sabato 30 novembre 2013

Ecco le statue in stile hipster: le sculture si vestono alla moda

 E se Cristo risorgesse indossando una camicia jeans? Non è un atto di blasfemia, ma il tentativo di rendere vive delle sculture classiche, vestendole con abiti alla moda. L’idea è venuta a Léo Caillard e Alexis Persani, rispettivamente fotografo e photo editor parigini, che hanno scelto alcune statue presenti al museo del Louvre, le hanno fotografate e ritoccate con Photoshop.
L’effetto è sicuramente sbalorditivo tanto da confondere ciò che è reale, le sculture, e ciò che non lo è, gli abiti indossati dalle figure di pietra. Per creare questa collezione Caillard ha fotografato prima le statue del museo, poi ha immortalato modelli e modelle in carne e ossa nella stesse pose delle sculture e vestiti con gli abiti che poi sono stati ritagliati da Persani e fotomontati sulle statue con l’ausilio di Photoshop.

‘Hipsters in Stone’ è il nome di questa serie di opere rinascimentali, vestite secondo l’ultima tendenza alternativa della moda, nata da un semplice pensiero venuto in mente al 28enne Caillard mentre passeggiava per il Louvre: «Sarebbe divertente vedere queste sculture vestite». È così che il Cristo della Resurrezione di Germain Pilon porta una camicia jeans, il Titano colpito da un fulmine di François Dumont indossa un bomber in stile college americano e poi t-shirt Nike, occhiali Ray-Ban e tutto il guardaroba di ogni hipster che si rispetti! 

FONTE: ilmessaggero.it

giovedì 28 novembre 2013

Moreno Panozzo presenta quattro nuovi brands per il mercato italiano

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Dal 3 al 6 Dicembre l’atelier dell’artista Moreno Panozzo, sito in Viale Sarca 336, apre al pubblico specializzato per presentare in anteprima quattro brands nuovi per il mercato italiano: Paige, uno dei più importanti lifestyle denim brand a livello mondiale,Mc Neal Clothing Company, che coniuga stile all’altissimo rapporto qualità-prezzo, Baldessarini,total look uomo nato dalla volontà dello storico direttore creativo di Hugo Boss, e Art in Motion, collezione di accessori “made in the World” realizzata dallo stesso Moreno Panozzo.
Nella collezione “Art in Motion” l’arte si fa oggetto quotidiano: le borse diventano delle vere e proprie sculture da portare in viaggio.

L’ispirazione è la stessa delle opere e la trama degli oggetti da viaggio ha il segno dei geroglifici postmoderni, le impronte di Panozzo, la sua cifra identificativa.

É la materia che muta, che si fa energia, ad interessare Panozzo, designer di formazione, che si occupa di architettura, scenografia, grafica, moda, letteratura e che s’isprira per le proprie sperimentazioni al divenire, al viaggio e al mutamento.

Art in Motion una collezione “made in the world”, originale e versatile nelle varianti in pelo e cuoio con dettagli accattivanti, chiusure a fibbia, grandi tasche esterne, doppi manici in pelle. Moreno Panozzo artista nel mondo e del mondo.

Le quattro collezioni saranno esposte fra le opere d’arte già presenti all’interno della “Fabbrica Pensante”, creando così un percorso sensoriale nel quale trovano coniugazione arte e moda.

La “Fabbrica pensante”, situata in zona Bicocca, nasce dal recupero di una vecchia fabbrica degli anni ’30 denominata “Edificio Sedici” e vuole essere un luogo di incontri tra vari mondi e modi di pensare tra cui arte, moda, design, architettura, musica e cultura.

