'opera di Giacometti è stato particolarmente avvertito da J.-P. Sartre. Nella terza sala questo si avverte e la teoria di minuscole sculture filiformi, alcune alte appena dieci centimetri, sono una sorpresa per l'epoca. Dal 1942 vive a Ginevra, dove frequenta l'editore Albert Skira. Nel 1945 espone nella galleria-museo newyorkese di Peggy Guggenheim, Art of This Century. Lasciata Parigi, si dedica con alla ricerca di una scultura di «ressemblance», specie nella ritrattistica. È il periodo di opere su gesso, bronzo o tela, che si concentrano sui volti, sulle teste. 

Nel 1961 riceve il Premio per la Scultura al Carnegie International di Pittsburgh e, l’anno seguente, il Premio per la Scultura alla Biennale di Venezia, dove gli viene riservata un'area espositiva personale. Altre importanti mostre vengono allestite nel 1965 alla Tate Gallery di Londra, al Museum of Modern Art di New York, al Louisiana Museum di Humlebaek in Danimarca e allo Stedelijk Museum di Amsterdam. Nello stesso anno il governo francese gli conferisce il Gran Premio Nazionale d'Arte. Il percorso della Gam si conclude con la scultura monumentale della maturità: i due metri e settanta di altezza della «Grande donna IV», la più grande mai realizzata dall'artista, lavoro drammatico che racchiude in se tutta la cifra stilistica dell’artista. «Cerco di copiare quel che vedo per raggiungere la rassomiglianza assoluta, per far vivere un certo sentimento delle forme che è interiore e che si vorrebbe proiettare all’esterno». Parola di Giacometti.

FONTE: Valentina Tosoni (repubblica.it)

sabato 25 ottobre 2014

Urbino rende omaggio a Tonino Guerra


                            “Amarcord Tonino Guerra, tra  poesia e polis

Mostra
5 dicembre 2014 / 16 marzo 2015
Sale del Castellare del Palazzo Ducale

Urbino rende omaggio a Tonino Guerra. Con una mostra dal titolo “Amarcord Tonino Guerra, tra poesia e polis”,  dal 5 dicembre 2014 al 16 marzo 2015, nelle Sale del Castellare del Palazzo Ducale  viene ricostruito l’intero continente creativo dell’autore scomparso tre anni fa, spaziando dal cinema alla poesia, dalla pittura ai progetti ambientali. 

A Urbino Tonino Guerra aveva studiato, e nell’università guidata da Carlo Bo aveva ricevuto i primi incoraggiamenti per l’avvio della carriera letteraria.  Il legame con la città di Raffaello era rimasto sempre vivo, e ora Vittorio Sgarbi, che a Urbino è Assessore alla Cultura, ha voluto costruire un percorso di approfondimento sull’opera di Guerra, programmando un ciclo di eventi che  presentano tutta la ricchezza  creativa dell’autore di Sant’Arcangelo di Romagna. Il pubblico scoprirà il lavoro di Tonino Guerra legato al mondo delle parole, quello dedicato  alle  immagini  e la poco nota produzione plastico-visiva.   

Le celebrazioni urbinati  coinvolgeranno artisti, testimoni e  colleghi di Guerra. Gli spazi espositivi intrecciano i linguaggi dell’autore con quelli di altri artisti del Novecento: Antonioni, Fellini, Tarkovskij, Wenders, Guarienti, Folon, Swarzmann, e molti altri maestri conosciuti e frequentati da Guerra durante la vita artistica.

L’esposizione documenta inoltre numerose carte inedite, tra cui vari carteggi, che hanno il compito di riordinare il vasto intreccio dei rapporti culturali, restituendo il profilo di una personalità difficilmente paragonabile ad  altre, almeno mantenendo il raffronto entro confini nazionali.


Info: www.comune.urbino.ps.it         /           www.facebook.it/citta.diurbino


Tel. 0722 – 309.222 / 309.602


Beatrice Giannotti
 
Servizio Cultura e Turismo
Comune di Urbino
Via Puccinotti, n. 33
61029 - Urbino (PU)
 
Tel. 0722 309 222

martedì 21 ottobre 2014

TIEPOLO E SIRONI, AI MUSEI CAPITOLINI E AL VITTORIANO LA GRANDE ARTE IN MOSTRA


Abramo e i tre angeli

Lo studio, prova su carta in pochi tratti a sintetizzare una visione. Ma anche, la caricatura, salvifica lettura di una società rigida. E ancora, l'impressione, con luci che accarezzano il foglio e movimento ritratto nell'istante. Poi, la decorazione, trionfo d'attenzione, mai banale virtuosismo.
 