Contacts: 0444/401051
www.morenopanozzo.com
info@morenopanozzo.com

FONTE: Marta Oroni 

Antonello da Messina a Rovereto


Il Mart di Rovereto ospita fino al 12 gennaio 2014 una mostra che mette sotto i riflettori i capolavori di uno dei massimi esponenti dellapittura siciliana del XV secoloAntonello da Messina.
L’esposizione curata da Ferdinando Bologna e Federico De Melispropone opere provenienti da prestiti internazionali e offre un’indagine articolata e uno sguardo originale sulla figura del grande artista messinese e sul suo tempo.
Questa rilettura di Antonello da Messina non offre solo la ricerca dellacollocazione cronologica delle opere, l’analisi dei rapporti con imaestri a lui contemporanei, delle similitudini e delle differenze, ma è concentrata anche su una profonda analisi dell’intelligenza poetica di un pittore che ha saputo cogliere le sfumature psicologiche e le caratteristiche più intime dell’esistere.
La mostra è stata resa possibile grazie a preziose collaborazioni con alcune tra le più importanti istituzioni culturali come i musei della Regione Sicilia, la Galleria Borghese di Roma, i Musei Civicidi Venezia, la Fundación Colección Thyssen Bornemisza di Madrid, il Philadelphia Museum of Arte il Metropolitan Museum di New York. La National Gallery di Washington, ad esempio, si priva per tutto il periodo della mostra roveretana di due opere appartenenti alla collezione permanente. Sono inoltre esposte alcune opere non presenti nella recente retrospettiva dedicata a Antonello da Messina come il “Ritratto d’uomo” appena restaurato, proveniente dal Philadelphia Museum of Art, il “Salvator Mundi” della National Gallery di Londra, la “Madonna Benson” custodita nella National Gallery di Washington.
Il percorso espositivo parte dalla formazione di Antonello, avvenuta nella Napoli di Alfonso d’Aragona tra esperienze provenzali-borgognone e fiamminghe, e si sviluppa con l’acquisizione progressiva della sintassi italiana, e l’aprirsi a una dimensione mediterranea europea, fino all’esito veneziano e post-veneziano che indica l’inizio di una nuova civiltà figurativa. La mostra riesamina anche il dibattito relativo al rapporto di Antonello con la Milano sforzesca, quasi in parallelo con le nuove ricerche di tipo spaziale lì condotte dal giovane Bramante, come indicano, tra le opere in mostra, il“Cristo alla colonna” e il disegno “Gruppo di donne su una piazza, con alti casamenti” entrambe provenienti dal Louvre.
Non manca al Mart anche il quadro più rappresentativo di Antonello da Messina: l’Annunciataproveniente dalla Galleria Regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis di Palermo.

FONTE: luxgallery.it

mercoledì 27 novembre 2013

Torino a tutta performance. Ecco Artissima 2013


Torna l'appuntamento con la fiera d'arte che quest'anno compie 20 anni e raddoppia gli eventi. In tutta la città un ricco calendario di mostre, dal moderno all'antico, passando per i progetti alternativi


"Non ci sono, propriamente parlando, tre tempi, il passato, il presente, il futuro, ma soltanto tre presenti: il presente del passato, il presente del presente e il presente del futuro. ..." Con la citazione di Sant'Agostino che campeggia nero su bianco sul sito della nuova fieraFlashback, possiamo riassumere lo spirito del lungo week end artistico che si apre oggi, come da vent'anni, a Torino. Ossia: non solo arte contemporanea ma anche moderna e antica. Le installazioni di oscuro significato divideranno gli sguardi dei collezionisti e dei critici con i più rassicuranti pezzi di antiquariato, con buona pace di chi è sempre pronto a sentenziare "questa è arte e quella no" a seconda dei gusti e delle scuole di pensiero. A Torino la storia si ripete da venti anni, tanti quante le edizioni della più famosa fiera Artissima, appuntamento per il mondo dell'arte che, nei diversi corridoi della sede del Lingotto, può trovare le gallerie più note del panorama artistico mondiale (sezione Main Section) e quelle più giovani  (e spesso più interessanti, nella categoria New Entries). Ma c'è spazio anche per stand monografici dedicati ad artisti emergenti (Present Future) e mostre di artisti degli anni '60, '70 e '80 selezionati -e quindi  riscoperti- da un team di direttori di museo e curatori affermati a livello internazionale (Back to the Future).

Una fiera come sempre ricca di proposte e che, quest'anno, raddoppia proponendo in parallelo il progetto collaterale "One Torino". Più che raddoppiare sarebbe corretto dire quintuplicare dal momento che il progetto prevede cinque mostre. Sara Cosulich Canarutto, direttrice della fiera, lo ha presentato come appuntamento che si ripeterà ogni anno grazie anche all'impegno di istituzioni e sponsor. Oltre all'ex sede Fiat, si inizia dunque con il coinvolgimento di  una cinquantina di artisti e sette curatori per cinque collettive in altrettante sedi differenti: Castello di Rivoli Museo d'Arte Contemporanea, Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo e Fondazione Merz. Inoltre "One Torino" offre l'occasione per far riaprire le sale dello storico Palazzo Cavour, grazie a "Repertory",  mostra di quindici artisti internazionali.
Non finisce qui. Torna dopo il successo delle scorse edizioni anche "The Others", la fiera "alternativa" che deve la sua particolarità alla location in cui si trova, ossia un ex carcere in cui ogni cella diventa lo spazio espositivo per una galleria che propone i suoi artisti e per progetti curatoriali.

E poi ci sono anche "Photissima" e la più colorata "Paratissima" ma andare a Torino questa settimana non significa soltanto macinare kilometri tra i padiglioni delle fiere. Sabato 9 novembre c'è una nottata di opening di gallerie private, con eventi e progetti speciali che spaziano dalla musica alla danza. E non manca, infine, il cinema, sempre valutato con attenzione in una città come Torino. Questa volta a dargli spazio è la Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli con la rassegna "I Love Collections", in cui sono proiettati film sul collezionismo di arte focalizzato su importanti personalità che provengono da diversi Paesi, dagli Stati Uniti all'Uzbekistan. Tutti uniti dall'amore dell'arte. 

FONTE: Valentina Bernabei (repubblica.it)

lunedì 25 novembre 2013

Romero Britto, la pop art arriva a Palazzo Torlonia


Mostra Romero Britto

E’ venuto a Roma questa volta per conoscere Papa Francesco. Uno dei principali esponenti della pop art mondiale, Romero Britto, è in questi giorni nella Capitale e a Palazzo Torlonia, organizzato da Gloria Porcella della galleria d'arte Ca' d'Oro di piazza di Spagna, espone alcune delle sue opere.

Colorate, piene di vita, veri e propri capolavori contemporanei. Apprezzati in tutto il mondo. Oggi ha regalato la sua riproduzione della Vergine Maria al Papa.

“Se non avessi l’arte la mia vita non sarebbe così piena di significato”, dice.

Tutto è cominciato in Brasile, dove l’artista è nato. “Ho iniziato a disegnare a otto anni e con il tempo ho capito che era quello che volevo fare a tempo pieno”.

“L’arte per me significa tutto – ci racconta – è come respirare”.

Negli anni è diventato un artista conosciuto in tutto il mondo. Disney, Ford e Campari hanno chiesto a lui di rappresentare i loro marchi. Per il 41esimo Super Bowl, Romero Britto ha anche realizzato i costumi di scena. E’ uno dei pochi artisti contemporanei in grado di conciliare creatività e pubblicità, rendendo l’arte popolare.

Anche per questo, è stato nominato dalla FIFA come ambasciatore per il Paese del Brasile. Tanti i ritratti fatti da lui di persone conosciute in tutto il mondo, dalla Regina Elisabetta a Andre Agassi.

E’ possibile visitare l’esposizione delle creazioni di Britto su appuntamento presso gli uffici Methorios Capital di Palazzo Torlonia fino al 10 novembre.

ROMERO BRITTO - a cura di Gloria Porcella e Lamberto Petrecca - Dal 20 ottobre al 10 novembre
Uffici Methorios Capital - Palazzo Torlonia - Via Bocca di Leone, 78 - 87 Roma

FONTE: Federica Ricca (ilmessaggero.it)

domenica 24 novembre 2013

Calendario Pirelli, per i 50 anni gli scatti inediti di Helmut Newton


Calendario Pirelli, per i 50 anni gli scatti inediti di Helmut Newton

Sono quelli che il grande fotografo fece per l'edizione del 1986 e che poi non furono pubblicati. Con corollario di illazioni sui motivi della bocciatura, inchieste e un libro monografico. Il ricordo di Manuela Pavesi, che lavorò con il maestro in quel periodo

Il Calendario Pirelli celebra i suoi primi 50 anni con un inedito di rara forza e bellezza. Tira fuori dalla cassaforte le immagini scattate da Helmut Newton per l'edizione 1986 e mai pubblicate e le impagina per il calendario 2014, presentato in pompa magna nel lussuoso e avvenirstico quartier generale della Bicocca.