È il disegno, come strumento dell'opera e chiave di accesso all'universo emotivo e culturale che l'ha generata, il protagonista della mostra Tiepolo. I colori del disegno. Obiettivo, mostrare la grandezza del lavoro e della personalità del Maestro attraverso il progetto che è alla base dei suoi lavori, elemento fondante della sua arte dunque, ma pure eccellenza della grafica veneziana settecentesca. Articolato in quattro sezioni, il percorso corre attraverso oltre novanta disegni perlopiù da fogli d'album, ospitando anche una piccola selezione di dipinti dello stesso Giambattista e dei figli Giandomenico e Lorenzo, dai più noti La tentazione di Antonio di Brera e Abramo e i suoi figli dalle Accademie di Venezia, fino a lavori scoperti di recente.
 
Dal tratto leggero delle Carte settecentesche alla monumentalità novecentesca. Il fine settimana espositivo accende i riflettori su Mario Sironi. 1885- 1961, grande mostra al Vittoriano. L'iter riunisce novanta opere pittoriche, oltre a un'ampia selezione di bozzetti, riviste e documenti, per illustrare la grandezza, nel pieno senso del termine, del suo sguardo e della sua intuizione.
Futurista, con slanci metafisici e il sentimento di una classicità ritrovata come ordine, Sironi espresse il suo talento anche in grafica, scenografia, scultura, architettura, mosaici e pittura murale. Dimostrando un talendo multiforme e innovativo.
 
DOVE, COME, QUANDO Tiepolo. I colori del disegno, fino al 18/01 Musei Capitolini, piazza del Campidoglio, ingr. 15 euro 060608.
Mario Sironi, fino all’8/02 al Vittoriano, via di San Pietro in Carcere, 12 euro, 066780664.

domenica 5 ottobre 2014

Bologna. Ecco Artelibro 2014. Con i tesori d'Italia

Bologna. Ecco Artelibro 2014. Con i tesori d'Italia


A Bologna l'undicesima edizione dell'evento, quest'anno "promosso" a Festival anche della storia dell'Arte. Tante le novità. Di scena sino al 21 settembre



Libri e arte, gallerie e città, mostre e mercato, Italia e Francia. A Bologna, torna per l'undicesima edizione Artelibro, che, quest'anno, è diventato Festival del libro e della Storia dell'arte, fino al 21 settembre. Sebbene il tema principale sia "Italia: terra dei tesori", potremmo dire che la manifestazione quest'anno ruota intorno dei gemellaggi, primo tra tutti quello con il Festival de l'Historie de l'Art di Fontainebleau. Sono state organizzate diverse lezioni italo francesi su temi e nomi protagonisti della storia dell'arte, tra i quali il critico curatore bolognese Francesco Arcangeli (a cui il 4 ottobre sarà dedicato un incontro di storici e addetti ai lavori che gli rendono omaggio).

Per il resto, sono confermati gli appuntamenti storici come quella con Alai, l'Associazione Librai Antiquari d'Italia presenti con rarità stampate nel '400 e '500 a Palazzo Re Enzo e del Podestà dove è allestita anche la sezione espositiva. In questo caso, oltre dieci gallerie, tra cui Oltredimore di Bologna e Antonia Jannone di Milano partecipano a "Programma Italia, miti, archetipi, nuove iconografie", mostra a cura di Sergio Risaliti. Anche l'Università fa la sua parte, mettendo a disposizione i suoi illustri spazi: nell'aula magna c'è spazio per AlfaZeta, una carrellata di libri d'artista provenienti dalla Biblioteca nazionale centrale di Firenze dove, dal 2000, si conserva un Fondo d'Artista composto da una delle più grandi collezioni di libri d'arte, in gran parte raccolti dall'industriale toscano Loriano Bertini, che ha raccolto oltre 4mila libri, testimonianze che vanno dal simbolismo al cubismo, passando per espressionismo, dada, surrealismo. Qualche nome per farsene un'idea: Alexander Calder e Andy Warhol, per una mostra che va da dalla A di Agnetti alla zeta di Zadkine. Sempre dalle biblioteche provengono i Tesori manoscritti dalle biblioteche italiane, per la mostra "La scrittura splendente" nella sala dello Stabat Mater dell'Archiginnasio di Bologna, dove sono raccolti testi rari ed esemplari spesso esclusi dalla consultazione diretta, tra questi la Bibbia di Borso d'Este e la bibbia di Marco Polo, realizzata in Francia nella prima metà del Duecento per i missionari Francescani in cammino.