Il calendario di Newton per qualche motivo non piacque, il che certo incrinò i rapporti tra il maestro della fotografia, all'epoca già un mostro sacro, e l'azienda di pneumatici. Non stupisce dunque che nell'albo d'oro dei grandi fotografi che hanno firmato il Pirelli - da Elgort a Herb Ritts, da Avedon a Lindberg, da Bruce Weber ad Annie Leibovitz, da Testino a De Marchelier, da Richardson a McCurry - il nome di Newton brilli per la sua assenza.

Mentre oggi, per la meraviglia dei collezionisti e la gioia degli intenditori, prende finalmente corpo questo calendario fantasma su cui molto si è ricamato con inchieste e addirittura con un libro monografico, e con l'inevitabile giallo sui (non facilmente spiegabili) motivi della bocciatura. Atmosfere troppo torride? Si direbbe di no. "Io ho la fortuna che allora non c'ero. Escludo però che ci sia stata censura contro Newton - afferma Marco Tronchetti Provera - direi piuttosto si sia trattato di rivalità fra la consociata inglese che aveva affidato la realizzazione del calendario a Bert Sterne, ultimo ritrattista di Marilyn Monroe, e quella italiana che aveva affidato il compito a Newton. Alla fine fu scelto il calendario inglese, non certo privo di nudo".

Un iter davvero molto movimentato quello del calendario 1986 firmato dal grande maestro tedesco, tenuto chiuso in cassaforte e pubblicato solo oggi. Durante lo shooting, che avvenne prima a Montecarlo e poi nel Chianti e nella campagna senese, quando era a tre quarti dell'opera Newton dovette abbandonare il set per gravi motivi famigliari, un malore della moglie. "Mi chiese di finire il lavoro per lui, dandomi istruzioni molto precise fin nel più piccolo dettaglio. Dei 12 scatti del calendario lui ne ha fatti otto e io quattro, e lui fu molto contento del prodotto finito", racconta ancora emozionata dopo tanti anni Manuela Pavesi, tuttora una delle stylist più apprezzate nel mondo della moda.

Fra vigne, case coloniche sbrecciate, squarci bucolici, poggi, cipressi, tabernacoli, ruderi medievali ma anche immense e minacciose ruote di camion, di trattori, di macchinari agricoli, le foto di Newton sono un racconto suggestivo dove il nudo esplicito è assente, un racconto all black and white permeato di atmosfere neorealiste.

"E' molto facile dire che era neorealista ma lui andava molto al di là - ricorda la Pavesi - Avevamo fatto insieme un servizio di moda per Vogue sul tema la donna ricca e la donna povera. Un tema che gli era piaciuto moltissimo, lui che era abituato a ritrarre soprattutto la donna altoborghese che ha tutto e di più. Così quando fu incaricato di fare il calendario Pirelli mi disse che voleva tornare su quel tema, che decisamente lo intrigava."

La modella italiana Antonia Dell'Atte, che nel calendario impersona la donna ricca, tacchi a spillo e macchina da corsa, non nega che siano circolate "voci secondo cui c'erano immagini un po' osé, il calendario non uscì e nessuno ci dette spiegazioni", mentre la sua collega Susie Bick, nel calendario una delle ragazze povere, è incredula che qualcuno possa parlare di censura e si commuove fino alle lacrime ripensando a quei giorni e all'emozione di aver lavorato con "un artista così speciale".

FONTE: Laura Laurenzi (repubblica.it) 

giovedì 21 novembre 2013

Cézanne rapisce Roma


Oltre mille visite al giorno per la mostra allestita al Vittoriano e dedicata all’influenza del maestro di Aix en Provence sul Novecento italiano.

La mostra “Cézanne e gli artisti italiani del ’900”, inaugurata al Complesso del Vittoriano lo scorso 5 ottobre ha intercettato i gusti del pubblico che ha manifestato grande interesse per le cento opere raccolte tra prestigiosi musei di tutto il mondo.

I lavori invitati a documentare la grande influenza esercitata dal maestro di Aix en Provence sui protagonisti dell’arte del XX secolo nella nostra penisola, nei primi quaranta giorni di esposizione hanno richiamato un afflusso di quarantacinquemila visitatori. Un numero superiore ai mille ingressi al giorno.

Chi ancora non ha avuto modo di ammirare la rassegna, avrà tempo per recuperare fino al 2 febbraio 2014. 

FONTE: lastampa.it

mercoledì 20 novembre 2013

Jean Arp e la Dadagalassia rivivono a Nuoro

 

Al MAN, il Museo d'Arte della città sarda, una grande mostra dedicata al padre del movimento di inizio Novecento e ai suoi amici e colleghi

Quando ancora non erano stati inventati i discopub, a Zurigo, c'era il Cabaret Voltaire. Andare in quel locale la sera si è rivelato, per alcuni, più proficuo che frequentare l'accademia di belle arti la mattina. I movimenti artistici, infatti, non sempre nascono negli studi dei pittori o frequentando i critici. In quel locale, in un Paese neutrale dove tutt'intorno era scoppiata la Prima guerra Mondiale, gruppi di artisti si riunivano e si esprimevano in tutta libertà con improvvisazioni artistiche, musicali, letterarie. Chi lo frequentò più di tutti fu, nel 1916, Jean Arp (Strasburgo 1887-Basilea 1966) che definiva quel posto così: "un pandemonio totale. La gente intorno a noi urla, ride e gesticola. Le nostre risposte sono sospiri d'amore, raffiche di singhiozzi, poemi, versi...". In quell'atmosfera, Arp e i suoi colleghi, diedero vita al Dadaismo. 

 A lui e agli altri artisti coinvolti, ora il Man, Museo d'Arte di Nuoro dedica una mostra: "La galassia di Arp", a cura di Rudy Chiappini e di Lorenzo Giusti, che è anche il direttore del museo sardo. L'esposizione raccoglie le opere dell'artista franco-svizzero e dei maggiori protagonisti dell'avanguardia europea, da Paul Klee a Francis Picabia, passando per Sebastián Matta e tanti altri. C'è anche l'italiano Piero Manzoni, con cui Arp condivise infinite ricerche sul colore e Alexander Calder che, con i suoi famosi "mobiles", sculture mosse dalle correnti d'aria e dal vento, ha dimostrato di essere il più influenzato dal linguaggio di Arp. Il legame principale tra i nomi presenti in mostra è la loro frequentazione, erano tutti amici e colleghi. I pezzi provengono infatti dalla sua collezione privata, conservata abitualmente nella città di Locarno, dove è nata nel 1965 grazie a una donazione dell'artista e di sua moglie Marguerite Arp. Inizialmente erano poche opere a cui pian piano si sono aggiunte altre, sempre privilegiando il linguaggio dell'astrazione.

Alcuni pezzi ora a Nuoro provengono anche dalla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma, dalle collezioni di Intesa Sanpaolo e da altre raccolte private. L'allestimento, quindi, mette insieme circa sessanta pezzi di varia tipologia, tra sculture, arazzi, dipinti, bassorilievi, découpage, carte: tra i pezzi principali ci sono le più celebri sculture di Arp tra cui "Hurlou" (solo bronzo) e "Pas encore de titre" (lamiera e fili metallici verniciati). Nella seconda sezione della mostra c'è spazio per i lavori del gruppo dei colleghi tedeschi, tra cui Max Ernst e tutti quelli che lo chiamavano Hans, e per le opere degli amici francesi, tra cui Robert Delaunay, che lo chiamavano invece Jean. L'artista, infatti, usò per tutta la vita due nomi, oscillando sempre tra Dadaismo, Cubismo e Surrealismo, tra la natura e la forma, tra la definizione di arte concreta e quella di arte astratta, tra una città da cui era in fuga e un Paese che l'aspettava per una nuova vita, di cui questa mostra riepiloga, ricostruendo la complessa rete di rapporti, tutte le tappe.