Una mostra altrettanto classica, ma questa volta più figurativa, è quella a cura di Marco Carminati sui Capolavori delle collezioni d'arte delle Fondazioni di origine bancaria italiane che espone "La veduta di Verona con Castelvecchio e il ponte Scaligero da monte dell'Adige di Bernardo Bellotto", proveniente dalla Fondazione Cariverona, sarà visitabile fino al 28 settembre. Pensa ai più piccini il Mambo, Museo d'arte Moderna di Bologna, con la mostra "Libri da museo. Grandi artisti per piccoli lettori", che ha un occhio di riguardo per i volumi dedicati a bambini, spesso vero e proprie opere d'arte da sfogliare, con pagine e disegni ovviamente adatti all'infanzia.  

FONTE: Valentina Bernabei (repubblica.it)

sabato 4 ottobre 2014

Il rigore del Mare Nostrum nel Bianco e Nero di Iodice

Il rigore del Mare Nostrum nel Bianco e Nero di Iodice


Alla Fondazione Fotografia Modena la mostra sintesi della carriera del fotografo napoletano. Nelle stampe al carbone su carta cotone scenari distanti anni luce dalla cronaca attuale di sbarchi e clandestini



Dell'originario sapore romano di Mare Nostrum, stando soprattutto alle ultime tristi cronache che parlano di clandestini in costante aumento, non è rimasto niente. O quasi. Dipende dal punto di vista, e da chi guarda. Se è Mimmo Jodice (Napoli, 1934) a dirigere lo sguardo, allora ci si può certamente aspettare - e a garanzia ci sono oltre cinquanta anni di onorata carriera di cui si ricorda la recente tappa al Louvre nel 2011 - che il mare sia rappresentato in maniera evocativa e onirica, non trattato come argomento di mera cronaca. Lo testimoniano gli scatti raccolti nella mostra "Arcipelago del mondo antico", al Foro Boario di Modena dal 12 settembre 2014 all'11 gennaio 2015, a cura di Filippo Maggia. Gli scatti del fotografo napoletano in mostra sono cinquanta. 


Opere fotografiche per lo più inedite, che rievocano il rapporto dell'artista con la sua città natia (dove nel 2006 ha ricevuto la laurea Honoris Causa in Architettura dall'Università Federico II) ma anche il suo costante impegno tanto con i contenuti quanto con le tecniche. Ruderi, pietre romane, mare: soggetti che nel caso di Jodice sono sinonimo di identità e qualità. La maggior parte delle foto esposte è stampata al carbone su carta cotone, materiale a cui l'artista è fedele perché scelto compiendo un incessante lavoro di "ricerca per verificare tutte le possibilità tecniche oltre che quelle espressive" afferma Jodice, che lavora da sempre con la pellicola, realizzando foto di tipo tradizionale, senza rincorrere mode e cambiamenti. E poi c'è il rigoroso bianco e nero. "Quando io ho cominciato, più di 50 anni fa -racconta l'artista- non esisteva il colore. Iniziai a stamparmi le foto mettendo a punto la mia identità espressiva. Continuai su quella strada, perché rimane la modalità che mi appartiene di più: il colore è sinonimo di realtà; le mie fotografie, nate col bianco e nero, sono più suggestioni personali". Suggestioni, archetipi, i naviganti del mare di un tempo che fu, sono questi i soggetti cari all'artista, lo svelano scatti come "Amazzone ferita" e il "Compagno di Ulisse" del 1992 per citarne un paio tra quelli in mostra a Modena. Oltre a dedicare una personale a Jodice, la Fondazione Fotografia inaugura altre altre due esposizioni, quella di Kenzo Izu "Territori dello spirito" e la collettiva "Fotografia de los Andes", tutte e tre in apertura della stagione dello spazio modenese, all'interno del programma delfestivalfilosofia 2014.

FONTE: Valentina Bernabei (repubblica.it)