NOTIZIE UTILI  
MAN Museo d'arte Provincia di Nuoro
"La Galassia di Arp" Dal 15 novembre 2013 al 16 febbraio 2014
Via Sebastiano Satta 27 tel +39.0784.252110
Orari: 10:00 - 13:00/15:00 - 20:00 (Lunedì chiuso)
Biglietteria: Intero 3,00 euro Ridotto 2,00 euro (dai 18 ai 25 anni)
Gratuito under 18 e over 60
Gratuito ultime domeniche del mese

FONTE: Valentina Bernabei (repubblica.it)

venerdì 8 novembre 2013

Danzando tra le immagini surreali di Kylli Sparre


L’artista dell’Estonia realizza foto concettuali dal sapore allegorico e surreale

Dopo anni di formazione per divenire una ballerina professionista, l’artista Kylli Sparre decide si sperimentare altri canali creativi: inizia cosi a dedicarsi alla fotografia con particolare attenzione a quella concettuale.
La sua anima da danzatrice l’accompagna con eleganza attraverso tutto il suo lavoro; Kylli, in arte Sparrek, infatti immortala corpi femminili protesi alla danza della realtà, e all’armonia con gli spazi della fantasia e della creatività.
Le sue protagoniste anelano l’infinito del mare e la grazia del vento: davanti alle sue opere si resta estasiati, meravigliati, ma anche smarriti inquieti. Sparre lascia, infatti, l'osservatore libero di interpretare le sue creazioni dichiarando la volontà di voler andare oltre, di voler scavare sotto la superficie per studiare le relazioni tra le persone e stimolare l’immaginazione più profonda che liberi la mente a passi di danza. Ed è proprio attraverso la danza che i corpi flessuosi delle protagoniste celebrano la gioia di vivere, al ritmo dei propri desideri, negli spazi onirici e surreali della fantasia.

Il linguaggio fotografico dell’estone Kylli Sparrek si insinua attraverso la manipolazione delle forme e dei contenuti, grazie agli scatti di una Canon 5D Mark II e dell’obiettivo Canon 24-105mm, insieme a lunghe esposizioni come quelle delle acque al chiaro di luna di "Moonlight waters". 

FONTE: GIORGIA GARBUGGIO (lastampa.it)

giovedì 7 novembre 2013

Dal pennello all'iPad. Multimedialità alla Hockney


Dal pennello all'iPad. Multimedialità alla Hockney


Al de Young Museum del Golden Gate Park di San Francisco la grande mostra su uno dei più influenti artisti contemporanei viventi: oltre 300 opere per raccontare gli ultimi quindici anni di attività. Con le grandi stampe sul parco Yosemite realizzate grazie al tablet di Cupertino


 PITTORE, disegnatore, incisore, fotografo, scenografo. E, da sempre, anche artista multimediale. Fax, Polaroid, fotocopiatrici prima. iPhone, iPad e Photoshop dopo. David Hockney, da molti considerato il più grande creativo britannico vivente, a 76 anni non si è ancora stufato di esplorare il mondo dell'ispirazione artistica. Una grande mostra organizzata al de Young museum, nel Golden Gate Park di San Francisco, emblematicamente battezzata "A Bigger Exhibition", ne celebra fino al 20 gennaio dell'anno prossimo la ricchezza produttiva. Le mille sfumature del paesaggista che, più di altri, sembra tirare un filo tra i grandi movimenti del passato e l'ansia pànica di sperimentare le cose del presente e del futuro, senza paura del continuo mutamento. "La tecnologia ha sempre contribuito all'arte  -  ha detto qualche tempo fa l'artista, che da quarant'anni si divide fra California e Londra  -  lo stesso pennello è un pezzo di tecnologia, no?". Infatti. Ecco perché, praticamente dal lancio sul mercato, Hockney si è anzitutto misurato con le opportunità dei gadget Apple: prima l'iPhone, soprattutto per le centinaia di schizzi e disegni che spedisce ogni giorno alla sua cerchia di amici e collaboratori, dopo l'iPad. Grazie al quale la faccenda ha iniziato a farsi più seria. Fino a sfornare, proprio per questa occasione, cinque grandi stampe  -  frutto del lavoro sulla tavoletta della Mela morsicata  -  che raccontano le suggestioni dei parchi americani come il non lontano Yosemite.

Oltre 300 opere dal 1999, distribuite su due piani, per 18mila metri quadri di evento  -  la più grande esposizione nella storia del museo de Young  -  raccontano dunque la multiformità del pittore (solo pittore?) di Bradford. La prima (semi) antologica dal 2001. Il problema, anzi la fortuna, è che nel decennio seguente è successo praticamente di tutto: un'autentica esplosione creativa in tarda età. Hockney ha infatti iniziato a dipingere, per la prima volta nella sua carriera, ad acquerello. Per passare poi alle sperimentazioni tecnologiche o ai video digitali (ci sono anche quelli in mostra, i "Cubist movies", realizzati con 18 camere diverse). Una seconda giovinezza? No. Piuttosto l'ennesima tappa di un percorso da sempre votato all'uso curioso e mai estremista di tecniche inedite, in un matrimonio fra tradizione e ipermodernità. Se il punto di partenza, negli anni Sessanta, è stata la versione britannica della pop art  -  con la storica esibizione "Young contemporaries" al Royal College of Art di Londra, dove studiava, nel 1961  -  è infatti vero che nel suo lavoro sono in seguito spuntati i collage fatti con le Polaroid e poi le grandi macchine da ufficio, fotocopiatrici, stampanti e fax. Fino ai primi anni Novanta, quando ha messo le mani sui computer. Ma i tempi ancora non erano maturi: la primavera tecnologica sarebbe fiorita quasi dieci anni dopo.

"A Bigger Exhibition" segue il successo dell'esposizione dell'anno scorso alla Royal Academy of Arts di Londra, un'autentica celebrazione in patria. Ma dà dell'autore inglese un quadro più ampio e completo. Include infatti molti ritratti, nature morte e, ovviamente, gli immancabili paesaggi sospesi tra fatato incanto e brillantezza che hanno rapito la fantasia di generazioni. C'è anche una nuovissima serie, "The arrival of spring in 2013", costituita da 25 disegni a carboncino conclusi nel maggio scorso e nei quali Hockney cattura la "desolazione dell'inverno e la sua eccitante trasformazione nell'estate". Ma è proprio la ricchezza dei mezzi espressivi a colpire il visitatore. Oltre alla semplicità con cui sono integrati fra loro: dall'acquerello al carboncino alla matita fino all'olio passando per i new media. Senza dimenticare le dimensioni sia concettuali che concrete di alcuni progetti. Basti pensare a "The bigger message", il suo ciclo-rivisitazione del secentesco Discorso della montagna di Claude Lorrain, maestro del paesaggio classico, che certo qualche naso ha fatto storcere nei puntuti critici d'arte. Non mancano tuttavia pezzi più intimi come i ritratti di amici, colleghi e famigliari, alcuni dei quali esposti per la prima volta a San Francisco. 

"Bigger Yosemite" è invece la serie di cinque grandi stampe, bestioni da due metri per quasi quattro, frutto del suo lavoro su iPad: l'artista sfrutta in particolare l'applicazione Brushes ma anche Touch Sketch, SketchBook Mobile e Bamboo Paper. Grandi pannelli che sembrano riallacciarsi agli scatti del fotografo Ansel Adams, originario proprio delle parti del Golden Gate Bridge, ma anche ai quadri di pittori come Thomas Hill e Albert Bierstadt. Altre decine di opere realizzate col tablet sono invece trasmesse sugli schermi: "Come un alchimista Hockney si palesa prima come autore di un quadro per iPad e un minuto dopo si conferma uno dei più grandi disegnatori nelle scene in cui immortala l'East Yorkshire inglese" racconta Richard Benefield, organizzatore della mostra e vicedirettore del Fine Arts Museums di San Francisco. L'obiettivo dell'indagine dell'artista inglese, in fondo, sembra sempre lo stesso da sessant'anni: "Guardare più a fondo e vedere meglio", come scrive Lawrence Wechsler nel catalogo dell'esposizione californiana. Quale che sia il mezzo per farlo, compresa la tavoletta elettronica più famosa del mondo.

"Sono grato che si spenda in questo lavoro, che apra la mente della gente verso la tecnologia ma in un modo del tutto nuovo", racconta la storica dell'arte statunitense Maureen Nappi, che pure altre volte ha definito le opere su tablet poco più che "scena". In fondo, ha scritto di recente la professoressa della Long Island University, i gesti pittorici sono quelli da sempre. Mosse artistiche antiche quanto l'essere umano: che producano segni sulla parete di una grotta, su una tavola di pietra, una tela o un display retroilluminato, e poi su uno schermo di un moderno spazio espositivo, non sembra fare molta differenza.

FONTE: Simone Cosimi (repubblica.it)